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Putin: cari italiani, vi spiego chi sono

Maurizio Molinari

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Questo articolo è apparso su la Stampa del 7 giugno

Nove di mattina al Grand Hotel, ora St. Regis, attorno ad tavolo sono seduti i direttori dei principali quotidiani e dei telegiornali italiani. Il Capo del Cremlino, Vladimir Putin, vestito in abito scuro, entra, stringe la mano a tutti. Il saluto che sceglie non è nè in russo nè in italiano ma un molto inglese «Nice to meet you» (piacere di conoscerla). Occhi chiarissimi, uno sguardo di ghiaccio che percorre, rapidissimo, il perimetro della sala, Putin si mette seduto. Fa capire di essere pronto a rispondere ad ogni domanda e per rompere il ghiaccio incomincia con una battuta politically correct: «Siete tutti uomini, è un’ingiustizia che nella dirigenza della stampa italiana non ci siano donne».

La prima riflessione è sull’Italia, il paese europeo che ha scelto come meta del suo primo viaggio all’estero dopo l’insediamento al Cremlino: «Ho incontrato il presidente della Repubblica ed il presidente del Consiglio, con loro si è instaurata subito l’atmosfera che c’è fra chi si conosce da sempre, i rapporti con l’Italia sono ottimi, ci siete stati vicini in momenti importanti sulla scena internazionale e attribuiamo un’importanza cruciale ai rapporti bilaterali a livello economico». Sul business Putin è molto esplicito nel chiedere investimenti e fiducia: «La Duma ha ratificato l’accordo italo-russo Blue Stream sul gas che può essere ora d’esempio per ciò che possiamo fare assieme in altri settori dell’industria, come quella spaziale o militare. Nella finanza è invece corso una trattativa fra la Vnesheconombank e Mediobanca».

Il terzo capitolo bilaterale, ma non l’ultimo per importanza come dimostrerà poche ore dopo l’omaggio al poeta Pushkin, è quello della cultura: «Stiamo mettendo a punto una mostra per i 500 anni dei nostri rapporti culturali» annuncia, rivelando anche di aver invitato Carlo Azeglio Ciampi. «Spero verrà a Mosca quest’autunno». Chiusa la pagina dei rapporti bilaterali, Putin è pronto per le domande sugli argomenti caldi. La prima è sul dopoguerra nei Balcani e sul sostegno di Mosca alla Jugoslavia di Slobodan Milosevic. «Vogliamo fare chiarezza sullo scenario dei Balcani - assicura - ma per fare qualcosa di buono per la Jugoslavia dobbiamo innanzitutto porre fine all’insolamento ed alle sanzioni contro Belgrado. Milosevic piaccia o no - anche noi abbiamo avuto problemi con lui - è stato eletto democraticamente da tutto il suo popolo. Tentare di destituirlo aumenta la sua popolarità in patria, non la diminuisce».

Il giudizio sull’operato dell’Occidente nei Balcani è sferzante: «Sono stati commessi errori gravi nella gestione dei rapporti con la Jugoslavia, pensare ad esempio a cosa sta avvenendo sugli accordi di Dayton sulla pace in Bosnia, quelle intese sono state firmate e garantite anche dalla Jugoslavia ma attualmente quel processo negoziale prosegue senza interpellare più Belgrado». «Ci sono altre questioni che non favoriscono la gestione del problema Balcani» aggiunge, prima di un nuovo riconoscimento all’Italia: «Aspiriamo entrambi ad una soluzione pacifica del problema della Jugoslavia, sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Il Capo del Cremlino si mostra affabile ma concreto, chiede a più riprese ai direttori di «far sapere come la pensiamo in Russia» su ogni tema.

Anche sulla decisione di non riconfermare al Papa l’invito a visitare la Russia che gli era stato già rivolto dai suoi predecessori Mikhail Gorbaciov e Boris Eltsin. I paragoni con il passato non gli piacciono: «Si possono riconfermare solo le cose già avvenute e per quanto riguarda Eltsin e Gorbaciov sono degli ex presidenti». Sull’incontro in Vaticano si dice soddisfatto «sia per come si è svolto che per i suoi risultati, perché è stato un colloquio molto sostanzioso, franco, di grande fiducia. I rapporti fra Russia e Santa Sede si stanno sviluppando con successo. Alcuni anni fa abbiamo riallacciato i rapporti e sono determinato a rafforzarli». «Ma non bisogna commettere errori - avverte - nè cacciarsi in vicoli ciechi».

Sul mancato invito il suo racconto è ricco di particolari: «La questione dell’invito del Papa in Russia non riguarda i rapporti fra noi e la Santa Sede perchè è in atto una discussione fra Chiesa Ortodossa e Santa Sede. Sua Santità vorrebbe effettuare questa visita solo dopo la conclusione della discussione fra la Santa Sede e la Chiesa Ortodossa. Ma noi non abbiamo intenzione di imporre un diktat alla Chiesa Ortodossa. Chiesa e Stato in Russia sono separati. Se facessi qualcosa di questo genere rovinerei qualsiasi cosa di positivo finora realizzato». Putin parla fuori dai denti, è il presidente della Russia ma si presenta come il garante dell’autonomia della Chiesa Ortodossa: «Potete immaginare una visita del Papa a Mosca senza un suo incontro con il patriarca ortodosso Alessio II? Sarebbe controproducente. Ciò che conta è non rallentare il processo in corso».

Ma perché la Chiesa ortodossa ha timore della visita di Giovanni Paolo II? «Non sono un grande esperto in materia, vi dico le mie opinioni personali. La Chiesa ortodossa è stata molto indebolita durante il comunismo. Era l’unica forma di opposizione legale permessa in Unione Sovietica. Ha sofferto molto per questo. La sua base materiale è stata minata. Ha subito molte ingiustizie ed ha avuto molte vittime. Ci sono stati dei casi, nei primi anni che seguirono la Rivoluzione d’Ottobre, in cui in una sola notte sono stati affogati nell’acqua ghiacciata del Don ventimila monaci. Ritenendosi indebolita la Chiesa Ortodossa si sente impreparata ad una concorrenza con la Chiesa cattolica». Sembra quasi di ascoltare Alessio II. Poi il tono ritorna più distaccato: «La Russia comunque è interessata a che i contenziosi fra la Santa Sede e la Chiesa Ortodossa siano risolti perché non vogliamo che questi siano un ostacolo nei rapporti fra la Russia e la Comunità Internazionale, cercheremo di contribuire con spirito propositivo in ogni modo».

E’ il momento di parlare di quel che può fare la Russia per garantire gli investimenti stranieri e contrastare le pressioni della criminalità organizzata, la mafia russa. Putin non batte ciglio. «Non sospettavo neppure che esistesse il termine mafia russa. Che io sappia mafia è un termine italiano. Il problema chiave è come creare le condizioni per gli investimenti, non solo per gli investitori stranieri ma per gli investitori in genere. Nella moderna storia economica di qualsiasi paese i primi investimenti esteri provengono da capitali esportati illegalmente che tornano indietro.

Bisogna avviare serie riforme per garantire le condizioni migliori, l’azione dello Stato deve essere efficace ed il problema è molto urgente. Lo Stato deve garantire regole uguali osservate da tutti. Per questo sono stati creati sette nuovi distretti federali». Sull’analisi dei problemi da risolvere non ha incertezze: «Il proprietario non ha garanzia che i suoi diritti vengano rispettati ed abbiamo presentato dei progetti alla Duma in proposito. Un altro problema è il miglioramento del regime fiscale, la trasparenza nella gesione delle casse. Per aumentare la sorveglianza della polizia nel settore doganale serve tutta una serie di misure contro la corruzione. Organismi di polizia fiscale, lotta al crimine organizzato, legge contro il riciclclaggio di denaro sporco, iniziativa in campo internazionale».

La tavola rotonda al St. Regis sta volgendo al termine quando per Putin arriva l’unica domanda che sembra metterlo sulla difensiva. Se teoricamente la Russia facesse parte dell’Unione Europea lei sarebbe più vicino ai conservatori o ai progressisti e applicherebbe le regole più dure del capitalismo selvaggio o preferirebbe un economia con elementi di socialismo? «Mi è molto difficile rispondere a questa domanda anche perché la risposta verrà riportata dai mezzi di informazione russi - ammette - ma devo essere sincero. Le mie simpatie stanno dalla parte dei conservatori». Una breve pausa e quindi Putin tratteggia la propria idea di conservatorismo. «Non viviamo in una situazione di vacuità, dobbiamo basarci sui dati della realtà. L’economia russa deve essere guarita. Non vogliamo che la medicina sia peggiore della malattia. Gli ideali conservatori sono più efficaci di una super-socializzazione dell’economia anche se rimango convinto che lo Stato deve garantire la difesa dei ceti che più necessitano di appoggio».

La critica delle politiche socialiste è senza appello: «In Russia negli ultimi 10 anni, nel nostro Parlamento, molti partiti di sinistra hanno fatto di tutto per imporre leggi socialmente orientate che però non potevano essere realizzate. Il risultato oggi è che ci sono molte leggi e molti atti legislativi che stabiliscono impegni che lo Stato non è in grado di rispettare. Lo Stato non può far fronte ai costi di queste leggi e ciò infonde sfiducia da parte della popolazione nei confronti dello Stato. La gente percepisce tutto ciò che è stato adottato sul piano sociale come irrealistico e quindi non crede che lo Stato faccia qualcosa in favore delle categorie più bisognose. Ma proprio perché adesso la dirigenza politica gode di una certa fiducia, bisogna agire. Il costo degli errori passati sarà molto alto. Ma non possiamo permetterci che la sfiducia continui».

Per far intendere cosa ha in mente per scuotere la Russia Putin fa due esempi. Primo: «I nostri ufficiali godono del diritto di un viaggio gratuito sui mezzi di trasporto che dovrebbe essere pagato da organi federali che lo caricano sul bilancio statale. Ma poichè il bilancio pubblico non lo prevede, il biglietto non lo paga nessuno. Ci sono due soluzioni: o fare in modo che i viaggi continuino ad essere gratuiti per gli ufficiali, ma questo non risolve il problema perchè adesso le compagnie di trasporto sono private; oppure pagare gli ufficiali in modo che se viaggiano possano pagarsi il biglietto. La prima soluzione è di tipo socialista, la seconda è di tipo conservatore e mi sembra più efficace». Secondo esempio: «La proprietà edilizia è dello Stato, che copre il 50 per cento, offre ai cittadini l’altro 50 per cento ed in più paga le manutenzioni. Ma il risultato è che le imprese statali di manutenzioni ricevono i soldi senza poi fare i lavori necessari. Anche questa è una soluzione di tipo socialista. Noi invece vogliamo arrivare a fare in modo che lo Stato dia i soldi delle manutenzioni direttamente ai condomini, che potranno scegliere a chi farle fare».

«L’obiettivo finale è che la gente stia meglio - conclude il capo del Cremlino - sia più ricca e più benestante. Vogliamo andare avanti su questa strada per ricostruire la fiducia fra base del paese e autorità». Finisce con queste parole un incontro durato 90 minuti durante i quali Putin non si è mai tirato indietro, esponendosi più del previsto con il chiaro obiettivo di far breccia nel pubblico italiano pensando ad un nuovo rapporto con l’Europa. Prima di andare via il piccolo ed elegante zar si ferma a firmare il libro d’onore dell’hotel: «E’ stata un’ospitalità eccellente».


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