Introduzione
Giovanna Zincone
La Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati affronta il tema della
minoranza Rom e Sinti, pur sapendo di uscire dalla sua area specifica di competenza:
questa comunità infatti è composta in gran parte non da immigrati ma da cittadini
italiani. La commissione pensa che un buon progetto di integrazione debba perseguire due
obiettivi: il rispetto dellintegrità della persona e uninterazione non
conflittuale tra maggioranza e minoranze. Il caso Rom e Sinti è un caso drammatico di
integrazione fallita o, per meglio dire, mai tentata in modo sistematico. La tutela della
integrità della persona è negata a troppi Rom e Sinti nel nostro paese. Le condizioni
igieniche ed abitative in cui sono costretti a vivere sono vergognose. Le difficoltà a
praticare i lavori tradizionali provengono non solo dallobsolescenza di quei lavori,
ma dalle inadempienze e dalle difficoltà frapposte dalle amministrazioni locali ai
giostrai piuttosto che ai venditori ambulanti. Le difficoltà a praticare lavori rinnovati
provengono dalla incapacità della legge ad adattarsi a situazioni diverse: pensiamo alle
severità fiscali nei confronti dei Rom raccoglitori di materiali riciclabili.
Nessuno pensa che lalto tasso di neri nelle carceri e nei riformatori USA sia dovuto
alla natura particolarmente perversa dei neri dAmerica. È nellhabitat fatto
di divieti e di abbandono che la esigua minoranza costituita dalla criminalità
organizzata trova più facilmente manovalanza e fa proseliti soprattutto tra le nuove
generazioni. Alcuni di questi ragazzi hanno già cominciato ad esternare una rabbia
reattiva, ad esempio modificando in senso distruttivo lo stile dei furti in casa. Il clima
di tensione è destinato ad aggravarsi. Lo stesso degrado in cui i Rom e i Sinti sono
costretti a vivere fomenta il consueto disprezzo borghese verso i poveri, la chiusura di
altre vie di sopravvivenza alimenta la propensione ad arruolarsi nelle fila delle
organizzazioni malavitose rafforzando la generalizzazione "zingaro uguale
criminale", uno stereotipo che costituisce il principale motivo di ostilità dei
nazionali verso gli zingari.
Dobbiamo spezzare rapidamente questo circolo vizioso. Occorre offrire alle minoranze Rom e
Sinti vie di uscita, opportunità di vita normale: sistemazioni decorose dentro e
possibilmente fuori dei campi, occasioni di lavoro che si concilino con lo stile di vita
zingaro (non tanto con il nomadismo, che è praticato solo da una minoranza, ma con una
maggiore discontinuità ed esigenza di libertà), occorre manifestare un pubblico rispetto
per le loro tradizioni linguistiche e culturali. Si deve stringere un patto di
integrazione che da una parte conceda opportunità e dallaltra chieda
disponibilità. Ad esempio la disponibilità a mandare i figli a scuola e a trattare
dignitosamente le donne.
Alcune amministrazioni locali italiane in collaborazione con associazioni laiche e
cattoliche hanno già imboccato la strada del patto di integrazione ed alcuni paesi
stranieri hanno importanti ed utili esperienze da raccontarci. Questa prima Conferenza
internazionale sui Rom e i Sinti organizzata in Italia sulla condizione degli zingari deve
servire a tutti noi per imparare qualcosa e deve sollecitare chi ha responsabilità di
governo in centro e in periferia a metterla in pratica.
Le politiche per i Rom e i Sinti in italia
Claudio Marta
Si calcola che i Rom e i Sinti che vivono in Italia siano circa 120.000, la maggioranza
dei quali cittadini italiani e sedentari.
Nonostante luso ancora diffuso di etnonimi connotati negativamente (zingari)
o fuorvianti (nomadi), le comunità presenti nel nostro paese sono caratterizzate
da una grande eterogeneità per quanto riguarda il gruppo di appartenenza, il periodo e il
contesto di insediamento. Marginalizzazione, esclusione e discriminazione caratterizzano
la situazione di molte comunità. Queste azioni si sono fondate, storicamente, sulla
negazione da parte della società maggioritaria della loro specificità culturale (gli zingari
visti come "vagabondi", "delinquenti", piuttosto che come minoranza
etnica). Tuttavia, anche il riconoscimento della differenza culturale, se questa
differenza viene assolutizzata, può dar luogo ad esclusioni e discriminazioni. La ricerca
di un approccio corretto alle minoranze discriminate deve costituire il punto di partenza
di qualunque politica di intervento nei loro confronti.
Politiche nazionali specifiche a favore di Rom e Sinti sono state attuate in Italia solo
in campo scolastico (è del 1965 listituzione delle prime "classi
speciali" per bambini zingari).
A partire dal 1984, molte regioni italiane hanno varato leggi a tutela delle popolazioni
zingare. Centrali in queste leggi le disposizioni in materia di campi sosta, come se i Rom
debbano necessariamente essere considerati nomadi. I campi di fatto allestiti sono,
spesso, lungi dal rispettare le norme previste; gli interventi, in generale, anche per le
resistenze da parte dei comuni, risultano disarticolati.
Negli ultimi tempi, mentre da qualche parte si torna a proporre una legge
"speciale" per la minoranza Rom, si registrano alcuni fatti negativi sul piano
nazionale, quali lesclusione di Rom e Sinti dalla legge sulla tutela delle minoranze
linguistiche storiche e lintensificarsi delle espulsioni contro quei Rom
"stranieri" che non possono beneficiare né della legge sullimmigrazione,
né della protezione umanitaria.
Abitazioni e insediamenti zingari
Antonio Tosi
Linsediamento degli zingari nelle città italiane incontra difficoltà crescenti.
Lallarme sicurezza amplifica il rifiuto nei loro confronti, spinge le
amministrazioni a interventi incentrati su obiettivi di ordine pubblico, nel migliore dei
casi legittima i tradizionali interventi in termini di emergenza. Per gli zingari questa
congiuntura significa degrado delle condizioni insediative e crescita della insicurezza
territoriale. Presso l'opinione pubblica e gli amministratori si conferma
lidentificazione acritica tra problemi insediativi/abitativi degli zingari e la
forma "campo nomadi": una nozione nata da preoccupazioni di controllo, di
delimitazione spaziale della presenza degli zingari sul territorio, e che nella pratica ha
dato luogo a realtà insediative che alimentano la marginalizzazione di queste
popolazioni.
Tentare politiche locali positive significa lavorare in due direzioni: la ricerca di
alternative insediative più coerenti con le condizioni e le pratiche degli zingari; e
lelaborazione delle condizioni di contesto che rendono la questione abitativa di
difficile soluzione.
Nel primo senso si tratta di prendere progressivamente le distanze dal modello del
"campo", di perseguire una pluralizzazione delle formule che riconosca da un
lato il carattere "abitativo" del problema e delle soluzioni, dallaltro
limportanza che nel caso degli zingari le dimensioni territoriali - non
semplicemente alloggiative - rivestono nel determinare la qualità delle soluzioni. Nello
stesso tempo, essendo i campi in molte regioni la sistemazione di gran lunga più diffusa,
e considerando la drammaticità delle condizioni nella maggior parte dei campi, sarà
necessario - sulla base degli stessi principi - ridefinire anche la produzione
amministrativa di questo tipo di soluzioni: migliorare la loro qualità, introducendo
elementi di residenzialità, come già previsto in alcune legislazioni regionali;
de-burocratizzare o de-istituzionalizzare la produzione e la gestione ecc.
La seconda direzione in cui occorre lavorare riguarda invece le condizioni di contesto. Se
si pensa a soluzioni che siano praticabili a breve-medio termine, è necessario infatti
che alla riflessione sulle tipologie si accompagni la ricerca sulle condizioni contestuali
da cui dipende la praticabilità delle buone soluzioni. In particolare andrà affrontato
il problema dei vincoli costituiti dalla struttura consolidata delle politiche abitative e
urbanistiche, dalle barriere normative che ostacolano ladozione di soluzioni
specifiche e andranno ricercate mediazioni con i vincoli posti dal contesto locale e la
gestione dei conflitti legati all'insediarsi di popolazioni zingare.
Labitazione
Laura Grazzini
? I campi Rom nella città di Firenze: brevi cenni sulla loro nascita e tipologia.
? La situazione attuale del campo Rom "Poderaccio": delega della circoscrizione,
Comitato di gestione, interventi tecnici e nuovo progetto di ristrutturazione.
? Alcuni nostri progetti significativi: la salute delle donne e lambulatorio
ginecologico; i mediatori culturali Rom del quartiere; la cooperativa delle donne
"Kimeta" (scuola e laboratorio); gli operatori del campo e le attività con i
bambini e gli adolescenti.
? Il superamento dei campi: la legge regionale e la realizzazione dellinsediamento
abitativo del Guarlone (il villaggio Rom).
? La partecipazione al bando delle case popolari; le assegnazioni degli appartamenti e il
cambiamento negli stili di vita; il desiderio e la paura di uscire dal campo; il rischio
di non farcela.
? Limpegno del quartiere nel passaggio dal campo alle case.
Devianza e discriminazione. Stranieri in carcere: una ricerca etnografica.
Emilio Quadrelli
I materiali che presentiamo sono una parziale rielaborazione, focalizzata sulle
popolazioni Rom, del percorso di ricerca interuniversitario "La cittadinanza tra
inclusione ed esclusione. Contenuto teorico e suggestioni operative". Una prima
traccia è stata presentata nel dicembre 1999 col titolo Immigrati tra illegalità e
carcere: una ricerca etnografica presso il dipartimento di Teoria del diritto
delluniversità di Firenze. La ricerca è stata condotta in aree metropolitane del
Nord e ha prodotto circa centocinquanta interviste in profondità agli attori sociali
coinvolti e un buon numero di "resoconti etnografici". Oltre che su avvocati e
magistrati di sorveglianza, lattenzione si è incentrata sulle figure istituzionali
che abitano il "pianeta carcere": agenti e graduati della polizia penitenziaria,
educatori, assistenti sociali, volontari ecc. Largo spazio è stato dedicato alla raccolta
di testimonianze di ex detenuti.
I materiali raccolti, a nostro avviso, assumono consistenza se usati per leggere
alcune tendenze e trasformazioni che riguardano, oltre al carcere, alcuni aspetti della
società contemporanea. Si è inteso verificare, con gli strumenti metodologici
delletnografia, se le trasformazioni prodotte dai nuovi flussi migratori e dalla
presenza di gruppi minoritari come i Rom, in concomitanza con la crisi e la ridefinizione
del welfare, comportassero conseguenze sul "pianeta carcere" da un punto
di vista delle logiche della "cittadinanza", e quali esse fossero.
La presenza di numerosi detenuti Rom e stranieri infatti legava lambito carcerario a
un tema ricorrente nel dibattito delle scienze sociali: 1) gli effetti culturali
prodotti dai flussi delle cosiddette "nuove immigrazioni", 2) le condizioni materiali
in cui questi nuovi cittadini vengono a trovarsi. La semplice lettura dei materiali ha
evidenziato almeno cinque ordini di problemi: il riapparire del razzismo e della
xenofobia, la delegittimazione (almeno in alcuni comparti sociali e istituzionali) delle
istituzioni statuali, il riaffiorare di un movimento di popolo legato a ipotesi neocomunitarie,
la ridefinizione rigida e assolutamente verticale delle gerarchie sociali, e
lazzeramento, o la forte contrazione, delle logiche contrattuali collettive.
In questa sede si affronteranno in particolare i temi legati al rapporto tra logiche neocomunitarie
e ridefinizione delle gerarchie sociali su base culturalista. Il tema culturale
ci sembra assumere, infatti, nellambito contemporaneo, il luogo privilegiato e il
terreno di coltura ideale delle istanze xenofobe e neorazziste.
La scuola
Marco Brazzoduro
La scolarizzazione degli zingari costituisce un passaggio obbligato di ogni forma di
integrazione. La tesi che la relazione vuole dimostrare è che la scolarizzazione da una
parte si configura come un processo arduo e dallaltra è inadeguatamente affrontato
dalle autorità preposte. I tassi di evasione sono intollerabilmente alti.
A sostegno di questa tesi, la relazione dà conto di una ricerca svolta a Roma in due
scuole elementari frequentate da 35 Rom khorakané, promossa dal comune con lintento
di valutare le difficoltà incontrate nel processo di apprendimento delle strumentalità
di base.
La ricerca si è protratta per un intero anno scolastico e metodologicamente ha
privilegiato losservazione diretta
a) dei bambini, della cui personalità è stato tracciato un profilo;
b) dellambiente di vita, le cui condizioni - in questo caso di estremo degrado - non
potevano non influire pesantemente e negativamente su frequenza, motivazione e quindi
successo del percorso formativo. Sul versante del contesto di vita si è tentato, con le
cautele del caso, di valutare latteggiamento della cultura Rom (in senso
antropologico) nei confronti della scuola in quanto pilastro portante della società dei
gagè;
c) degli insegnanti, con i quali, attraverso incontri ripetuti (presenti anche i genitori
Rom), si è realizzato un rapporto di formazione e autoformazione in grado di mettere a
fuoco le problematiche che scaturiscono dalla valutazione delle esigenze specifiche dei
singoli bambini e di costruire una consapevolezza delle carenze più macroscopiche.
La salute degli zingari: il caso italiano
Salvatore Geraci
Dalla revisione della letteratura scientifica sullargomento si evidenzia chiaramente
che le famiglie zingare vengono considerate in tutto il mondo svantaggiate nel campo della
salute. Le cause di ciò risultano complesse e multistratificate. Cè accordo
nellidentificare i fattori principali di questo svantaggio:
? sia le comunità nomadi che quelle sedentarie vivono in situazioni abitative altamente
degradate;
? sono comunità oggettivamente povere;
? vengono messi in atto pregiudizi e discriminazioni, anche per il loro atteggiamento di
separazione, dalla società ospite;
? i sistemi sanitari ufficiali sono incapaci di rispondere alle esigenze di salute poste
da queste comunità e dal loro stile di vita, fino ad arrivare ad una non accoglienza, se
non a una aperta ostilità. Inoltre la burocratizzazione, eccessiva e complessa anche per
i non zingari, e una politica che tende sempre più alla privatizzazione aumentano le
barriere allaccessibilità.
Questi fattori, più che letnicità, la tradizione, i tabù o la consanguineità,
devono essere oggetto dellattenzione dei pianificatori sanitari. Se anche si afferma
che in molti casi lambiente generale e lo stile di vita specifico di una comunità
possono essere fattori determinanti per la salute, più importanti
dellorganizzazione sanitaria - e questa è una osservazione pertinente proprio per i
gruppi realmente "nomadi" -, ciò non assolve le agenzie nazionali preposte alla
tutela della salute dal dovere sia di conoscere per capire, sia di costruire ponti per
incontrare a metà strada coloro che intendono la salute in modo diverso dai procedimenti
ufficiali.
Abbiamo individuato alcune aree di approfondimento per la promozione della salute tra gli
zingari in Italia.
? Area antropologica culturale: è a nostro avviso la più delicata e copre diversi
ambiti:
- capire il sistema biomedico di riferimento e il modo di definire le priorità di salute,
cioè capire come il bisogno viene percepito ed espresso, individuare le strategie di
mobilitazione di risorse interne ed esterne per affrontare e rimuovere il bisogno stesso;
- capire come il sistema di controllo interno al gruppo sociale si stia modificando,
"sdoganando" alcuni comportamenti a rischio per la salute: tossicodipendenza,
prostituzione, ecc.
? Area sociale: è la più evidente in rapporto alle condizioni igienico-sanitarie in cui
gli zingari, soprattutto nelle grandi città, sono costretti a vivere. Comprende
lanalisi dellhabitat in senso lato e delle politiche dintegrazione
sociale, che, dove sono adeguatamente approntate, sono la migliore prevenzione sanitaria.
Cè anche tutta larea dellaccessibilità e fruibilità dei servizi.
? Area medica: le patologie più frequenti sono spesso legate alle condizioni di povertà
e di disagio, ma anche alla difficoltà di accesso ordinario alle strutture sanitarie. In
particolare emergono alcune aree critiche:
- materno-infantile (parti prematuri, basso peso alla nascita, patologie, neonatali,
calendario vaccinale inadeguato, ecc.);
- adolescenziale, dove la forbice tra lesperienza dappartenenza al proprio
gruppo ed il richiamo dei modelli della società autoctona si allarga (a volte in termini
voluttuari);
- delle malattie cronico-degenerative e traumatiche, ecc.
Lultima legge sullimmigrazione e il Piano sanitario nazionale 1998-2000,
alcune proposte di leggi regionali specifiche, alcune delibere di ASL, lanalisi
delle singole esperienze del volontariato e del pubblico e la stessa individuazione di
aree critiche devono portare a condividere e definire dei percorsi di tutela che
certamente sono normativi ma che sono anche organizzativi e culturali e che possono
fornire modelli, anche sul piano formativo, realmente riproducibili, verificabili e
percorribili.
NORMATIVA REGIONALE (L. R. DGR, PSR) IN MATERIA DI DIRITTO ALLA SALUTE PER POPOLAZIONI
ROM E SINTI
Dicembre 1999
L.R.: LEGGE REGIONALE, DGR: DELIBERA GIUNTA REGIONALE, PSR: PIANO SANITARIO REGIONALE
X: normativa vigente
y: progetto di legge
(*) : La L.R. 3/94 è stata abrogata dalla L.R. 7/98. La proposta di legge per minoranze
etniche è in fase di stesura.
Ci sembra opportuno ricordare che i dati in nostro possesso esprimono da una parte
condizioni di salute evidentemente compromesse, dallaltra chiare possibilità di
intervento per una adeguata tutela della salute. Ciò è possibile purché si intervenga
strutturalmente sulle condizioni sociali di vita, e progettualmente con processi
"attivi" di promozione della salute che tengano conto delle priorità e dei
tempi che gli stessi zingari possono contribuire a definire.
Formazione e lavoro a Bologna per i Rom profughi della ex-Jugoslavia
Dimitris Argiropoulos
Lesperienza di formazione e inserimento lavorativo dei profughi Rom cittadini della
ex-Jugoslavia accolti a Bologna mostra che lesito positivo delle azioni di sostegno
allinserimento lavorativo è strettamente legato alla possibilità di realizzare
mediazione e supporto nel contesto campo come nel contesto lavoro.
Le persone prive di occupazione si trovano a gestire, rispetto al contesto ospitante, non
tanto le peculiarità della loro differenza etnico-culturale, ma piuttosto le difficoltà
legate alla povertà, che costituiscono la doppia differenza: Rom e poveri. Le condizioni
umane di questa povertà sono aggravate dal fatto di vivere nei campi che, attivati nelle
fasi dellemergenza, rischiano di configurarsi come un sistema stabilizzato e non
più superabile di apartheid. I contatti e le relazioni limitate, soprattutto a
situazioni di aiuto, la lontananza dai centri urbani abitati, mantengono basso
linteresse di chi abita nei CPA verso tutto quello che può essere e rappresentare
la scuola e la professionalità.
Lesperienza condotta ci mostra che è utile privilegiare percorsi brevi di
formazione in situazione, in modo da usare i luoghi di lavoro come "classe",
come contesti formativi privilegiati, sia rispetto allo sviluppo delle capacità
professionali che di quelle sociali e relazionali.
Da non trascurare poi, la problematicità legata ad una possibile instabilità della
posizione giuridica degli zingari immigrati e profughi: presentare loro le esigenze legali
e istituzionali in modo da favorire un esame di realtà è utile a incrementare la loro
motivazione rispetto al lavoro e agli altri percorsi di integrazione come
labitazione o la scuola; ottiene invece effetti controproducenti, cristallizzandoli
nellapatia e in atteggiamenti di chiusura/difesa, utilizzare queste informazioni ed
esigenze in modo ricattatorio.
Gli esiti del progetto possono essere giudicati soddisfacenti, se pensiamo alle 17 persone
(10 maschi e 7 femmine) assunte, alle 11 persone (3 maschi e 8 femmine) in graduatorie
aziendali, nonché alle altre 17 persone che, a seguito del percorso di formazione
professionale, sono in possesso di un attestato di competenze utilizzabile sul mercato del
lavoro.
Le occupazioni ottenute mostrano ancora una volta che i condizionamenti pregiudiziali
nei confronti dei Rom sono privi di fondamento: questi, infatti, lavorano in fabbrica come
metalmeccanici, in agricoltura come operai, nelle cooperative come facchini ecc., coprendo
così una ampia gamma di tipologie occupazionali. Peraltro, molti di loro hanno affrontato
il lavoro in modo continuativo, anche quando si trattava di attività particolarmente
pesanti (facchino, fonderia, ecc.).
Ma i risultati positivi del progetto vanno oltre le occupazioni ottenute:
- i ritmi della formazione, che ha coinvolto anche le donne, hanno condizionato la vita
familiare, orientandola su attività esterne e togliendovi così quella dimensione
preponderante di una quotidianità fatta di separazione e di esclusione;
- il progetto ha opportunamente considerato diversi fattori incisivi per la vita dei
profughi/immigrati (trasporti, salute, igiene, regolarizzazione giuridica e
amministrativa, ecc.), contribuendo ad aumentare globalmente la loro consapevolezza
rispetto alle esigenze e alle necessità che occorre affrontare per ottenere lavoro e per
proseguire nel percorso integrativo;
- il percorso formativo ha offerto una molteplicità di servizi fra cui
lorientamento al lavoro per circa un centinaio di persone disoccupate. Forse per la
prima volta a queste persone è stata data unoccasione di confronto con la realtà
del mercato del lavoro a partire da informazioni dettagliate e veicolate in modo da
rispondere ai loro bisogni di cultura, di età, di abilità;
- sono state coinvolte, sollecitate e sensibilizzate associazioni di categoria ed aziende;
- anche lattività transnazionale ha fornito agli operatori del progetto
significativi momenti di riflessione, confronto e aggiornamento su interventi, rete dei
servizi e modalità operative.
Per quanto riguarda la ricaduta operativa, tre sono gli aspetti implementabili nella rete
dei servizi per loccupabilità che si va delineando secondo le nuove normative, le
quali attribuiscono alle Province le competenze in materia di orientamento, formazione e
lavoro: personalizzazione, documentazione e messa in rete.
La necessità di stabilizzare, ampliare e sistematizzare questa modalità di intervento
globale, che parte dal soggetto ma considera il suo contesto di riferimento personale,
familiare e sociale, diventa una "sfida" per impostare/reimpostare
loperatività sociale in una dimensione di interdipendenza con la politica, per
indirizzarne meglio gli obiettivi.
Resta inoltre lesigenza di avviare una politica sociale per lintegrazione
degli immigrati e dei profughi che sia in grado di incidere anche sul grave problema
dellabitare, partendo dal riconoscimento e dal rispetto delle differenze.
Considerare la complessità cercando futuro, per riflettere insieme sulle
chiusure/aperture e sulla soddisfazione/continuità del progetto migratorio.
A partire soprattutto dalla condizione di non occupazione, dal tornare indietro come
scelta, dalle opportunità di integrazione e autonomia, dai percorsi che si possono
costruire nellapprendere/apprendersi reciproco. L'integrazione è qui intesa come
riconoscimento della differenza individuale e della differenza etnico-culturale, come
ricerca di possibili equilibri, basati sullincontro/scontro, che possano permettere
la convivenza fra popoli zingari e gagè, senza dimenticare che "... deve adattare
più volte il suo comportamento alle difficoltà che incontra e spesso aggirare ostacoli
altrimenti insuperabili ... affronta ogni ostacolo nel momento in cui vi si imbatte, tenta
diverse vie per attraversarlo o aggirarlo, senza preoccuparsi troppo degli ostacoli
futuri. ... Se lo consideriamo una figura geometrica il percorso della formica è
irregolare, complesso e difficilmente descrivibile. Ma la sua è in realtà una
complessità che si trova sulla superficie della spiaggia, non nella formica."
Numeri e problematiche della banca dati servizi rifugiati a giugno 2000
Manfred Bergman
Ne consegue che diverse migliaia di richiedenti asilo non sono stati censiti ed
accolti. I volontari locali si sono dovuti spesso dividere tra la difesa degli
insediamenti Rom e degli irregolari, regolari, regolarizzabili. L'inserimento alloggiativo
(campi nomadi e CdA), lavorativo (al nero e in regola), culturale (scuola, italiano),
sanitario (vaccini, cure specifiche, prevenzione) etc. richiedono in Italia gruppi di
lavoro flessibili, in grado di spaziare dalla sensibilizzazione della popolazione locale
all'assistenza diretta, dalla gestione di lobby a collaborazioni e/o vertenze locali e
nazionali.
Allinterno dei quasi 1.000 posti letto che il nostro progetto ha offerto in diversi
piccoli centri di accoglienza sparsi in tutta Italia ai rifugiati dal Kosovo, abbiamo reso
disponibili più della metà dei posti (618 al 10.11.99) per queste famiglie di rifugiati
che avranno difficoltà a rimpatriare in Kosovo in tempi brevi, medi o, come alcuni
esperti e rifugiati dicono, mai. A questi vanno aggiunti i Rom contattati attraverso i
servizi trasversali di azione comune che attualmente non sono stati presi in carico dal
punto di vista alloggiativo, e si trovano soprattutto in Sicilia (2.000) e in misura
minore in Toscana, Lombardia, Veneto, Puglia, perlopiù in condizioni di irregolarità e
di esclusione urbana.
La mancata presa in carico non riguarda solo i Rom kosovari ma comprende altre minoranze
"deboli". Le percentuali di stanzializzazione dei profughi albanesi kosovari
(3%) e di quelli curdi, caucasici e iraniani sono ancora più basse per l'assenza di
parenti e comunità già residenti nel nostro paese. Forse questo è il dato da assumere
per l'effettivo adempimento della Convenzione di Dublino in termini di "accoglienza
adeguata".
Dall'agosto 1999, in seguito ad un decreto ministeriale oggetto di molte critiche, i Rom
kosovari vengono accolti in Puglia con l'intimazione di lasciare il territorio nazionale
in 15 giorni. Tale limite temporale viene percepito il più delle volte come il termine
improrogabile entro cui spostarsi verso lEuropa settentrionale o entrare in
condizioni di irregolarità nei campi nomadi italiani, presso le famiglie di Rom kosovari
ivi presenti sin dalla fine degli anni 80 (nota bene: nell'89 i primi conflitti
etnici in Kosovo). Nei campi, dove sono presenti focolai di TBC, epatiti, dermatosi,
queste famiglie ospitano i loro parenti profughi, stringendosi dentro baracche senza
servizi, nellindifferenza di comuni, scuole, ASL, operatori dei servizi di base e
dell'asilo ecc. Non aiutano le difficoltà e i tempi del riconoscimento dell'asilo da
parte della Commissione centrale, in contrasto con i comunicati di KFOR, OSCE e delle ONG
più competenti in materia. Va considerato che in patria la maggior parte di queste
famiglie di Rom, fino allinasprirsi delle tensioni tra albanesi e serbi, viveva in
case, mischiata ai contadini e ai cittadini kosovari. Queste persone non sono abituate
alle durissime condizioni di vita dei campi nomadi italiani, eppure desiderano rimanere a
causa dell'instabilità politica in Kosovo. Vanno regolarizzati inoltre quei rifugiati de
facto entrati in Italia prima e dopo i bombardamenti.
Gli enti locali, in assenza di direttive centralizzate, recepiscono il problema in termini
di aumento incontrollato di popolazione a rischio di devianza, anziché accoglienza dei
profughi di un esodo, accentuando il carattere repressivo delle misure necessarie al
mantenimento dellordine pubblico. Il risultato è che molte persone che avrebbero
diritto ad un permesso di soggiorno per protezione umanitaria o per richiesta asilo, o cui
andrebbe garantito laccesso a cure mediche, all'ufficio di collocamento o alle
scuole, o altri servizi diretti allinclusione, ne rimangono escluse, o vengono
allontanate dal territorio.
In fin dei conti, la mancata accoglienza e l'esclusione urbana dei rifugiati Rom bosniaci
si è ripetuta con i Rom kosovari.
RELATORI.
NOTE BIOGRAFICHE
DIMITRIS ARGIROPOULOS
Consulente Provincia di Bologna e Centro Studi Zingari
Dimitris Argiropoulos, nato a Teopetra (Grecia), vive e lavora a Bologna dal 1985.
Operatore pedagogico e ricercatore esperto nelle tematiche dellinterculturalità, è
consulente della Provincia di Bologna sulle questioni attinenti limmigrazione, la
profuganza, la zingarità e si occupa in particolare degli interventi che favoriscono
lintegrazione sociale e lavorativa. Collabora con il Centro Studi Zingari di Roma.
MANFRED BERGMANN
Azione Comune, Roma
Dal 1999 al 2000 coordinatore della Banca Dati Servizi rifugiati per il progetto Azione
Comune 1999-2000, che monitora le condizioni di vita dei rifugiati presenti in Italia ed
eroga consulenze ai tecnici dell'accoglienza, in collaborazione col ministero
dellInterno, la Commissione europea, lOim e lAcnur. Dal 1998 al1999
ricercatore e formatore di agenti di salute comunitaria rom presso il campo nomadi romano
di Casilino 700, per il progetto rom di Medici senza frontiere. Dal 1994 al 2000 formatore
per la Casa diritti sociali di Roma per 280 operatori volontari e professionali della
mediazione linguistico-culturale, dell'accoglienza e del reinserimento delle minoranze nei
contesti di esclusione urbana. Dal 1993 al 1994 coordinatore dell'inserimento scolastico
per i bambini Rom abruzzesi di Roma per l'Opera Nomadi.
GIANLUCA BORGHI
Assessore alle Politiche sociali, Immigrazione, Progetto giovani e Cooperazione
internazionale della regione Emilia-Romagna
Nato a Reggio Emilia nel 64, analista programmatore.
Nel 1986 è stato fra i fondatori dei Verdi italiani. Dal 90 al 95 è stato
consigliere e poi (dal 94 al 95) presidente della commissione Sicurezza
sociale al comune di Correggio (RE). Aderente al WWF e allANPI. Nel 95 è
stato eletto in consiglio regionale come rappresentante dei Verdi nella lista regionale di
Progetto Democratico. Ha ricoperto, allinterno della scorsa giunta regionale,
lincarico di assessore alle Politiche sociali, familiari ed educative, Qualità
urbana, Immigrazione e Aiuti internazionali.
MARCO BRAZZODURO
Università "La Sapienza" di Roma
Docente di Politica sociale e Sociologia economica alluniversità "La
Sapienza" di Roma. Da dieci anni si occupa delle problematiche concernenti il
variegato mondo zingaro privilegiando la ricerca sul campo con unattenzione
particolare alle condizioni per realizzare una reale e non fittizia integrazione. Ha
recentemente diretto per conto del comune di Roma una ricerca-azione sulla scolarizzazione
dei bambini zingari.
GIUSEPPE CATALDI
Istituto Universitario Orientale di Napoli
Professore straordinario di Diritto internazionale e di Tutela internazionale dei
diritti delluomo presso lIstituto Universitario Orientale di Napoli.
Coordinatore del Corso-Master in "Tutela internazionale dei diritti
delluomo" dellUniversità di Napoli "Federico II" e di
STOA s.c.p.a. Autore di numerose pubblicazioni di diritto internazionale pubblico e
di diritto comunitario europeo. Responsabile della redazione dellItalian Yearbook
of International Law. Ha tenuto corsi presso le Università di Tirana, Alessandria
dEgitto, Cracovia, Oporto, e allAccademia di Diritto internazionale
dellAja. Ha collaborato, come consulente, con il Consiglio dEuropa, la
Commissione dellUnione europea, il ministero degli Affari esteri.
SALVATORE GERACI
Caritas di Roma
Laureato in medicina e chirurgia. Dal 1986 lavora presso larea sanitaria della
Caritas, di cui è responsabile. Attualmente è direttore del corso di medicina delle
migrazioni presso la Scuola superiore di Scienze biomediche "F. Rielo", Busseto
(Parma). Presidente della Società italiana di medicina delle migrazioni.
NICOLAE GHEORGHE
OSCE Office for Democratic Institutions and Human Rights, Bucarest
Laureatosi nel 1972 presso il dipartimento di Sociologia dellIstituto di
Filosofia dellUniversità di Bucarest, dal 1972 al 1999 ha lavorato come
ricercatore. Dagli anni 70 è in contatto con i principali esponenti delle comunità
rom della Romania e con la International Romani Union. Nel 1976 (in Polonia,
Cecoslovacchia e Ungheria) e nel 1981 (in Yugoslavia, Germania e Francia) ha stretto i
primi contatti diretti con rappresentanti e studiosi rom. Dal 1990 è attivo in diverse
associazioni rom della Romania e nel movimento internazionale dei rom. Ha promosso gli
interessi delle popolazioni rom in numerose sedi istituzionali internazionali: la
Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, lOSCE, il Consiglio
dEuropa e la Commissione dellUnione europea. Dal 1993 al 1999 è stato
direttore esecutivo del CRISS (Roma Center for Social Intervention and Studies) a
Bucarest, cui sono stati attribuiti i seguenti riconoscimenti internazionali: il premio
per i diritti umani della Repubblica francese (1993), il premio della fondazione Bruno
Kreisky (1994) e il premio per la democrazia assegnato dallUnione europea e dagli
Stati Uniti (1998). È uno dei componenti del comitato del Project on the Ethnic
Relations negli Stati Uniti e di quello dello European Roma Rights Centre (ERRC).
Dal maggio 1999 è consigliere dellOSCE per le questioni relative alle popolazioni
Rom e Sinti.
LAURA GRAZZINI
Presidente della Commissione Servizi sociali del Quartiere, Firenze
Consigliere della IV circoscrizione di Firenze, presidente della Commissione Servizi
sociali, presidente del Comitato di gestione del campo rom "Poderaccio"; nella
precedente legislatura, assessore al Decentramento, Anagrafe e Ufficio immigrati del
comune di Firenze, si è occupata della delega per la gestione dei campi nomadi ai
quartieri e della realizzazione dellinsediamento abitativo del Guarlone, secondo la
legge regionale; attualmente dirigente ARCI nel campo dellimmigrazione.
FRANÇOIS KEMPF
Sécretariat du Conseil de lEurope
Lavora dal 1994 presso la divisione che si occupa di migrazioni, Rom e zingari del
Consiglio dEuropa. Affianca il Coordinatore del Progetto per i Rom in Europa in
tutte le attività specifiche. Assiste la segreteria del "Gruppo di esperti sui
Rom/Zingari" del Consiglio dEuropa.
CLAUDIO MARTA
Istituto Universitario Orientale di Napoli
Docente affidatario di Antropologia economica presso la facoltà di Scienze politiche
dellIstituto Universitario Orientale di Napoli.
Ha condotto ricerche sul campo su una comunità rom Lovara a Roma e in Svezia. Dal
gennaio del 1996 è membro del "Gruppo di esperti sui Rom/Zingari" del Consiglio
dEuropa.
Altri campi di studio: minoranze e rivendicazioni etnico-nazionali; società
multiculturali e politiche di integrazione delle differenze culturali.
PAIVI MAJANIEMI
The National Board of Education - Unit of Roma, Helsinki
Nata da madre Rom nel 1957, si è diplomata nel 1978. Dal 1978 al 1983 ha studiato
lingua e letteratura russa presso lIstituto pedagogico Hertzen. Dopo la laurea ha
lavorato come interprete e guida turistica in Finlandia e in Russia. Dal 1989 al 1999 ha
insegnato presso scuole elementari. Attualmente sta terminando un corso di
specializzazione per linsegnamento nelle scuole primarie presso lUniversità
di Helsinki. Dal gennaio 1999 lavora presso il dipartimento per lIstruzione dei rom
del ministero della Pubblica istruzione finlandese.
EMILIO QUADRELLI
Università di Genova
Da anni svolge attività di ricerca con enti nazionali e internazionali sui temi dei
conflitti urbani, delle dinamiche di esclusione e marginalizzazione sociale, delle
problematiche connesse alle dinamiche dei nuovi flussi migratori e dei processi di
globalizzazione. Dai primi anni 90 svolge attività didattica presso la facoltà di
Lettere e filosofia e di Scienze della formazione delluniversità di Genova,
conducendo seminari rivolti sia agli studenti, sia a laureati e dottorandi. Attualmente è
professore a contratto presso la facoltà di Scienze della formazione
delluniversità di Genova.
CARMEN SANTIAGO REYES
Escuela de Empresas de Montoro
Laureata in giurisprudenza allUniversità di Salamanca, si è diplomata con lode
allIstituto di pratica giuridica di Cordova e ha conseguito un dottorato in gestione
amministrativa presso lUniversità di Alcalà de Henares. È abilitata
allesercizio della professione di avvocato dal 1992. Da tre anni coordina il
programma regionale di sostegno alla scolarizzazione dei bambini rom per la Federazione
delle associazioni rom dellAndalusia. Dal 1988 collabora con diverse associazioni
rom. Attualmente è consulente della Giunta dellAndalusia per la stesura del Piano
Integral per la comunità rom. Dal 1996 è componente del gruppo di esperti per le
politiche per i rom del Consiglio dEuropa.
DOMINIQUE STEINBERGER
Association de Recherche Pédagogique Ouverte en Milieu Tsigane (ARPOMT), Strasbourg
GIANFRANCO SCHIAVONE
Associazione studi giuridici sullimmigrazione (ASGI),Trieste
Responsabile del Servizio rifugiati del Consorzio italiano di solidarietà (ICS). Membro
del direttivo dellASGI (Associazione studi giuridici sullimmigrazione).
MARTA SZILAGYI
Roma Civil Rights Foundation, Budapest
Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza ed essere diventata avvocato, nel 1999 ha
terminato un master presso la Central European University. Ha inoltre ottenuto il diploma
"LL.M." in Diritto costituzionale comparato. Attualmente lavora come addetto
alle relazioni internazionali presso la Roma Civil Rights Foundation,
unorganizzazione non governativa no profit. La sua area di interesse è la tutela
legale internazionale delle minoranze etniche e nazionali.
ANTONIO TOSI
Politecnico di Milano
Professore di Sociologia urbana al Politecnico di Milano. Si occupa di politiche abitative
e dei rapporti tra povertà abitativa ed esclusione sociale. In questarea di
problemi ha pubblicato Immigrati e senza casa, Franco Angeli, 1993; Abitanti. Le
nuove strategie dellazione abitativa, Il Mulino, 1994; La casa: il rischio e
lesclusione (con altri autori), Franco Angeli, 1994. È membro del comitato
scientifico dellEuropean Observatory on Homelessness.
GIOVANNA ZINCONE
Presidente della Commissione per le politiche dellintegrazione degli immigrati
Professoressa ordinaria di Sociologia politica presso la facoltà di Scienze
politiche dellUniversità di Torino. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Da
sudditi a cittadini (Il Mulino, 1992), Uno schermo contro il razzismo (Donzelli,
1994), USA con cautela (Donzelli, 1995), Primo Rapporto sullintegrazione
degli immigrati in Italia, (a cura di) (Il Mulino, 2000).
Tra le sue più recenti pubblicazioni in inglese: "The powerful consequences of being
too weak. The impact of immigration on democratic regimes", Archives
Européennes de Sociologie, XXXVIII (1997), n.1, pp. 104-138; "Multiculturalism
from above: Italian variation on a European theme", in R. Bauböck and J. Rundell
(ed.) (1998), Blurred Boundaries: Living with Diversity, Aldershot, Ashgate
Publications; "Illegality, Enlightenment and Ambiguity: A hot Italian Recipy",
in M. Baldwin Edwards and J. Arango (ed.) (1999), Immigrants and the Informal Economy
in Southern Europe, Frank Cass, e pubblicato anche in South European Society and
Politics, vol. 3, 3/1998; Citizenship between State and Society, EUI Working
Papers, Badia Fiesolana, European University Institute (1999). È nei comitati di
direzione di Ethnic and Migration Studies, di South European Societies and
Politics, dei Quaderni di Scienza Politica e di Reset. È vicedirettrice
di Critica Liberale. Ha partecipato alle commissioni Pari opportunità e alle
commissioni Contri e Turco per la stesura del progetto di legge sullo status degli
stranieri immigrati. Presiede attualmente la Commissione per le politiche
dellintegrazione degli immigrati presso il Dipartimento per gli Affari sociali,
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
TAVOLA ROTONDA
Moderatore:
PAOLO GAMBESCIA
Direttore de "Il Mattino"
Partecipanti:
GIANLUCA BORGHI
Assessore alle politiche sociali, immigrazione, progetto giovani, e cooperazione
internazionale della regione Emilia-Romagna
ANIELLO DI NARDO
Sottosegretario al ministero dellInterno
AMATO LAMBERTI
Presidente della provincia di Napoli
LUIGI LUSI
Ufficio speciale nomadi del comune di Roma
On. ROSA RUSSO JERVOLINO
Presidente Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati
Sen. GIOVANNI RUSSO SPENA
Senatore della Repubblica
On. LIVIA TURCO
Ministro per la Solidarietà sociale