Questo articolo è apparso sul N.4 di
Link - Idee per linnovazione.
I segnali sono sempre più frequenti e univoci: il mondo del porno sta uscendo dal
ghetto. La rappresentazione del sesso nei suoi aspetti più espliciti e meno ortodossi si
sta insinuando sempre più nel mainstream della comunicazione e della vita sociale.
L'esempio a noi più vicino potrebbe essere la mostra del cinema di Venezia che,
mettendo assieme lo "scandaloso" ultimo Kubrick, un intellettualistico sadomaso
coreano e il film italiano sul mondo del porno ispirato a Moana Pozzi, ha offerto uno
spunto perfetto per (ri)annunciare, tutti insieme appassionatamente, la nuova porno-wave.
Una delle solite pseudo-mode che amano strombazzare i news-magazine (pronta a essere
superata da una prossima new wave del pudore)?
Solo in parte. L'ipertrofico mondo della comunicazione-spettacolo in cui viviamo ha
drasticamente ridotto la portata della memoria: l'enfatizzazione del nuovo che incalza
provoca un continuo reset del passato, che rende sempre più difficile mantenere una
visione diacronica. Si perdono di vista così le continuità e le tendenze di medio e
lungo periodo.
Anche quella che potremmo chiamare "pornofilia" - cioè la tendenza alla
normalizzazione del sesso esplicito e all'utilizzo "normale" di citazioni e
allusioni pornografiche - può essere meglio compresa considerando sia i livelli più
superficiali, legati a eventi eclatanti, che provocano fiammate mediali di corta durata
(destinate tuttalpiù a riprendere in occasione di altri eventi); sia i livelli profondi,
di media-lunga durata, che informano la coscenza collettiva di un'epoca.
I fenomeni che concorrono all'attuale tendenza pornofiliaca possono essere
sommariamente individuati nella laicizzazione dell'eros, nell'evoluzione delle
tecnologie di riproduzione dell'immagine, nella dimensione economica del business,
nel riflusso "politically incorrect", nella tendenza a una riscossa
dell'identità maschile.
Laicizzazione dell'eros
Al livello più profondo e di lunga durata, sotto l'attuale pornofilia ci sono le
modificazioni socioculturali nella concezione del sesso e dell'eros, modificazioni che
hanno radici lontane (tra le più importanti: il pensiero libertino del '700 e la nascita
della psicanalisi nel 1900) e che sono sostanzialmente legate alla laicizzazione della
società moderna. Il suo esito più recente è l'evidente, brusca accelerazione nella
liberalizzazione dei costumi e del senso del pudore avvenuta negli ultimi 40 anni.
Riproducibilità tecnica dell'immagine
Un altro fattore importante è quello tecnologico: abbiamo già visto nel numero scorso
di Link la forte simbiosi tra sesso e tecnologia nell'epoca della riproducibilità tecnica
delle immagini, simbiosi che, in coincidenza con la liberazione sessuale degli anni '60 e
'70, ha portato alla democratizzazione della pornografia e alla creazione di una fiorente
nicchia di mercato.
Espansione del porno-business
Strettamente interconnesso col fattore tecnologico, il successo del business
pornografico è andato crescendo fino a raggiungere dimensioni tali cambiar natura ed
esplodere fuori dal ghetto (secondo la vecchia legge hegeliana della trasformazione della
quantità in qualità). "Come in ogni settore industriale minacciato dalla
sovrapproduzione, per far soldi occorre inventare un marchio di qualità". E' quello
che ha fatto Steven Hirsch con la Vivid Video, la più importante major del porno che
punta su produzioni sofisticate e uno stile hollywoodiano: contratti in esclusiva,
promozione delle sue star al rango di "Vivid Girls", premi "Oscar". E,
naturalmente, grande attenzione ai new media.
Questo porta ad allargare le frontiere del mercato, raggiungendo pubblici nuovi, come
quello delle donne; ma soprattutto conquistando il tinello "perbene": la
maggiore levigatezza dei prodotti e la massima riservatezza garantita delle nuove
tecnologie (pay tv, tv satellitari, internet) consente al porno di farsi domestico,
superare la tradizionale pruderie borghese e colonizzare senza ostacoli il territorio
sconfinato del ceto medio.
Riflusso "politically incorrect"
Da alcuni anni negli States si è andata diffondendo una reazione di rigetto contro
l'ossessione del "politically correct" , che ha trovato voce anche in un
fortunato talk show, intitolato proprio Politically Incorrect, un successo delle
recenti stagioni tv americane. Uno dei suoi cavalli di battaglia preferiti è
l'esaltazione della pornografia. Precursori di questo "cattivismo" (che ha già
avuto molti echi anche da noi) sono i Simpson: negli Usa ne è recentemente apparsa
una versione porno, assieme a una nuova serie di cartoon di successo, Ain't Life Swell,
con mamma incestuosa, papà pedofilo e figlio piromane.
Nel riflusso "incorrect" rientrano anche alcuni recenti film americani che
puntano su aspetti goliardico-provocatori del sesso come la dissacrante penetrazione della
torta di mele, sacro simbolo della famiglia e della tradizione yankee, immortalata in American
Pie.
Riscossa del maschio?
Si parla da tempo di crisi del maschio di fronte al generale rafforzamento
dell'identità femminile. Ne sono sintomi evidenti i libri di psicologia che si propongono
di ricostituire o recuperare un'identità maschile dispersa o i numerosi recenti film che
descrivono l'homo insipiens (come l'ha definito Curzio Maltese commentando
in film in mostra a Venezia)
Sembra dunque legittimo chiedersi se la tendenza alla legittimazione socio-culturale
della pornografia non sia anche legata al bisogno, più o meno cosciente, del maschio di
difendere la sua specificità, di rivendicare i valori "testosteronici"
vituperati da decenni di cultura filo-femminista. Un bisogno che la femminista Susan
Faludi ha definito "virilità ornamentale.
Sembra proprio questo lo spirito che informa il fenomeno dei "rotocalchi
maschili", che stanno riscuotendo un buon successo nei paesi anglosassoni: riviste
come Loaded o comeGQ , di cui è appena uscita l'edizione italiana (vedi box
"La rivincita del testosterone"). Non è un caso che l'articolo sul record della
pornostar Houston che abbiamo ripreso in queste pagine sia apparso proprio in un recente
numero di GQ.
In effetti, anche se una parte del femminismo radicale americano difende la funzione
positiva della pornografia in quanto opposizione all'autoritarismo e al dogmatismo (vedi
"Porno-tecnologie", in Link tre), è molto probabile che nell'immaginario
maschile la pornografia standard sia effettivamente vissuta come una forma di dominio o
possesso dell'oggetto femminile: e che quindi legittimare l'una sia anche, in un certo
senso, legittimare l'altra.
Bisogna comunque tener presente che l'attuale pornofilia ha contagiato anche le donne,
nuovo target in espansione della porno-industria, e i loro giornali, come Amica,
che nella sua sezione "Erotica" ospita racconti decisamente espliciti. Donne
sono inoltre molte delle protagoniste dell'ultima (e penultima) narrativa spinta.
Si può supporre dunque che la pornofilia tenda a manifestarsi con modalità sensoriali
ed espressive diverse nei due sessi: occhi (immagini) per gli uomini, orecchie (racconti e
fantasia) per le donne.
Non a caso, come spiega Alberto Abruzzese "è proprio il racconto, la narrazione
psicologica che, ammorbidendo la materia irriducibile del porno, media l'ingresso di una
pornografia soft di più vasta portata".
Se è così, allora anche il "calcolo dei tempi morti", l'arguto criterio per
distinguere pornografia ed erotismo proposto una decina d'anni fa da Umberto Eco - se per
andare da una copula all'altra i protagonisti ci mettono più di quanto desiderereste,
significa che il film è porno - viene meno. Un altro effetto dell'apertura del ghetto.
Tutti questi fenomeni sembrano indicare che lo "sdoganamento" dell'hard è
qualcosa di più di una moda effimera.
Del resto, se è vero che "l'osceno e il lecito sono questioni di moda", la
moda stessa è un fenomeno complesso e stratificato, che manifesta ad esempio successioni
cicliche di pudore e di esibizione. E che intrattiene intimi legami con l'erotismo:
"la moda è fondamentalmente un processo di trasgressione ostentata. Presenta sempre,
per lo meno nella fase iniziale, un desiderio di attrarre l'attenzione su di sé, e dunque
una componente esibizionista, più o meno marcata".
Un altro evidente ritmo congiunturale è quello dello spostamento nel tempo
dell'attenzione sessuale su parti diverse del corpo femminile, che ha suggerito ad alcuni
psicanalisti la teoria dell "zone erogenee mutanti", un tentativo di stabilire
un legame specifico fra moda e sessualità: "la moda contribuirebbe a
mantenere l'attrazione erotica del corpo femmminile facendo variare le parti del corpo
sulle quali mette l'accento. [...] All'interno della cultura occidentale si compirebbe
così una lenta rotazione della parti del corpo dotate di una forte attrazione
erotica".
Ora però forse i giochini erotici della moda le hanno preso la mano. E allora succede,
come dice Alberto Abruzzese, che "lo spettatore medio sta prendendo il sopravvento
sulle immagini educate e controllate che i consumi di massa gli somministrano.Per
trattenerlo nei loro valori di mercato, le mode collettive sono costrette ad allettarlo
con immagini sempre più forti, carnali, sessualmente vicine a comportamenti di frontiera,
insomma ciò che si dice hard: eccessi della mente e del corpo, esperienze estreme prima
ghettizzate nei sommersi mercati della pornografia ed ora venute alla luce: il desiderio
di trasgressività non agisce più al buio ma scalpita nel ceto medio con tante piccole
insorgenze di pornografia-soft. Azioni in cui la bellezza svapora e il look si sfascia,
viene via. Impulsi che non si accontentano di simulacri patinati, ma vanno oltre la vista
- oltre la distanza dei libri e degli schermi - sin dentro la carne."
Alla fine rimane comunque l'ovvia domanda: quanto durerà la pornofilia prima che
l'assuefazione dia inizio al riflusso?
* Luigi Bonfante è giornalista, autore telvisivo e studioso di comunicazione. Il suo
indirizzo e-mail è