Jimmy e Tony, stregati dal pallone
Antonio Carioti
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Il libro: Tony Adams - Ian Ridley Fuori gioco - La mia vita
con l’alcol, Baldini&Castoldi, 2001.
Il film: There’s only one Jimmy Grimble (2000) diretto da
John Hay (III), scritto con Rik Carmichael, con Lewis McKenzie e
Robert Carlyle.
Jimmy Grimble e Tony Adams hanno poco in comune: fondamentalmente le
orecchie a sventola e la passione pazza per il calcio. Quanto al
resto, vivono in due universi molto distanti. Se non altro perché
Tony è un campione affermato, stella dell’Arsenal e a lungo
capitano della nazionale inglese, ma soprattutto esiste davvero.
Invece Jimmy, ragazzo di Manchester timido e complessato, che non
riesce a esprimere sul campo il suo enorme talento naturale, è un
personaggio immaginario: il protagonista di un divertente film sul
football, un po’ commedia grottesca e un po’ favola a lieto fine,
con qualche spunto di denuncia sociale.

Se dunque Grimble è un eroe (si fa per dire...) di
celluloide, Adams è un calciatore in carne e ossa. Ma la sua
autobiografia Fuori gioco, scritta insieme al giornalista Ian
Ridley e pubblicata in Italia da Baldini&Castoldi, non è il
solito banale racconto di gesta sportive, arricchito da retroscena e
dettagli curiosi.
No, già il sottotitolo - La mia vita con l’alcol - cambia
completamente lo scenario consueto. Ci sono le partite, ovviamente, le
vittorie e le sconfitte, i trofei conquistati e quelli sfuggiti per un
soffio. Ma il vero filo conduttore è la pena di un uomo che
apparentemente ha realizzato le sue aspirazioni, ma non riesce a
liberarsi della schiavitù nei confronti della bottiglia. E’ un
vizio compulsivo: sbronze per festeggiare, sbronze per consolarsi, ma
in fondo sbronze pure e semplici, senza alcun motivo se non l’impellente
bisogno di bere. Anni passati negando a se stesso la realtà della
propria dipendenza, malgrado le disavventure che portano Tony
addirittura in carcere, a causa di una delle tante risse dopo le
quali, obnubilato dall’alcol, non ricordava più nulla.
Poi una crisi più grave delle altre e la consapevolezza improvvisa
del rischio di ridursi a un rottame umano, un pericolo che i tanti
successi ottenuti nello sport gli avevano fino allora permesso di
rimuovere. Finalmente Adams trova il coraggio di chiedere aiuto: lui,
idolo dei tifosi, difensore implacabile temuto da tutti i cannonieri
del campionato inglese, si rivolge agli Alcolisti Anonimi, mette a
nudo il proprio tallone d’Achille, comincia a risalire la china.
Così tornerà libero.

La storia di Jimmy viaggia lungo binari opposti. Non
è un vincente con un tremendo punto debole, ma un perdente nato:
angariato dai compagni di scuola; impacciato con le ragazze anche
quando sono loro a farsi avanti; coinvolto nelle disavventure
sentimentali della madre (il padre è assente dall’inizio, non ne
sappiamo nulla). Per giunta è tifoso del Manchester City, squadra di
medio calibro sovrastata in modo schiacciante dai cugini del
Manchester United, il club calcistico più famoso del mondo.
La Gran Bretagna del giovanissimo Grimble abbiamo imparato a
conoscerla dalle opere di Ken Loach o da film come Full Monty e
Grazie signora Thatcher. Un Paese quasi dickensiano, dove
ricchi rozzi e arroganti credono di poter comprare tutto, dove le
scuole fanno i salti mortali per costruirsi una palestra. Vediamo la
mamma di Jimmy costretta ad accettare lavoretti precari, esposta a
molestie sessuali. E una povera vecchia, alloggiata nello scantinato
di un edificio in rovina, resta assiderata d’inverno quando il
palazzo viene demolito.
Non è molto gratificante la vita di Grimble. Eppure una via di
riscatto ci sarebbe: nel calcio anche i piccoletti come lui possono
brillare (si pensi a Maradona) e i numeri per sfondare li avrebbe
eccome. Solo che lo blocca quel maledetto carattere insicuro, che non
gli consente di esprimersi davanti agli altri. Finché un’anziana
senzatetto, quella che poi morirà, gli regala due scarpini da
football a suo dire magici, calzati un tempo da un misterioso
giocatore del Manchester City, di cui però non c’è traccia negli
annuari della società.
Un gol realizzato in circostanze rocambolesche convince Jimmy che l’incantesimo
funziona. Da quel momento viene promosso titolare nella squadra del
suo liceo e la conduce di vittoria in vittoria. Ma nel giorno della
partita finale il cattivo di turno, roso dall’invidia, ruba gli
scarpini prodigiosi e li getta nel fiume. Inevitabilmente, il primo
tempo del match decisivo è un autentico disastro. Sembra la fine del
sogno.
Nell’intervallo prima degli ultimi fatidici 45 minuti, Grimble trova
però un aiuto insperato. In pochi attimi scopre quello che Adams,
più fortunato di lui ma altrettanto vulnerabile, aveva impiegato
lunghi anni a comprendere: è solo dentro noi stessi, sia pure con il
sostegno degli altri, che possiamo trovare la forza di affrontare le
difficoltà, nella vita come sul rettangolo verde di un campo di
gioco. Alla fine Jimmy trionferà, anche senza scarpini magici.
Il film e il libro, la favola e la storia vera hanno in fondo la
stessa morale, tipicamente anglosassone, fondata sulla fiducia nella
capacità dell’individuo di vincere le sue debolezze. Forse non
sempre questa ricetta funziona, ma non c’è bisogno di condividerla
per apprezzare Tony Adams e Jimmy Grimble. Amare il calcio è più che
sufficiente per appassionarsi alle loro vicende. Se poi riescono a
regalarci un briciolo di speranza in più, tanto di guadagnato.
Il link:
Sito ufficiale del film "There's only one Jimmy Grimble"
http://www.jimmygrimblethemovie.com/
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