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Il boom dei sogni a puntate



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La soap opera all’italiana è il fenomeno televisivo del momento? “Assolutamente sì, e i dati Auditel lo confermano”. Parola di Daniele Carnacina, produttore creativo di Vivere e Centovetrine per conto dell’ARAN Endemol (la casa di produzione dietro il fenomeno Grande Fratello), della quale è responsabile artistico e produttivo per il settore lunga serialità daytime.

Ragioniamo con lui sulle soap. Ragione in verità non è il termine più azzeccato, visto che per capire questo genere di fiction televisiva la parola chiave è ‘passione’: “Istinto, amore, odio, tenerezza… gli spettatori - racconta Carnacina - vedendo una soap hanno voglia di coinvolgere il cuore e non la testa, desiderano emozioni. E malgrado la trama delle soap italiane lasci spazio anche a momenti gialli, di thriller o anche di commedia, quello che funziona meglio e determina il successo della soap è sempre l’intreccio dei sentimenti”.


E qui entra in ballo la ‘ragione’, cioè il lavoro dell’intera piramide di sceneggiatori, dallo story editor e i due story liner, che pensano, curano e scrivono le linee narrative della telenovela, puntata dopo puntata, ai dialoghisti che traducono in discorso diretto le trame: “Le belle puntate emozionanti non sono quelle che cedono ai facili sentimenti o alle situazioni strappalacrime, come il coma di un bambino. Non ci piace tirare colpi bassi, cerchiamo invece di costruire nel modo meno banale possibile sentimenti che il pubblico vorrebbe provare in prima persona. E naturalmente parlando d’amore intendiamo analizzarlo in tutti i suoi aspetti, anche quelli meno positivi”

Facciamo un po’ di storia. Tutto iniziò negli Anni Cinquanta in America, quando alla radio e poi in tv venivano mandati in onda alcuni sceneggiati che servivano a pubblicizzare marche di saponi. Nacquero così le soap story. Poi gli sponsor cambiarono, ma la definizione rimase a indicare racconti televisivi interminabili di saghe familiari e di passioni, generazione dopo generazione, così come dall’altro lato dello schermo si succedevano le generazioni degli spettatori.

In America le soap hanno popolato e spopolato in quasi tutti i canali televisivi, e alcune di queste sono arrivate anche sulle reti italiane una ventina di anni fa, per cui massaie (e non) si sono attaccate allo schermo a vedere Capitol (Rai2), General Hospital (Rete 4), Sentieri (su Canale5 e poi Rete4), Quando si ama (Raidue), e Beautiful che dopo due anni di programmazione su Raidue, è passata alla concorrenza, Canale5.

Parallelamente, sono arrivate in Italia anche le telenovelas sudamericane, alcune delle quali hanno raggiunto una enorme popolarità: fra queste la mitica Cyranda de Pedra, Anche i ricchi piangono, Topazio e Manuela, che hanno dato la celebrità italiana a estelas come Sonia Braga, Veronica Castro e Grecia Colmenares. A differenza delle soap americane, le telenovelas avevano una storia compiuta e una fine irrevocabile.

Un posto al sole, già in onda da alcuni anni su Raitre, Ricominciare per Raiuno, Vivere e Centovetrine per Canale5, varate tra il 2000 e il 2001, sono le risposte italiane alle soap straniere, mentre bollono nella pentola televisiva altre idee top-secret per le restanti reti: “Iniziammo proprio con Aran e Un posto al sole. La Rai aveva fatto un accordo di co-produzione con la Grundy, una società australiana esperta in soap che avrebbe fornito la consulenza tecnica necessaria all’Aran per realizzare una lunga serialità d’ambientazione napoletana. Io ho fatto il regista per i primi due anni di Un posto al sole e lì ho imparato il sistema industriale di fare soap e fiction televisiva in generale. Poi Un posto al sole è andata alla Pearson, società concorrente dell’Aran che adesso cura le soap Mediaset, Vivere e Centovetrine”.

Qual è la specificità della soap all’italiana? Facile, il melò: “La differenza sta sicuramente nel modo di raccontare le storie perché abbiamo sposato certe caratteristiche del format americano con la tradizione del romanzo popolare, che in Italia s’intreccia fittamente col melodramma. Quindi facciamo melò. Dal punto di vista registico abbiamo inserito un 20/25% di riprese esterne che non erano caratterizzanti delle soap nord o sudamericane e che vengono effettuate da una seconda troupe. Poi raccontiamo una realtà italiana, coniugando il tema del sogno caratteristico di Beautiful con il realismo nostrano”.

Ecco un esempio: “In Vivere abbiamo mantenuto la dimensione sogno raccontando di gente e ambienti glamour e ponendo i sentimenti al primo posto nella scala di valori dei personaggi. Ma contemporaneamente i personaggi sono radicati nella realtà sociale italiana e vivono tutti gli eventi in contemporanea con il loro pubblico: il Natale, la Pasqua, gli esami di maturità, i mondiali di calcio…. Inoltre facciamo evolvere le storie e i personaggi in modo plausibile e realistico, per cui nelle nostre soap un morto non resusciterà mai anche se l’attore che lo impersonava è molto bravo”.

Un posto al sole racconta di una famiglia aristocratica napoletana proprietaria di cantieri di barche e aziende vinicole, Vivere incentra le sue storie intorno a famiglie alto-borghesi della Lombardia con setifici, case di moda e cliniche ospedaliere, Ricominciare focalizza l’attenzione sulla casa editrice perugina Vallesi e quanto gira intorno alla comunicazione (radio, giornali, tipografie); Centovetrine è ambientato in un centro commerciale alle porte di Torino. Come dire: “Dalle Alpi alle Piramidi”.

Manca finora la soap d’ambientazione proletaria, che invece imperversa nelle televisioni anglosassoni: “EastEnders è la soap della BBC più amata dagli inglesi, che ha ottenuto anche il British Academy Awards (n.d.r. l’Oscar della tv britannica) e racconta di un quartiere operaio. Emmendale è la storia di un villaggio e di una famiglia di contadini, che è nata dalla soap radiofonica The Archers; Brookside per Channel 4 è registrata in case vere di un quartiere popolare di Liverpool, e infine Coronation Street è l’altra soap realistica rivale di EastEnders. Centovetrine benché racconti della working class, non ha sicuramente i toni e le formule della soap realistica e sociale inglese, conserva la dimensione del sogno tradizionale. Realizzare una soap al modo inglese, così come una giovanilistica adatta per Italia 1, potrebbero essere comunque le nostre sfide future”.


Quante idee, quante intenzioni. Il fermento è notevole: “Scrivere e realizzare soap stimola altre soap" spiega Daniele Carnacina “perché prima del loro avvento in Italia, la fiction era un prodotto artigianale, anche autorale, che però non faceva parte né di un genere specifico di racconto, né tantomeno di un’industria. Ora le soap sono sicuramente il primo mattone per costruire un’industria della fiction: adesso produciamo in modo seriale come in una catena di montaggio, per cui se cinque anni fa a Un posto al sole si giravano mediamente 5 o 6 minuti al giorno, oggi dai centri di produzione escono trenta minuti quotidiani di fiction per ciascuna soap”.

La soap è anche un prodotto industriale a basso costo: “Da un punto di vista economico, essendo un genere di fiction a lunga serialità, bisogna necessariamente ammortizzare ogni tipo di spesa. Se dunque un’ora di fiction tradizionale non costa meno di ottocento milioni, un’ora di soap ne costa invece 230, 240. Il guadagno poi si basa sulla quantità di puntate che vengono girate anno per anno, ed è sempre un inferiore rispetto a qualsiasi altro tipo di prodotto televisivo. Inoltre, più audience non significa più soldi: malgrado l’ottimo rapporto costo/auditel, sia che ci guardino tre milioni sia che ci guardino cinque milioni di spettatori, il budget è fisso”.

Dall’altro lato dello schermo, il pubblico tradizionale delle soap è costituito in maggioranza da donne tra i 20 e i 60 anni, ma non mancano i giovani e gli studenti che si sono affezionati a Vivere e che penalizzati dal nuovo orario, cominciano a riversarsi su Centovetrine.

E che la soap italiana sia un prodotto di grande successo televisivo è confermato anche dal direttore di Canale 5 Giorgio Gori che ha ritenuto Vivere il programma giusto per coprire il calo di spettatori nel daytime delle 12,30: “La fascia oraria -racconta Carnacina- adesso ha quasi raddoppiato lo share, anche se indubbiamente Vivere ha perso i suoi 25 milioni di spettatori della fascia pomeridiana, passando a 3 milioni. Centovetrine in un solo mese ha raggiunto il 27% di share nello stesso orario in cui Vivere in due anni di programmazione ha ottenuto il 30. Se Vivere si assestasse sui risultati odierni e Centovetrine ottenesse il 30% di share di Vivere, sarebbe indubbiamente un doppio successo per Canale5”.

Due prodotti diversi dal punto di vista narrativo:“Centovetrine segue i suoi personaggi sul luogo di lavoro, pur non trascurando la loro vita privata. In Vivere invece raccontiamo soprattutto la parte privata della vita dei Bonelli, dei Falcon e dei Gherardi. E ritornando ai sentimenti, quello prevalente in Vivere è il desiderio di migliorare la qualità della propria vita, ormai molto diffuso in Italia. In Centovetrine invece prevale la voglia di affermare i propri sogni, soprattutto per i personaggi più giovani. Cambiano le motivazioni, si lotta per affermare il proprio diritto al lavoro, nonostante i soprusi dei due cattivi, il proprietario del centro commerciale e il suo braccio destro”.

Dulcis in fundo: arriviamo a chi dà volto e voce ai personaggi delle soap e che ritroviamo in tutti i programmi televisivi più seguiti di questa stagione. Sul set delle soap arrivano attori di ogni estrazione, da quelli provenienti dagli spot pubblicitari a quelli che hanno recitato Amleto a teatro: “Un vero attore ormai lavora nel cinema, a teatro, nella fiction, nelle soap, senza alcuna distinzione. Noi facciamo presa diretta e per questo scegliamo attori che sanno recitare, che non hanno bisogno di essere doppiati e che hanno una notevole capacità mnemonica che consente loro di ricordare una decina di scene al giorno”.

La soap inoltre è molto vicina a certe dinamiche del teatro: “Come nel teatro e a differenza del cinema, consente di girare scene per intero, grazie all’uso delle tre telecamere in piano sequenza. Al cinema invece o nella fiction tradizionale, l’attore è continuamente interrotto per cambiare i campi d’inquadratura. A differenza del teatro inoltre nella soap si recita con una telecamera davanti e un microfono addosso, per cui non occorre pronunciare la battuta per farsi sentire all’ultima fila del teatro e non occorre enfatizzare il gesto, perché la telecamera riprende ogni particolare. Ma a parte queste differenze di tecnica recitativa, il modo di vivere il personaggio è abbastanza simile: gli attori teatrali scandagliano bene il personaggio che rappresentano e nella soap possono farlo ancora di più, perché i personaggi progressivamente si intersecano con la vita e le emozioni dei loro attori”.

Tra gli attori di soap infatti si verifica una strana costante: “Curiosamente la loro vita privata comincia ad assomigliare sempre di più alla vita dei personaggi e viceversa. Per esempio Mavi Felli che interpreta Emilia Falcon in Vivere, nel momento in cui si è separata dal marito nella finzione, si è separata anche dal marito nella realtà. Sicuramente i due fatti non sono conseguenziali ma è facilissimo che nella vita vi sia una sorta di strana sovrapposizione”.

Succede anche che attori che si frequentano sul set lo facciano anche fuori set: “Giorgio Biavati - Giovanni Bonelli in Vivere - ed Elisabetta De Palo - Mirella Bonelli - sono una coppia inseparabile sul set e fuori dal set. Quando però nella vita di Mirella Bonelli è entrato il santone che ha portato via Mirella da Giovanni, anche fuori dal set i due attori non si sono più frequentati. Ora i due personaggi si sono riavvicinati e fuori dal set hanno ricominciato ad andare a cena insieme!”

E infine, l’altra sovrapposizione: “Per strada tutti gli attori di soap-melò sono riconosciuti con affetto e chiamati spesso col nome del loro personaggio. Se da un lato questo è un elemento indicatore di fama e riconoscibilità dall’altro lato può anche creare dei momenti di leggera schizofrenia perché durante la lavorazione della soap non si distingue più tra attore e personaggio”.


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