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Sezioni collaterali: tutte le novità

Leonardo Gandini



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Sezioni collaterali: tutte le novità

 

Le sezioni collaterali del festival di Cannes sono quelle che permettono davvero di tastare il polso alla nuova produzione internazionale : al di là dei grandi nomi e dei film di richiamo che popolano il concorso, è possibile infatti trovare qui cinematografie, titoli e autori meno affermati, ma ugualmente interessanti, che non di rado propongono linguaggi e argomenti singolari quanto affascinanti.

Anche in quest'ambito, come del resto nella sezione competitiva, il cinema dell'Estremo Oriente sta quest'anno facendo la parte del leone. Storie ordinarie, spesso condotte sul filo di un minimalismo estremo, che riescono pero' nell'impresa di far emergere gradualmente le incertezze e le angosce dei personaggi, la loro difficoltà a fare i conti col mondo che li circonda. Jackie, opera prima codiretta dall'olandese Brat Ljatifi e dal cinese Fow Pyng Hu, racconta ad esempio la storia di un ragazzo cinese che vive in Olanda insieme alla madre. Una fidanzata, un lavoro umile ma soddisfacente (vende bibite e biscotti sui treni) sembrano sufficienti a riempire la sua quotidianità, finché alla madre non viene in mente di organizzare per lui un matrimonio per corrispondenza, con una ragazza che arriva direttamente dalla Cina. Il film si addentra nella descrizione di due diversi tipi di conflitto - l'uno generazionale, l'altro culturale - senza tuttavia scivolare mai nel melodramma, o nella contrapposizione stereotipata: con grande sobrietà stilistica, i due esordienti alla regia ritraggono con precisione e acutezza le lacerazioni che attraversano un mondo dove le tradizioni non hanno più, sulle giovani generazioni, alcuna presa.

Anche Nichiyobi wa owaranai («Una domenica incompiuta»), opera seconda del giapponese Yoichiro Takahashi, ha per protagonista un adolescente, Kazuya, costretto a subire le decisioni familiari: il padre, dirigente nella compagnia nella quale lavora, lo licenzia; la madre decide di risposarsi, e fa in modo che il figlio vada a vivere altrove. Lo smarrimento di Kazuia viene raccontato quasi senza dialogo, ma in compenso con una rigorosa e precisa descrizione dei suoi vagabondaggi per la città, dei suoi muti e malinconici tentativi di rimettere a fuoco la propria esistenza, senza peraltro riuscirvi. Un cinema, quello delle nuove leve orientali, che procede per frammenti narrativi, per accumulazione progressiva di situazioni in apparenza insignificanti, che invece riescono, a poco a poco, a mettere a fuoco una condizione di malessere interiore, di inquietudine.

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Nelle sezioni non competitive trovano anche posto generi che non hanno modo di essere ammessi in concorso, come ad esempio il documentario. Downtown 81, di Edo Bertoglio, è un reportage, girato appunto nel 1981, che ha per protagonista il celebre pittore e graffitista Jean-Michel Basquiat, scomparso sette anni dopo. La scelta di raccontare una giornata qualunque dell'artista si tramuta in un'eccellente occasione per descrivere la comunità underground di New York, in primo luogo pittori e musicisti, perennemente in bilico tra problemi quotidiani e momenti creativi. Vediamo lo stesso Basquiat impegnato - tra una composizione e l'altra, a colpi di bomboletta spray, sui muri di New York - a vendere un quadro, per ricavarne la somma necessaria a pagare l'affitto del proprio appartamento. Un reportage prezioso, quello di Bertoglio, colorita testimonianza di un momento in cui la metropoli americana stava vivendo una stagione di grande fermento culturale.

Al modello formale del documentario fa riferimento anche Griffin Dunne (qualcuno lo ricorderà protagonista di Fuori orario di Scorsese), nel suo Famous, un falso reportage su un'attrice in ascesa, allo scopo di carpirne, attraverso un'osservazione minuziosa della vita quotidiana, i segreti che portano al successo. L'obiettivo indiscreto di Dunne finisce invece per rivelare tutt'altra verita': la protagonista non e' poi cosi' in ascesa come sembra, le sue scene in un film televisivo da prima serata vengono tagliate all'ultimo momento, l'agenzia pubblicitaria che l'ha convocata opta per un'altra interprete. Per contro, l'amico omosessuale dalle velleitarie ambizioni teatrali si trova improvvisamente, grazie ad un monologo messo in scena off-Broadway, al centro dell'attenzione di grandi star (Charlie Sheen e Spike Lee, che interpretano se stessi). Con grande ironia, Dunne racconta i traumi e le nevrosi dello show-business, visto dalla parte di chi prova disperatamente a salire almeno qualche gradino della scala che porta alla popolarita'.

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Sempre al mondo dello spettacolo, nello specifico al cinema muto, e' dedicato un altro film americano, Shadow of the Vampire, dell'esordiente Elias Merhige. La storia ruota intorno alla lavorazione di uno dei classici del cinema horror, il Nosferatu girato dal cineasta tedesco Friedrich Wilhelm Murnau nel 1921. Nella prima parte, seguiamo le varie fasi di lavorazione del film, al quale l'opera prima di Merhige pare voler rendere omaggio. Poi pero', in maniera del tutto inaspettata, il film prende un'altra strada, quella di una ricostruzione libera, volutamente arbitraria e inattendibile: si immagina infatti che Murnau abbia ingaggiato, per la parte di Nosferatu, un vero vampiro, e che questi, durante le riprese delle scene conclusive, non esiti a compiere realmente le azioni sanguinarie previste dal copione. Shadow of the Vampire rappresenta soprattutto un'occasione di divertimento ed esibizionismo per i due interpreti principali, John Malkovich (Murnau) e Willem Dafoe (il vampiro), capaci di reggere con disinvoltura sia il gioco delle citazioni che le note grottesche su cui si reggono le sequenze finali.

Tra i film meno accreditati in partenza, che hanno riscosso successivamente i maggiori consensi e le maggiori attenzioni dei distributori, va citato poi Amores Perros ("Amori e Cani"), opera prima del messicano Gonzalez Inarritu. Il quale ambienta a Citta' Del Messico tre storie differenti, cui fa da collante il passaggio e la presenza, in ognuna, dei personaggi che si trovano al centro delle altre due. La prima si svolge nei quartieri bassi della citta', e ruota intorno ad un manipolo di disperati che prova ad arricchirsi allevando cani da combattimento. La seconda ha per protagonista una giovane ed avvenente modella che, a causa di un incidente stradale, vede improvvisamente colare a picco la propria carriera. La terza e' incentrata su un ex - terrorista che si e' riciclato come killer su commissione. Non tutte le tre storie sono sul medesimo livello, poiche' la seconda spicca sulle altre per originalita' e intensita' drammatica: tuttavia, l'esordiente Gonzalez Inarritu da' prova, dal primo all'ultimo minuto, di un talento narrativo non comune, e di una certa acutezza nella descrizione di una vasta galleria di personaggi. Amores Perros e' stato acquistato anche da un distributore italiano: lo vedremo dunque, la prossima stagione, sui nostri schermi.



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