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Perchè il porno esce dal ghetto


Luigi Bonfante*

 

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Perchè il porno esce dal ghetto

Questo articolo è apparso sul N.4 di Link - Idee per l’innovazione.

I segnali sono sempre più frequenti e univoci: il mondo del porno sta uscendo dal ghetto. La rappresentazione del sesso nei suoi aspetti più espliciti e meno ortodossi si sta insinuando sempre più nel mainstream della comunicazione e della vita sociale.

L'esempio a noi più vicino potrebbe essere la mostra del cinema di Venezia che, mettendo assieme lo "scandaloso" ultimo Kubrick, un intellettualistico sadomaso coreano e il film italiano sul mondo del porno ispirato a Moana Pozzi, ha offerto uno spunto perfetto per (ri)annunciare, tutti insieme appassionatamente, la nuova porno-wave.

Una delle solite pseudo-mode che amano strombazzare i news-magazine (pronta a essere superata da una prossima new wave del pudore)?

Solo in parte. L'ipertrofico mondo della comunicazione-spettacolo in cui viviamo ha drasticamente ridotto la portata della memoria: l'enfatizzazione del nuovo che incalza provoca un continuo reset del passato, che rende sempre più difficile mantenere una visione diacronica. Si perdono di vista così le continuità e le tendenze di medio e lungo periodo.

Anche quella che potremmo chiamare "pornofilia" - cioè la tendenza alla normalizzazione del sesso esplicito e all'utilizzo "normale" di citazioni e allusioni pornografiche - può essere meglio compresa considerando sia i livelli più superficiali, legati a eventi eclatanti, che provocano fiammate mediali di corta durata (destinate tuttalpiù a riprendere in occasione di altri eventi); sia i livelli profondi, di media-lunga durata, che informano la coscenza collettiva di un'epoca.

I fenomeni che concorrono all'attuale tendenza pornofiliaca possono essere sommariamente individuati nella laicizzazione dell'eros, nell'evoluzione delle tecnologie di riproduzione dell'immagine, nella dimensione economica del business, nel riflusso "politically incorrect", nella tendenza a una riscossa dell'identità maschile.

Laicizzazione dell'eros

Al livello più profondo e di lunga durata, sotto l'attuale pornofilia ci sono le modificazioni socioculturali nella concezione del sesso e dell'eros, modificazioni che hanno radici lontane (tra le più importanti: il pensiero libertino del '700 e la nascita della psicanalisi nel 1900) e che sono sostanzialmente legate alla laicizzazione della società moderna. Il suo esito più recente è l'evidente, brusca accelerazione nella liberalizzazione dei costumi e del senso del pudore avvenuta negli ultimi 40 anni.

Riproducibilità tecnica dell'immagine

Un altro fattore importante è quello tecnologico: abbiamo già visto nel numero scorso di Link la forte simbiosi tra sesso e tecnologia nell'epoca della riproducibilità tecnica delle immagini, simbiosi che, in coincidenza con la liberazione sessuale degli anni '60 e '70, ha portato alla democratizzazione della pornografia e alla creazione di una fiorente nicchia di mercato.

Espansione del porno-business

Strettamente interconnesso col fattore tecnologico, il successo del business pornografico è andato crescendo fino a raggiungere dimensioni tali cambiar natura ed esplodere fuori dal ghetto (secondo la vecchia legge hegeliana della trasformazione della quantità in qualità). "Come in ogni settore industriale minacciato dalla sovrapproduzione, per far soldi occorre inventare un marchio di qualità". E' quello che ha fatto Steven Hirsch con la Vivid Video, la più importante major del porno che punta su produzioni sofisticate e uno stile hollywoodiano: contratti in esclusiva, promozione delle sue star al rango di "Vivid Girls", premi "Oscar". E, naturalmente, grande attenzione ai new media.

Questo porta ad allargare le frontiere del mercato, raggiungendo pubblici nuovi, come quello delle donne; ma soprattutto conquistando il tinello "perbene": la maggiore levigatezza dei prodotti e la massima riservatezza garantita delle nuove tecnologie (pay tv, tv satellitari, internet) consente al porno di farsi domestico, superare la tradizionale pruderie borghese e colonizzare senza ostacoli il territorio sconfinato del ceto medio.

Riflusso "politically incorrect"

Da alcuni anni negli States si è andata diffondendo una reazione di rigetto contro l'ossessione del "politically correct" , che ha trovato voce anche in un fortunato talk show, intitolato proprio Politically Incorrect, un successo delle recenti stagioni tv americane. Uno dei suoi cavalli di battaglia preferiti è l'esaltazione della pornografia. Precursori di questo "cattivismo" (che ha già avuto molti echi anche da noi) sono i Simpson: negli Usa ne è recentemente apparsa una versione porno, assieme a una nuova serie di cartoon di successo, Ain't Life Swell, con mamma incestuosa, papà pedofilo e figlio piromane.

Nel riflusso "incorrect" rientrano anche alcuni recenti film americani che puntano su aspetti goliardico-provocatori del sesso come la dissacrante penetrazione della torta di mele, sacro simbolo della famiglia e della tradizione yankee, immortalata in American Pie.

Riscossa del maschio?

Si parla da tempo di crisi del maschio di fronte al generale rafforzamento dell'identità femminile. Ne sono sintomi evidenti i libri di psicologia che si propongono di ricostituire o recuperare un'identità maschile dispersa o i numerosi recenti film che descrivono l'homo insipiens (come l'ha definito Curzio Maltese commentando in film in mostra a Venezia)

Sembra dunque legittimo chiedersi se la tendenza alla legittimazione socio-culturale della pornografia non sia anche legata al bisogno, più o meno cosciente, del maschio di difendere la sua specificità, di rivendicare i valori "testosteronici" vituperati da decenni di cultura filo-femminista. Un bisogno che la femminista Susan Faludi ha definito "virilità ornamentale.

Sembra proprio questo lo spirito che informa il fenomeno dei "rotocalchi maschili", che stanno riscuotendo un buon successo nei paesi anglosassoni: riviste come Loaded o comeGQ , di cui è appena uscita l'edizione italiana (vedi box "La rivincita del testosterone"). Non è un caso che l'articolo sul record della pornostar Houston che abbiamo ripreso in queste pagine sia apparso proprio in un recente numero di GQ.

In effetti, anche se una parte del femminismo radicale americano difende la funzione positiva della pornografia in quanto opposizione all'autoritarismo e al dogmatismo (vedi "Porno-tecnologie", in Link tre), è molto probabile che nell'immaginario maschile la pornografia standard sia effettivamente vissuta come una forma di dominio o possesso dell'oggetto femminile: e che quindi legittimare l'una sia anche, in un certo senso, legittimare l'altra.

Bisogna comunque tener presente che l'attuale pornofilia ha contagiato anche le donne, nuovo target in espansione della porno-industria, e i loro giornali, come Amica, che nella sua sezione "Erotica" ospita racconti decisamente espliciti. Donne sono inoltre molte delle protagoniste dell'ultima (e penultima) narrativa spinta.

Si può supporre dunque che la pornofilia tenda a manifestarsi con modalità sensoriali ed espressive diverse nei due sessi: occhi (immagini) per gli uomini, orecchie (racconti e fantasia) per le donne.

Non a caso, come spiega Alberto Abruzzese "è proprio il racconto, la narrazione psicologica che, ammorbidendo la materia irriducibile del porno, media l'ingresso di una pornografia soft di più vasta portata".

Se è così, allora anche il "calcolo dei tempi morti", l'arguto criterio per distinguere pornografia ed erotismo proposto una decina d'anni fa da Umberto Eco - se per andare da una copula all'altra i protagonisti ci mettono più di quanto desiderereste, significa che il film è porno - viene meno. Un altro effetto dell'apertura del ghetto.

Tutti questi fenomeni sembrano indicare che lo "sdoganamento" dell'hard è qualcosa di più di una moda effimera.

Del resto, se è vero che "l'osceno e il lecito sono questioni di moda", la moda stessa è un fenomeno complesso e stratificato, che manifesta ad esempio successioni cicliche di pudore e di esibizione. E che intrattiene intimi legami con l'erotismo: "la moda è fondamentalmente un processo di trasgressione ostentata. Presenta sempre, per lo meno nella fase iniziale, un desiderio di attrarre l'attenzione su di sé, e dunque una componente esibizionista, più o meno marcata".

Un altro evidente ritmo congiunturale è quello dello spostamento nel tempo dell'attenzione sessuale su parti diverse del corpo femminile, che ha suggerito ad alcuni psicanalisti la teoria dell "zone erogenee mutanti", un tentativo di stabilire un legame specifico fra moda e sessualità: "la moda contribuirebbe a mantenere l'attrazione erotica del corpo femmminile facendo variare le parti del corpo sulle quali mette l'accento. [...] All'interno della cultura occidentale si compirebbe così una lenta rotazione della parti del corpo dotate di una forte attrazione erotica".

Ora però forse i giochini erotici della moda le hanno preso la mano. E allora succede, come dice Alberto Abruzzese, che "lo spettatore medio sta prendendo il sopravvento sulle immagini educate e controllate che i consumi di massa gli somministrano.Per trattenerlo nei loro valori di mercato, le mode collettive sono costrette ad allettarlo con immagini sempre più forti, carnali, sessualmente vicine a comportamenti di frontiera, insomma ciò che si dice hard: eccessi della mente e del corpo, esperienze estreme prima ghettizzate nei sommersi mercati della pornografia ed ora venute alla luce: il desiderio di trasgressività non agisce più al buio ma scalpita nel ceto medio con tante piccole insorgenze di pornografia-soft. Azioni in cui la bellezza svapora e il look si sfascia, viene via. Impulsi che non si accontentano di simulacri patinati, ma vanno oltre la vista - oltre la distanza dei libri e degli schermi - sin dentro la carne."

Alla fine rimane comunque l'ovvia domanda: quanto durerà la pornofilia prima che l'assuefazione dia inizio al riflusso?

 

* Luigi Bonfante è giornalista, autore telvisivo e studioso di comunicazione. Il suo indirizzo e-mail è ikmob@tin.it


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