I lettori scrivono
Da: simone bordini simonebordini@hotmail.com
A: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Martedì, 6 giugno 2000 6:41
Oggetto: Pane e
tulipani
Caro Caffè Europa e soprattutto cara Paola Casella, il successo acritico con cui è stato
accolto "Pane e tulipani" non significherà forse che ormai, in Italia, siamo
caduti così in basso da considerare di rilievo qualsiasi autore che giri un film non
"alla Pieraccioni"? Se, al di là del nazionalismo senile di Leo Gullotta (mi
riferisco alla cerimonia per i David di Donatello), un regista come Mario Martone (che ha
svecchiato non solo Napoli) si rammarica dell'esclusione di Soldini da Cannes, si è nel
torto a sospettare che "Pane e tulipani" sia un po' troppo intoccabile?
E poi, quanti film ancora su fughe verso vite parallele e quante altre sopraffini metafore
(tipo i petali di tulipano che cadono sul tavolo) e quanti altri sottili contrasti tra il
conformismo da cellulare-Cartier e l'anticonformismo da fiori-fisarmonica? Non bastava
già Salvatores? Non bastava già "Un anima divisa in due"? Non bastavano già
quarant'anni di Vanzina e Risi (padri e figli)? Mentre gli americani (i soliti
imperialisti, of course) cercano di interrogarsi sulla condizione umana con opere pur
difettose ma decentissime come "Magnolia" o "Amici e vicini" o
"American Psycho" o "Happyness", noi italiani ancora a fare remake
poveri di "Thelma & Louise"? Ancora a parlare di mamme pescaresi che di
colpo si ricordano di essere vive? Ancora alla poesiola del ballo finale con tutti i
protagonisti "buoni"?
Molto cordialmente, Simone Bordini (Reggio Emilia).
Risponde Paola Casella:
Caro Bordini,
Sono felice di rispondere alla sua lettera che solleva interrogativi interessanti. Ho
scritto la mia recensione di Pane e tulipani in
tempi non sospetti, cioé subito dopo la proiezione per la stampa, e prima della fanfara
che il film ha riscosso successivamente. Ho quindi espresso le mie opinioni senza
condizionamenti esterni, ma anche col senno di poi confermo che Pane e tulipani mi pare un
film molto riuscito.
Il fatto che la trama non sia particolarmente originale, né al'interno del panorama
cinematografico in generale, né all'interno di quello italiano, non toglie nulla alla sua
efficacia, anzi, fa risaltare l'unico dettaglio (macroscopico, a mio parere) che rende la
storia innovativa e al passo con l'evoluzione della società italiana (anche se più che
rispecchiare la realtà attuale ne da una versione possibile): l'assenza totale di senso
di colpa da parte della protagonista nel seguire autonomamente la sua strada.
Nemmeno Thelma e Louise erano così prive di tormento interiore all'idea di lasciarsi
tutto alle spalle, e poi loro erano arrabbiate col mondo (specie quello maschile), mentre
la Rosalba di Pane e tulipani non ce l'ha con nessuno, non biasima gli altri per la
propria infelicità, anzi, sostanzialmente non è un'infelice. E' libera, e si gode la
propria libertà senza falsi moralismi, senza rancori, senza desideri di vendetta. E
questa è di per se una piccola rivoluzione, soprattutto per il cinema italiano, dove le
fughe senza rimorsi, verso qualcosa e non solo via da qualcosa, sono quasi sempre
appannaggio maschile (vedi i film di Salvatores che lei stesso cita).
E' vero, le metafore del film sono didascaliche, qualche volta naif come gli acquarelli
appesi in casa di Girasole (anche i nomi dei personaggi sono simbolici in modo
elementare). Ma considerato che il regista, Silvio Soldini, è lo stesso di L'aria serena
dell'Ovest, un film algido, cerebrale e "difficile" che raccontava un'Italia
senza spazio per fiori e fisarmoniche, è evidente che la semplicità e l'immediatezza,
per non parlare dell'iconografia "italiana" (si ricordi che Soldini è di
nazionalità svizzera) sono scelte registiche intenzionali, non carenze creative.
E non mi sembra che queste scelte siano state operate in modo demagogico o piacione, ma in
modo divulgativo. Ecco un'altra novità per il cinema italiano: un regista
"impegnato" (per usare un termine datato) che non si vergogna di cercare
l'approvazione del pubblico, senza per questo girare un film "alla Pieraccioni",
senza abbassare la vicenda al minimo comun denominatore (o alla battura da osteria), ma
rendendola, questo sì, immediatamente comprenisibile, cioé accessibile, a tutti.
Rimane il suo interrogativo, Bordini, che mi pare più che valido e legittimo: Pane e
tulipani ha sbaragliato pubblico e critica perché era un film eccezionale, o perché era
circondato da un tale vuoto artistico e commerciale da emergere, per così dire, per
difetto? Naturalmente ho la mia opinione al proposito, ma preferire girare il quesito ai
lettori.
Ci tengo però a dire la mia almeno su un punto: non mi pare che solo film americani come
"Magnolia" o "Happiness" (non cito "Amici e vicini" o
"American Psycho" perché mi sono sembrati proprio brutti, e il primo una
delusione, dopo il geniale "Nella società degli uomini"), "cercano di
interrogarsi sulla condizione umana". Lo stesso Pane e tulipani, ad esempio, si pone
almeno una domanda così: siamo pronti per una donna come Rosalba?
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