Cosa c'è nel nostro piatto
Odette Hassan
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I workshop della conferenza
Cosa mettiamo nel nostro piatto? Una fettina di mucca pazza o una
fettina di mucca saggia? Questo ci piacerebbe sapere quando compriamo
o mangiamo un prodotto alimentare. Alla sede romana della Fao, dal 15
al 17 febbraio, la Seconda conferenza nazionale per l’educazione
alimentare ha visto riuniti oltre 1500 tra esperti del settore
alimentare, medici, dietisti, tecnologi, produttori, consumatori,
giornalisti e insegnanti che hanno proposto delle linee guida per
soddisfare il nostro bisogno di sapere.
Una conferenza quanto mai attesa, visto che erano trascorsi
venticinque anni dalla prima edizione, e che è stata promossa dal
Ministero della Pubblica Istruzione, dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali e dal’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per
gli Alimenti e la Nutrizione) al fine di individuare e promuovere
nuove strategie d’intervento per una maggiore diffusione dell’educazione
alimentare e per la prevenzione delle malattie legate alla nutrizione.
Il confronto e il dibattito, di notevole livello scientifico e
culturale, ha affrontato temi di forte attualità: la sicurezza
alimentare, il consumo consapevole, la ricerca della qualità e della
sicurezza dei prodotti agro-alimentari e l’educazione alimentare a
scuola.
Tra gli intervenuti, il professor Amleto D’Amicis, direttore dell’Unità
di Statistica dell’INRAN, ci ha informato che in Italia i consumi
alimentari sono diminuiti nell’ultimo decennio. Oggi, l’introito
energetico medio giornaliero degli italiani è di circa 2200
kcal/giorno, valore inferiore del 15-20% rispetto agli anni ‘80.
Anche il fabbisogno energetico medio degli italiani è cambiato negli
ultimi 40 anni: calcolato sulla base dei Livelli di Assunzione
Raccomandati di (cibi) Nutrienti (L.A.R.N.) per gli italiani, si
osserva che è passato dalle circa 2600 kcal/giorno del 1960, alle
circa 2200 kcal di oggi.
Questo calo è attribuibile sia alla maggiore presenza di anziani
nella nostra popolazione sia alla ridotta attività fisica per il
lavoro e il tempo libero. Gli alimenti che hanno subìto il maggior
calo sono il vino, i grassi da condimento, i formaggi, le carni, il
latte intero. Mentre alimenti come il pesce, gli ortaggi, la pizza, il
latte scremato e parzialmente scremato hanno subìto un aumento del
consumo.
Queste scelte alimentari sembrano più vicine a quelle consigliate e
quindi rispetto al passato sembra che gli italiani abbiano un
comportamento più salutare. E' Andrea Ghiselli, primo ricercatore
dell’INRAN, a confermarci che dagli ultimi studi è accertato il
ruolo degli antiossidanti naturali nella protezione contro un gran
numero di malattie croniche come arterosclerosi, cancro, diabete.
Questo è anche uno dei motivi per cui la dieta mediterranea, così
ricca di prodotti ortofrutticoli, è fortemente consigliata dai
nutrizionisti. Frutta e verdura contengono numerosi nutrienti ad
azione antiossidante (vitamina E, vitamina C, carotenoidi) e, in
numero e quantità ancora maggiore, composti non nutrienti ma dotati
di potente attività protettiva: i polifenoli. La ricchezza di
prodotti vegetali, tipica della dieta mediterranea, quindi, fornisce
energia, fibra, vitamine e una serie di molecole ad azione protettiva.
In tempi di mucca pazza e di aumentato consumo di pesce al consumatore
piacerebbe sapere che differenza c’è tra pesce allevato e pesce “selvaggio”.
Elena Orban, ricercatrice dell’INRAN, spiega che l’abbondanza sui
nostri mercati di trote, orate, spigole, molluschi bivalvi (cozze e
vongole) è dovuta agli allevamenti di acquacoltura. Studi effettuati
dall’INRAN su produzioni da acquacoltura nazionale però hanno
evidenziato sia un contenuto in grasso superiore nei pesci allevati
con mangimi, sia una quantità di polinsaturi - in particolare gli
omega 3 - paragonabile alle quantità reperibile nella specie “selvaggia”.
Anche i pesci d’allevamento dunque ci consentono un’alimentazione
variata con un apporto di importanti nutrienti come proteine di
elevata qualità, elementi minerali, acidi grassi polinsaturi; in
particolare quelli della serie omega 3 possono contribuire a prevenire
le malattie cardiovascolari. Tuttavia la polpa è meno consistente e
l'aroma di mare e di alga è meno pronunciato.
Al termine dei workshop sono stati prodotti quattro documenti alla cui
stesura hanno partecipato i massimi rappresentanti delle società
scientifiche: l’ADI (Associazione di dietetica e nutrizione
clinica), la SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) ecc. e altri
istituti di ricerca come l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per
gli Alimenti e la Nutrizione).
Nel primo workshop coordinato da Marcello Marcelli, primario di
dietologia dell’ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma, e da
Sergio Poli, dirigente scolastico del Ministero della Pubblica
Istruzione, si è discusso delle problematiche su cui intervenire per
l’educazione e quindi la prevenzione attraverso le istituzioni
scolastiche.
Il secondo workshop, alla cui discussione hanno partecipato
personalità note al grande pubblico come Eugenio Del Toma, consulente
di Elisir, e Guglielmo Pepe direttore di Salute, il
supplemento settimanale di Repubblica, ha elaborato un
documento su come fare o no educazione e informazione alimentare
attraverso i media.
Altri due workshop hanno ampliato i temi elaborando proposte per una
comunicazione corretta ed efficace. Alla conclusione dei lavori il
Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Alfonso Pecoraro
Scanio, ha sottolineato il successo della conferenza, manifestando l’intenzione
di darle d'ora in poi una scadenza biennale.
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