Pedofili, hacker, e videodipendenti
Marco Strano con Stefania Divertito
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Lui si chiama Jack, ha vent'anni. Lei è Luisa, dodici anni. La
conversazione avviene in una chat, una di quelle in cui è facile entrare. E subito
l'argomento diventa il sesso. "Ti masturbi?", chiede Jack. "Qualche
volta", azzarda timidamente la bambina.
L'approccio è scattato, come un gancio virtuale. Solo che Luisa è una cyber adescatrice
per cyber pedofili, e dietro il suo nickname si nasconde un cyber criminologo, che
prima di mettere in scena il personaggio "bambina timida non troppo aperta alle
tematiche sessuali", ha studiato i minori per poter meglio agganciare e analizzare i
pedofili in Rete.
Marco Strano è ricercatore presso l'Istituto di Psichiatria e psicologia dell'Università
Cattolica di Roma ed è research manager di un team formato da più di quaranta
persone. Criminologi, informatici, psicologi, avvocati, medici, giuristi. L'argomento di
studio è il computer crime, il crimine informatico, e il gruppo di ricerca è il più
avanzato d'Italia e uno dei più specializzati d'Europa.
Pedofilia ma non solo. Hacker, crimini aziendali, sette sataniche, riciclaggio di denaro
sporco: sono molte le figure criminali descritte nel sito gestito dal team
(www.criminologia.org), messe a nudo nello studio-laboratorio a due passi da piazza
Bologna a Roma e analizzate nel corso di convegni tenuti in tutta Italia, come quello che
ha avuto luogo giovedì 27 aprile nella capitale, presso la biblioteca del Cnel a Villa
Borghese. "Incontrarci, periodicamente, con quanti sono interessati alle tematiche
trattate è l'unico modo per diffondere i risultati dei nostri studi", dice Strano. E
dall'ultimo convegno sono emersi dati assai curiosi: "Usare i videogiochi, ad
esempio, è la prima tipologia di crimine aziendale".

Ma quanto potrà mai essere danneggiata un'azienda da un innocente giocatore solitario?
"Più di quanto si creda. E non solo in termini di tempo sottratto al lavoro. Si
pensi ai virus introdotti con floppy disk e giochi scaricati da Internet, ai software
danneggiati. Occorrerebbe creare un osservatorio per quantificare il fenomeno, che già
esiste in America ".
A quanto ammonterebbero i danni?
"E' difficile da determinare con precisione, anche perché gli impiegati non
percepiscono il loro comportamento come illegale, ma sicuramente si tratta di diversi
miliardi di lire. E poi, sempre per quanto riguarda le aziende, c'è il furto di
informazioni, di procedure aziendali segrete, di liste di clienti e degli stessi pc
portatili. Il fenomeno è così vasto che anche in Italia molte aziende hanno ritirato i
portatili ai loro impiegati".
Come è strutturato il vostro lavoro?
"Siamo suddivisi per aree di studio: dalle sette sataniche, ai cyber pedofili, agli
hacker. Tutte forme criminali emergenti che crediamo si svilupperanno ulteriormente nei
prossimi anni.
Come avviene generalmente l'aggancio con i criminali? Partite da osservazioni dirette?
"Sì, attraverso le chat. Così abbiamo individuato pedofili e hacker".
Che caratteristiche hanno i pirati informatici?
"Per ora possiamo dare solo qualche indicazione generica: tendono a costruirsi un
mondo culturale tutto loro, spesso si isolano. In genere si tratta di adolescenti, tra i
14 e i 15 anni. E la loro straordinaria capacità informatica serve per interagire con il
mondo degli adulti dimostrando di contare qualcosa".

Ma un hacker racconta volentieri e senza timore la sua esperienza?
"Certamente no. Per questo abbiamo messo a punto delle tecniche di aggancio,
degli strumenti psicologici specifici che fanno scattare l'interazione".
E con i pedofili come funziona?
"Innanzitutto il pedofilo cerca di entrare in contatto con la bambina virtuale.
Inizialmente scopre che gli interessa la Formula uno, se quest'argomento piace anche alla
bambina, e che condivide molti gusti della cyber adescatrice. Piano piano il discorso si
sposta su tematiche sessuali. Spesso chiedono di parlarne e basta, ma a volte spingono il
bambino alla masturbazione".
Chiedono mai di incontrare la preda?
"Sì, a volte è capitato che diano degli appuntamenti"
In quel caso avrete sporto denuncia alle forze dell'ordine
"Non è semplice come sembra. In Italia la legislazione non consente libere forme di
collaborazione tra i criminologi e la polizia o i carabinieri. Esistono degli albi presso
i tribunali ai quali il giudice durante un processo attinge per avere la consulenza di un
criminologo. Ma durante la fase investigativa generalmente le forze dell'ordine si
avvalgono dei loro consulenti".
Ma in caso di un appuntamento vi trovate di fronte a un pedofilo in carne e ossa pronto
ad abusare di una bambina
la denuncia dovrebbe essere automatica.
"Certo, ma a quel punto bisogna coglierlo sul fatto. Dovremmo usare davvero una
bambina per farlo sbilanciare? Se mandiamo un agente di polizia, lui direbbe, nella
maggior parte dei casi, che aveva capito che si trattava di un appuntamento finto e che
era lì solo per curiosità".
Che potere ha dunque un criminologo in Italia?
"Siamo lontanissimi dal modello americano. Dimentichiamo la Jodie Foster del Silenzio
degli innocenti. Il nostro stesso percorso formativo è confuso. La legge dice che bisogna
avere titoli ed esperienza, ci sono delle scuole, alcune private e altre statali, ma i
titoli necessari per esercitare restano poco definiti. Occorrerebbe una riforma organica.
Soprattutto perché da noi le forze dell'ordine non hanno la tradizione di utilizzare la
nostra figura professionale. Però, perché si sviluppi questa tradizione, occorre
innanzitutto prevedere un organico processo formativo, che attualmente non esiste".
Link:
www.criminologia.org
www.rm.unicatt.it
www.technews.it
www.apogeonline.com/catalogo/646.html
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