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I lettori scrivono
From: "Daniele Croppo" d.croppo@tiscalinet.it
To: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Subject: Magnolia, o la
tensione inversa
Date: Tue, 18 Apr 2000 12:37:37 +0200
Scopro oggi l'esistenza di questo sito che permette una reale interazione con i suoi
utenti, ed è il primo "ente pubblico" al quale posso sottoporre una mia visione
del secondo film di Paul Thomas Anderson. Credo che gli espedienti messi in atto dal
giovane regista per farci rimanere incollati alla sedia per tre ore non tolgano nulla ad
una effettiva consistenza drammatica del plot e della sua messa in scena. Come avviene in
alcuni casi letterari (Baricco ad esempio) si tende a scavare sotto gli aspetti formali
per dimostrare che l'opera in fondo è fatta solo di quelli! Ma spesso gli espedienti sono
il plasma attraverso il quale i globuli del significato viaggiano a velocità a volte
eccessive per noi.
Ecco quindi che un film effettivamente veloce, "americano" nel senso più
squisito del termine, riesce anche a far addormentare qualche pescatore in riva al fiume
con la canna in mano, incurante dei piccoli e veloci pesci che ogni tanto vengono a
strattonare l'amo. Quanti dei miei amici non si sono accorti del cartello che passa nello
studio televisivo all'inizio di WHAT DOES KIDS KNOW? che indica a noi seduti al cinema un
passo preciso dell'Esodo. Tornando a casa e consultandolo avrebbero meglio compreso il
filo di redenzione che lega tutti i personaggi del film nel più drammatico degli aspetti
psicoanalitici di questo secolo: l'omicidio del padre. Un filo che lega l'infanzia di Tom
Cruise tradita dal padre che produce (particolare sfuggito ai più anch'esso) da anni uno
spettacolo che sfrutta e tradisce bambini che rimangono traditi a vita, presentato da un
uomo che sfrutta e tradisce l'infanzia della propria figlia rimasta tradita a vita
(quest'uomo non è il clone di Jason Robards è semplicemente un suo dipendente)
Ma questo tradimento che cova e nutre il desiderio e allo stesso tempo l'incapacità di
uccidere il proprio padre (tranne che per il piccolo bambino nero, angelo senza coscienza
all'interno del film) ha un esplosione imprevista che forse spiazza chiunque si aspetti un
finale catartico o in qualche modo giustiziero. Perché se la citazioni non sono fini a
sé stesse e se nell'Esodo le rane cadono su un popolo schiavo per liberarlo da un
faraone, ci rimane solo da concludere la metafora e capire qui chi è Dio, chi é il
Faraone, e chi viene liberato. E come.
In un certo senso il dramma di Magnolia non è inconsistente, ma semplice, proprio perché
ci appartiene nella sua tragicità. A questo punto tutta la bravura formale del regista
non è affatto ridondante e ci accorgiamo anzi che è fondata la nostra sensazione quando
alla comparsa del cartello INTERVALLO ci agitiamo sulla poltrona e pensiamo
"Ancora!!". Non perchè abbiamo capito poco il film, ma perchè Anderson ha
realizzato un primo tempo con il classico andamento di un finale smaccatamente
Hollywoodiano (decisamente diverso da Altman, per scomodare il quale non basta dire che
questo è un film corale).
Se Anderson cita qualcuno è proprio se stesso nel modo in cui concludeva BOOGIE NIGHTS, i
personaggi non sono affatto spiegati, bensì rappresentati, la colonna sonora è per tutto
il primo tempo incessante e crescente, e tutto questo crea una tensione che è di norma
preludio a un finale. Invece no: qui è semplicemente preludio al secondo tempo. Zona
franca in cui tutto è quieto e raccontato con calma, in cui la camera è molto meno
vorticosa e scompaiono i piani sequenza della prima parte, in cui finalmente i personaggi
vengono anche (un pò) spiegati. In cui chiare appaiono le catene in cui tutti sono legati
stretti e ci si aspetta qualcosa che tutti liberi in un modo o nell'altro...("[...]
qualcuno ha solo bisogno di essere perdonato")
P.S. Sempre per la necessità di andare al fondo delle citazioni, aggiungerei come scena
che rimane nel cuore, l'ingresso a sorpresa della CARMEN, che vola su poliziotto e
tossicodipendente nel momento in cui NON si innamorano, ma si struggono nel tentativo di
capire se convenga farlo...
Gabriele Croppo
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