L'Europa alla riscossa
Valentina Furlanetto
Articoli collegati
L'Europa alla riscossa
Pedofili, hacker, e videodipendenti
Segnalazione/Il sito della polizia
Segnalazione/Il virus I love you
Hackers e crackers, pedofili e adescatori di bambini che utilizzano la
Rete, falsificatori di banche dati e pirati musicali. Il crimine si evolve. Legislatori e
polizie del mondo si aggiornano. Con la stessa velocità con cui la Rete diventa un media
popolare crescono anche le tecniche per violare la legge con e attraverso il Web. Così,
negli Stati Uniti prima e da noi di recente, si discute su come contrastare i cyber
crimini, quelli cioè perpetrati all'interno dello spazio virtuale.
Da una parte si tratta di crimini che esistevano prima dell'avvento di Internet, ma che
con la Rete hanno una più facile diffusione, come l'adescamento dei bambini o la
pubblicazione di materiale pornografico sui minori. Dall'altra attraverso la Rete nascono
e si diffondono crimini nuovi, come l'e-mail bombing, cioè il bombardamento di e-mail per
intasare i siti di organizzazioni ufficiali, il pirataggio di software oppure di file
musicali in formato Mp3, i problemi legati al commercio elettronico e la violazione di
documenti e banche dati di siti ufficiali da parte di pirati informatici. Un elenco dei
crimini informatici più diffusi si può trovare al sito Digital Century mentre
un'esaustiva definizione di cosa si intende con computer-crime si può trovare al sito United Nations Manual on the
Prevention and Control of Computer-Related Crime .
Alcuni di questi crimini sono molto diffusi. E' il caso della vendita di software pirata:
stando all'associazione U.S. Software Publishers
Association ogni anno in America viene copiata illegalmente una quantità di
software del valore di 7.5 miliardi di dollari. Secondo l'U.S. Secret Service, invece, si
aggirerebbe attorno al mezzo miliardo di dollari l'ammontare delle truffe attraverso il
furto da database online dei numeri di carte di credito di chi si affida al commercio
elettronico.
Altri lo stanno diventando, come il pirataggio informatico. Fra i casi più recenti quello
del quindicenne di Montreal, detto "Mafiaboy", che in febbraio aveva messo in
ginocchio numerose multinazionali del Web inviando milioni di messaggi di servizio da vari
computer (controllati da una mano ignota) verso i loro siti. E' stato arrestato, multato e
poi rilasciato perché minore, ma rischia comunque di farsi qualche anno in riformatorio
visto che per questa "bravata" Yahoo!, CNN, Ebay, ZD Net, Etrade avevano perso
decine di milioni di dollari. E' stato tratto in inganno dalla sua stessa vanità che lo
ha spinto a gloriarsi dei suoi exploit nelle chat frequentate dagli hacker ed è stato
così contattato dalla Polizia Canadese.

In America esistono già organismi creati per la lotta al crimine informatico, come lo U.S. Department of Justice
Computer Crime and Intellectual Property Section , che si occupa di contrastare gli
attacchi dei pirati informatici e che fornisce indicazioni su come denunciare frodi o
crimini attuati attraverso Internet . O come la Web
Policy, agenzia governativa di lotta al crimine sul Web.
Se il dibattito negli Stati Uniti è ormai in fase avanzata, in Europa, e soprattutto in
Italia dove Internet si sta solo ora diffondendo, si è appena iniziato a discuterne. Ma
se finora era considerata la parte debole della lotta al cyber-crimine, il vecchio
continente ha negli ultimi giorni rialzanto la testa.
E pensare che solo qualche settimana fa, alla conferenza dedicata all'Internet Regulation
presso l'Università di
Washington , il segretario del Dipartimento di consulenza giuridica della Commissione
europea Richard Swetenham era apparso sfuggente, affermando che "non è compito della
Commissione europea indicare quali debbano essere le protezioni da adottare nella lotta ai
pedofili su Internet. Ogni paese ha le sue regole in materia ed è compito dei genitori e
delle famiglie decidere quale debba essere il metodo da usare per proteggere i propri
figli dai rischi di incappare in siti pedofili".
Ancora a proposito di pedofili, nel marzo scorso, il Parlamento Europeo, in un controverso
pronunciamento nel corso della relazione annuale sui diritti umani, all'articolo 45
invitava i paesi dell'Unione a "non incarcerare se non in ultima istanza coloro che
abusano di minori'' (per il testo completo vedi il sito del Parlamento Europeo: www.europarl.eu.int ). Posizioni come queste hanno
sollevato più di una critica oltreoceano, dove proprio alla fine di aprile è stato
invece firmato il primo testo di regole per la protezione dei navigatori sotto i 13 anni,
il Children Online Privacy Protecting Act
.
In questi giorni invece il Consiglio
d'Europa ha sorpreso tutti rendendo pubblico un primo progetto di convenzione
internazionale sui crimini informatici . Il testo ha il compito di armonizzare le
legislazioni nazionali dei paesi membri del Consiglio in materia di crimini informatici,
di facilitare le inchieste e di permettere una cooperazione efficace tra i diversi paesi.
Il progetto, che oltre ai 41 paesi europei coinvolge anche Canada, Giappone e Sud Africa,
prende in considerazione tutti i cyber-crimini e incoraggia gli stati membri ad adottare
gli stessi metodi di inchiesta per facilitare la collaborazione fra stati e per evitare
che le frontiere diventino una protezione per i criminali informatici, che possono
disperdere le prove della loro colpevolezza attraverso computer diversi nel mondo.
In questi mesi di "rodaggio" del testo le imprese e le associazioni dei paesi
membri potranno far pervenire i loro commenti al gruppo incaricato della redazione del
trattato, la cui stesura terminerà nel dicembre 2000. Ma l'iniziativa ha già sollevato
qualche perplessità da parte della comunità virtuale. Infatti uno degli strumenti che
sarà utilizzato per combattere i crimini informatici è la "perquisizione
informatica a distanza": una serie di tecnologie e procedure di controllo che
dovrebbero consentire alle polizie dei vari paesi di perquisire i computer di chi è sotto
inchiesta anche da lontano. Non sarebbe più insomma necessario sequestrare i computer per
controllare gli hard disk, anche se sono ancora tutti da definire gli strumenti per
assicurare alle forze dell'ordine questa facoltà.
Questo provvedimento, se indubbiamente rappresenta un passo avanti nella lotta ai
criminali informatici, fa storcere il naso a chi teme che le forze dell'ordine si sentano
autorizzate a violare la privacy dei navigatori. E proprio in questi stessi giorni anche
Londra ha presentato un progetto per combattere il crimine che ha sollevato non poche
polemiche fra le associazioni dei consumatori in difesa della libertà digitale. E' stata
annunciata infatti la creazione di un centro di sorveglianza informatica, il Government
Technical Assistance Center, che sarà attivo all'interno del quartier generale dei
servizi segreti britannici dalla fine dell'anno. Il centro potrà accedere "a scopo
investigativo" alle comunicazioni elettroniche, quindi alle e-mail, dei navigatori
sospettati di crimini informatici.
Un portavoce del governo inglese ha assicurato che il sistema è pensato esclusivamente
per combattere i cyber-crimini, tanto più che ogni intercettazione dovrà essere
autorizzata direttamente dal Ministero dell'Interno, ma ciò non ha rassicurato gli
inglesi ai quali comunque la possibilità che qualcuno spii la loro posta non va proprio
giù.
Articoli collegati
L'Europa alla riscossa
Pedofili, hacker, e videodipendenti
Segnalazione/Il sito della polizia
Segnalazione/Il virus I love you
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita' |