Il boom dei sogni a puntate
Daniele Carnacina con Antonia Anania
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La soap opera all’italiana è il fenomeno televisivo del momento?
“Assolutamente sì, e i dati Auditel lo confermano”. Parola di
Daniele Carnacina, produttore creativo di Vivere e Centovetrine
per conto dell’ARAN Endemol (la casa di produzione dietro il
fenomeno Grande Fratello), della quale è responsabile
artistico e produttivo per il settore lunga serialità daytime.
Ragioniamo con lui sulle soap. Ragione in verità non è il termine
più azzeccato, visto che per capire questo genere di fiction
televisiva la parola chiave è ‘passione’: “Istinto, amore,
odio, tenerezza… gli spettatori - racconta Carnacina - vedendo una
soap hanno voglia di coinvolgere il cuore e non la testa, desiderano
emozioni. E malgrado la trama delle soap italiane lasci spazio anche a
momenti gialli, di thriller o anche di commedia, quello che funziona
meglio e determina il successo della soap è sempre l’intreccio dei
sentimenti”.

E qui entra in ballo la ‘ragione’, cioè il lavoro dell’intera
piramide di sceneggiatori, dallo story editor e i due story
liner, che pensano, curano e scrivono le linee narrative della
telenovela, puntata dopo puntata, ai dialoghisti che traducono in
discorso diretto le trame: “Le belle puntate emozionanti non sono
quelle che cedono ai facili sentimenti o alle situazioni
strappalacrime, come il coma di un bambino. Non ci piace tirare colpi
bassi, cerchiamo invece di costruire nel modo meno banale possibile
sentimenti che il pubblico vorrebbe provare in prima persona. E
naturalmente parlando d’amore intendiamo analizzarlo in tutti i suoi
aspetti, anche quelli meno positivi”
Facciamo un po’ di storia. Tutto iniziò negli Anni Cinquanta in
America, quando alla radio e poi in tv venivano mandati in onda alcuni
sceneggiati che servivano a pubblicizzare marche di saponi. Nacquero
così le soap story. Poi gli sponsor cambiarono, ma la
definizione rimase a indicare racconti televisivi interminabili di
saghe familiari e di passioni, generazione dopo generazione, così
come dall’altro lato dello schermo si succedevano le generazioni
degli spettatori.
In America le soap hanno popolato e spopolato in quasi tutti i canali
televisivi, e alcune di queste sono arrivate anche sulle reti italiane
una ventina di anni fa, per cui massaie (e non) si sono attaccate allo
schermo a vedere Capitol (Rai2), General Hospital (Rete
4), Sentieri (su Canale5 e poi Rete4), Quando si ama (Raidue),
e Beautiful che dopo due anni di programmazione su Raidue, è
passata alla concorrenza, Canale5.
Parallelamente, sono arrivate in Italia anche le telenovelas sudamericane,
alcune delle quali hanno raggiunto una enorme popolarità: fra queste
la mitica Cyranda de Pedra, Anche i ricchi piangono, Topazio
e Manuela, che hanno dato la celebrità italiana a estelas
come Sonia Braga, Veronica Castro e Grecia Colmenares. A
differenza delle soap americane, le telenovelas avevano una
storia compiuta e una fine irrevocabile.
Un posto al sole, già in onda da alcuni anni su Raitre, Ricominciare
per Raiuno, Vivere e Centovetrine per Canale5,
varate tra il 2000 e il 2001, sono le risposte italiane alle soap
straniere, mentre bollono nella pentola televisiva altre idee
top-secret per le restanti reti: “Iniziammo proprio con Aran e Un
posto al sole. La Rai aveva fatto un accordo di co-produzione con
la Grundy, una società australiana esperta in soap che avrebbe
fornito la consulenza tecnica necessaria all’Aran per realizzare una
lunga serialità d’ambientazione napoletana. Io ho fatto il regista
per i primi due anni di Un posto al sole e lì ho imparato il
sistema industriale di fare soap e fiction televisiva in generale. Poi
Un posto al sole è andata alla Pearson, società concorrente
dell’Aran che adesso cura le soap Mediaset, Vivere e Centovetrine”.
Qual è la specificità della soap all’italiana? Facile, il melò:
“La differenza sta sicuramente nel modo di raccontare le storie
perché abbiamo sposato certe caratteristiche del format
americano con la tradizione del romanzo popolare, che in Italia s’intreccia
fittamente col melodramma. Quindi facciamo melò. Dal punto di vista
registico abbiamo inserito un 20/25% di riprese esterne che non erano
caratterizzanti delle soap nord o sudamericane e che vengono
effettuate da una seconda troupe. Poi raccontiamo una realtà
italiana, coniugando il tema del sogno caratteristico di Beautiful
con il realismo nostrano”.
Ecco un esempio: “In Vivere abbiamo mantenuto la dimensione
sogno raccontando di gente e ambienti glamour e ponendo i
sentimenti al primo posto nella scala di valori dei personaggi. Ma
contemporaneamente i personaggi sono radicati nella realtà sociale
italiana e vivono tutti gli eventi in contemporanea con il loro
pubblico: il Natale, la Pasqua, gli esami di maturità, i mondiali di
calcio…. Inoltre facciamo evolvere le storie e i personaggi in modo
plausibile e realistico, per cui nelle nostre soap un morto non
resusciterà mai anche se l’attore che lo impersonava è molto bravo”.
Un posto al sole racconta di una famiglia aristocratica
napoletana proprietaria di cantieri di barche e aziende vinicole, Vivere
incentra le sue storie intorno a famiglie alto-borghesi della
Lombardia con setifici, case di moda e cliniche ospedaliere, Ricominciare
focalizza l’attenzione sulla casa editrice perugina Vallesi e quanto
gira intorno alla comunicazione (radio, giornali, tipografie); Centovetrine
è ambientato in un centro commerciale alle porte di Torino. Come
dire: “Dalle Alpi alle Piramidi”.
Manca finora la soap d’ambientazione proletaria, che invece
imperversa nelle televisioni anglosassoni: “EastEnders è la
soap della BBC più amata dagli inglesi, che ha ottenuto anche il
British Academy Awards (n.d.r. l’Oscar della tv britannica) e
racconta di un quartiere operaio. Emmendale è la storia di un
villaggio e di una famiglia di contadini, che è nata dalla soap
radiofonica The Archers; Brookside per Channel 4 è
registrata in case vere di un quartiere popolare di Liverpool, e
infine Coronation Street è l’altra soap realistica rivale di
EastEnders. Centovetrine benché racconti della working
class, non ha sicuramente i toni e le formule della soap
realistica e sociale inglese, conserva la dimensione del sogno
tradizionale. Realizzare una soap al modo inglese, così come una
giovanilistica adatta per Italia 1, potrebbero essere comunque le
nostre sfide future”.

Quante idee, quante intenzioni. Il fermento è notevole: “Scrivere e
realizzare soap stimola altre soap" spiega Daniele Carnacina “perché
prima del loro avvento in Italia, la fiction era un prodotto
artigianale, anche autorale, che però non faceva parte né di un
genere specifico di racconto, né tantomeno di un’industria. Ora le
soap sono sicuramente il primo mattone per costruire un’industria
della fiction: adesso produciamo in modo seriale come in una catena di
montaggio, per cui se cinque anni fa a Un posto al sole si
giravano mediamente 5 o 6 minuti al giorno, oggi dai centri di
produzione escono trenta minuti quotidiani di fiction per ciascuna
soap”.
La soap è anche un prodotto industriale a basso costo: “Da un punto
di vista economico, essendo un genere di fiction a lunga serialità,
bisogna necessariamente ammortizzare ogni tipo di spesa. Se dunque un’ora
di fiction tradizionale non costa meno di ottocento milioni, un’ora
di soap ne costa invece 230, 240. Il guadagno poi si basa sulla
quantità di puntate che vengono girate anno per anno, ed è sempre un
inferiore rispetto a qualsiasi altro tipo di prodotto televisivo.
Inoltre, più audience non significa più soldi: malgrado l’ottimo
rapporto costo/auditel, sia che ci guardino tre milioni sia che ci
guardino cinque milioni di spettatori, il budget è fisso”.
Dall’altro lato dello schermo, il pubblico tradizionale delle soap
è costituito in maggioranza da donne tra i 20 e i 60 anni, ma non
mancano i giovani e gli studenti che si sono affezionati a Vivere
e che penalizzati dal nuovo orario, cominciano a riversarsi su Centovetrine.
E che la soap italiana sia un prodotto di grande successo televisivo
è confermato anche dal direttore di Canale 5 Giorgio Gori che ha
ritenuto Vivere il programma giusto per coprire il calo di
spettatori nel daytime delle 12,30: “La fascia oraria
-racconta Carnacina- adesso ha quasi raddoppiato lo share, anche se
indubbiamente Vivere ha perso i suoi 25 milioni di spettatori
della fascia pomeridiana, passando a 3 milioni. Centovetrine in
un solo mese ha raggiunto il 27% di share nello stesso orario in cui Vivere
in due anni di programmazione ha ottenuto il 30. Se Vivere si
assestasse sui risultati odierni e Centovetrine ottenesse il
30% di share di Vivere, sarebbe indubbiamente un doppio
successo per Canale5”.
Due prodotti diversi dal punto di vista narrativo:“Centovetrine
segue i suoi personaggi sul luogo di lavoro, pur non trascurando la
loro vita privata. In Vivere invece raccontiamo soprattutto la
parte privata della vita dei Bonelli, dei Falcon e dei Gherardi. E
ritornando ai sentimenti, quello prevalente in Vivere è il
desiderio di migliorare la qualità della propria vita, ormai molto
diffuso in Italia. In Centovetrine invece prevale la voglia di
affermare i propri sogni, soprattutto per i personaggi più giovani.
Cambiano le motivazioni, si lotta per affermare il proprio diritto al
lavoro, nonostante i soprusi dei due cattivi, il proprietario del
centro commerciale e il suo braccio destro”.
Dulcis in fundo: arriviamo a chi dà volto e voce ai personaggi
delle soap e che ritroviamo in tutti i programmi televisivi più
seguiti di questa stagione. Sul set delle soap arrivano attori di ogni
estrazione, da quelli provenienti dagli spot pubblicitari a quelli che
hanno recitato Amleto a teatro: “Un vero attore ormai lavora
nel cinema, a teatro, nella fiction, nelle soap, senza alcuna
distinzione. Noi facciamo presa diretta e per questo scegliamo attori
che sanno recitare, che non hanno bisogno di essere doppiati e che
hanno una notevole capacità mnemonica che consente loro di ricordare
una decina di scene al giorno”.
La soap inoltre è molto vicina a certe dinamiche del teatro: “Come
nel teatro e a differenza del cinema, consente di girare scene per
intero, grazie all’uso delle tre telecamere in piano sequenza. Al
cinema invece o nella fiction tradizionale, l’attore è
continuamente interrotto per cambiare i campi d’inquadratura. A
differenza del teatro inoltre nella soap si recita con una telecamera
davanti e un microfono addosso, per cui non occorre pronunciare la
battuta per farsi sentire all’ultima fila del teatro e non occorre
enfatizzare il gesto, perché la telecamera riprende ogni particolare.
Ma a parte queste differenze di tecnica recitativa, il modo di vivere
il personaggio è abbastanza simile: gli attori teatrali scandagliano
bene il personaggio che rappresentano e nella soap possono farlo
ancora di più, perché i personaggi progressivamente si intersecano
con la vita e le emozioni dei loro attori”.
Tra gli attori di soap infatti si verifica una strana costante: “Curiosamente
la loro vita privata comincia ad assomigliare sempre di più alla vita
dei personaggi e viceversa. Per esempio Mavi Felli che interpreta
Emilia Falcon in Vivere, nel momento in cui si è separata dal
marito nella finzione, si è separata anche dal marito nella realtà.
Sicuramente i due fatti non sono conseguenziali ma è facilissimo che
nella vita vi sia una sorta di strana sovrapposizione”.
Succede anche che attori che si frequentano sul set lo facciano anche
fuori set: “Giorgio Biavati - Giovanni Bonelli in Vivere - ed
Elisabetta De Palo - Mirella Bonelli - sono una coppia inseparabile
sul set e fuori dal set. Quando però nella vita di Mirella Bonelli è
entrato il santone che ha portato via Mirella da Giovanni, anche fuori
dal set i due attori non si sono più frequentati. Ora i due
personaggi si sono riavvicinati e fuori dal set hanno ricominciato ad
andare a cena insieme!”
E infine, l’altra sovrapposizione: “Per strada tutti gli attori di
soap-melò sono riconosciuti con affetto e chiamati spesso col nome
del loro personaggio. Se da un lato questo è un elemento indicatore
di fama e riconoscibilità dall’altro lato può anche creare dei
momenti di leggera schizofrenia perché durante la lavorazione della
soap non si distingue più tra attore e personaggio”.
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