I
lettori scrivono
Da: marco capriata <marcocapriata@libero.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Giovedì, 24 maggio 2001 5:42
Oggetto: La stanza del figlio
http://www.caffeeuropa.it/cinema/
128cinema-stanza.html
http://www.caffeeuropa.it/cinema/
130cinema-alemanno.html
Non concordo sul fatto che nel film si avverta un senso di distacco o
indifferenza da parte del regista. Per chi conosce ed ama Moretti, si
sente partecipe di quel lutto, perché vede in quella famiglia la
propria e avverte quel dolore come condivisibile.
Il regista non ha bisogno di esaltare il dolore ed il pianto più
sfrenati ed è coraggioso nel raccontarlo senza patetismi e
stucchevolezze. E' vero che un film come quello di Almodovar e Film
Blu ci hanno già avvicinato a quel tema, ma qui è diverso. Moretti
pur avvolgendo la vicenda in un'atemporalità storica, propone un'idea
di tempo "possibile", in cui i ricordi, i pensieri sono
fatti di tanti periodi ipotetici, in cui insediare il proprio dolore,
il proprio senso di colpa, che non vedrei come solo e personale del
regista, ma estensibile a chiunque.
La divisione della famiglia inoltre non è vista attraverso scene di
litigi esasperati o urlati, ma è espresso con piccoli accenni e
particolari, che evidenziano un senso di distacco progressivo, che
solo attraverso il viaggio psicanalitico verso la terra di confine,
potrà forse trovare una sua consapevolezza ed una comprensione. Ciò
non vuol dire che la famiglia tornerà ad essere felice come quella
delle pubblicità, ma sarà forse in grado di comprendere i tempi e i
modi del dolore di ciascun componente.
Mi scuso per la prolissità, ma intendevo esprimere la mia opinione
sul film e spero di poter avere una risposta ed un confronto su questo
tema. Grazie.
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