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Perversioni sessuali


Massimo Reale e Luca Zingaretti con Antonia Anania

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Dan presenta Deb a Bernie che, prima di andare via, dice all’amico: “Quando lei sta a pancia in su e con le gambe in alto e sta venendo come un treno, ricordati: è una responsabilità”. 

 La battuta riassume efficacemente il messaggio di “Perversioni sessuali a Chicago” di David Mamet, in tournee teatrale fino al 28 Marzo, e attualmente al Teatro Parioli di Roma, per la regia di Marcello Cotugno e la traduzione di Margherita D’Amico. Atto unico dal titolo eloquente: per un'ora e venti minuti si parla di sesso e di eros, in quasi tutti i toni e le forme possibili. Raccontando anche delle perversioni del re Faruk, del vecchio maniaco che tocca i bambini al cinema, delle mogli che diventano streghe e dei biscotti che diventano coccole.

 I quattro personaggi della pièce intrecciano le loro storie tra conversazioni più o meno esplicite, momenti d’umorismo, varie incomprensioni, scene di solitudine, di infelicità, di gelosia, di litigi, di letto. Lo sfondo è Chicago ma potrebbe essere qualsiasi altra città statunitense; l’atmosfera genericamente americana è resa dalla colonna sonora e dagli ambienti di scena: bar per single, discoteche, uffici governativi, spiagge e appartamenti vari.

 Deb-Valentina Cervi è un’illustratrice pubblicitaria che, dopo aver avuto piacevoli esperienze omosessuali, inizia e finisce una storia di sesso e di confuso amore con Dan, interpretato da Massimo Reale. L’attore spiega di aver costruito il suo personaggio “lavorando sul comportamento infinitamente adolescenziale che c’è nei maschi in genere, i quali anche oltre i trent’anni continuano ad essere dei cazzoni. Dan ha una grande sensibilità e di fronte a una donna come Deb rimane stupito ma si rende conto che è incapace di relazionarsi con lei e alla fine diventa più Bernie di Bernie, del quale assorbe tutte le cattive abitudini e le disperazioni”.

 Bernie è l’amico di Dan, il collega di lavoro, quello apparentemente più duro, più forte, più sicuro di sé e dei rapporti con le donne, e ha il volto di Luca Zingaretti, famoso Commissario Montalbano della fiction televisiva tratta dalle storie di Andrea Camilleri.Il personaggio, sia da lucido che da sbronzo, è sempre a caccia di donne e ha il chiodo fisso di fare sesso: su richiesta di Dan, narra continuamente di approcci, strani menage e ‘belliche’ prestazioni. Luca Zingaretti lo racconta così: “Un personaggio che parla e ancora parla di sesso ma che alla fine ne fa poco e male; è come quei ragazzini che quando hanno un giocattolo in mano sono curiosi e lo sfasciano pur di vedere che c’è dentro…non è misogino, è solo un povero coglione, io proverei tenerezza per lui”. 

 Infine Joan, interpretata da Francesca Brizzolara, è l’amica e coinquilina di Deb, una maestra d’asilo nevrotica e lesbica, ma solo di testa, nel senso che non riesce a lasciarsi andare con gli uomini ma alla fine non lo fa neppure con le donne.

 Nel corso dello spettacolo, si gioca con le parole. Quelle del sesso si pronunciano con più facilità tanto che Deb e Joan, da un lato, Bernie e Dan dall’altro, non hanno problemi a raccontare del loro modo, anche problematico, di gestire le proprie avventure erotiche. Poi ci sono le parole, poche, dei sentimenti, quelle che invece si dicono con più difficoltà: “Mi piace fare l’amore con te!” “Io ti amo”. Attimi di silenzio. “Ti spaventa dirlo? Beh sono parole…. Non dovresti avere paura delle parole”.

 Ed è proprio con battute come questa che la storia tra Deb e Dan inizia ad incrinarsi: lei vorrebbe il cosiddetto salto di qualità, ma gli spettatori non lo capiscono fino in fondo così come non lo capisce Dan al quale basta questo rapporto di “né più né meno”. E allora giù, a litigarsi addosso, per lo shampoo o le calzamaglie, fino a sigillare definitivamente la fine della storia con il turpiloquio.

 “Se ci fai caso- racconta Luca Zingaretti- tutti e quattro i personaggi iniziano a parlare in un modo e finiscono in un altro. E sono quattro linguaggi completamente diversi, che non possono comunicare tra loro perché non c’è chiarezza”.

 Per fare chiarezza in questa rappresentazione di “Perversioni sessuali a Chicago” bisogna distinguere i vari elementi compositivi. Come base c’è il testo teatrale, scritto nel 1975, nell’America della rivoluzione sessuale. La traduzione di Margherita D’Amico sembrerebbe fedele alla scrittura di Mamet, ma forse lo è troppo o lo è in maniera troppo amplificata. “Tradurre roba americana -spiega Massimo Reale- è pressoché impossibile. Gli esperimenti linguistici perdono senso in italiano o ne acquistano più del dovuto. Per esempio per loro dire ‘fuck’ non ha la stessa valenza volgare che ha da noi. Lo dicono 90 volte e diventa un’interiezione, un’esclamazione, in Italia invece già dire "cazzo" tre volte è abbastanza, no? Poi c’è la società americana: non è facile restituire un mondo che non ci appartiene. Ci sono solo due possibilità: o transli e contestualizzi tutto oppure cerchi di mantenere l’ambiente americano e allora la cosa diventa più problematica. Il compromesso forse sta nell’aver creato personaggi che fossero i più universali possibili, fermo restando che non è possibile 'rendere' tutto.”  

Poi c'è la messinscena di Marcello Cotugno: “Il testo di Mamet –continua Massimo Reale- non vuole divertire, è ironico ma il suo scopo non è la risata, è forte e critico a seconda del taglio registico che viene dato. Marcello Cotugno ne ha voluto mettere in scena tutto il grottesco e tutta la disperazione.” A volte però, guardando questa messa in scena al Teatro Parioli, sembra che l’essenza del testo teatrale sia stata messa in secondo piano a favore di una comicità di facile presa, anche basata sulla tipizzazione eccessiva dei personaggi di spalla.

 “Perversioni”, come del resto l’intera produzione teatrale di Mamet, si basa sulla ricerca incessante della naturalezza delle conversazioni quotidiane, grazie a un’attenzione particolare al ritmo colloquiale: le parole si sovrappongono, si ripetono in forma d’interrogazione retorica, attraverso modi di dire comuni, tipici del parlato di tutti i giorni. La messinscena di Cotugno invece sembra sacrificare questa naturalezza, entro la quale la disperazione dei personaggi risulterebbe più incisiva.

 Poi  c'è la resa degli attori. Luca Zingaretti, che almeno una volta all’anno ritorna sul palcoscenico “perché è come ritornare a scuola”, diventa un prezioso primo della classe che dà pienamente vita a un Bernie rude, tronfiamente e ridicolamente maschio, aggressivo, geloso, un po’ invidioso, a volte contemplativo e fondamentalmente solo. Valentina Cervi cerca di dare naturalezza alla sua Deb, tra inquietudini e slanci. Massimo Reale rappresenta il giovane mai cresciuto, insicuro, alle prese con la play-station e la necessità tutta mentale d’amare qualcuno. Il ruolo di spalla datogli dal regista però lo ha “ingessato” e tipizzato all’eccesso. Lo stesso vale per Francesca Brizzolara, brava ma troppo irrigidita nel suo schema d’isterica ed emotiva. Tra i quattro s’insinuano poi degli interlocutori immaginari che il pubblico non sempre riesce a percepire.

 Alla fine dello spettacolo poniamo la stessa domanda prima a Reale, poi a Zingaretti: “Che cosa pensi che non si dica sul sesso in questo testo?”

Reale: “Penso che non si dica che qualche volta è anche legato all’amore!”

Zingaretti: “Non si dice un sacco di roba.  D'altra parte questo è un testo teatrale, non ha certo la presunzione di dire tutto!”

Date della tournee: dal 14 al 19 Marzo a Genova, il 21 e il 22 a Bolzano, il 23 e il 24 a Carrara, il 25 ad Osimo, il 27 a Chiaravalle ed infine il 28 a Senigallia.

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