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Novant'anni tra Kant e Hobbes

Giancarlo Bosetti


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Adesso che anche Giuliano Ferrara ha scritto che senza uomini come Norberto Bobbio l’Italia di oggi sarebbe stata peggiore, la festa dei suoi novant’anni rischia di scivolare verso il coro di elogi, verso un concerto di congratulazioni, di diventare una celebrazione del compiacimento generale a una sola dimensione. E perche’ no? si dira’. Visto che, come non capita cosi’ spesso, gli italiani hanno qualcuno di cui essere fieri al punto che anche gli avversari piu’ cattivi, e cattivisti, non possono evitare di rendergli omaggio sia pure con qualche riserva, perche’ preoccuparsi?

Noi all’omaggio non ci sottraiamo di sicuro. Questo giornale, il sottoscritto compreso, lo vuole fare anche aggiungendovi una nota di simpatia, di affetto e soprattutto di gratitudine per il dialogo che Bobbio ha avuto con i nostri lettori specialmente negli ultimi dieci anni, durante i quali ha accompagnato con i suoi ragionamenti, nei momenti alti e in quelli bassi, il cammino sofferto e niente affatto concluso della sinistra italiana verso mete peraltro ancora incerte.

Ma il coro degli elogi nasconde una insidia, quella della giubilazione e della archiviazione. Lo sa bene "Bindi" in persona (ormai il nomignolo privato è stato ufficializzato da un titolo della "Stampa") che in queste circostanze mette sempre in guardia con il dialetto della sua Torino: "Esageruma nen". Non esageriamo. E si capisce perche’ lo fa. Se ti capita di diventare un "grande vecchio", specialmente se sei una "figura carismatica della cultura" e magari anche della "sinistra" e, in fin dei conti, "dell’intero paese" il tuo sistema nervoso viene esposto a un rischio molto serio.

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e sei abituato agli attacchi duri, anche ai colpi bassi e a quelli bassissimi, e se hai imparato a pararli da vero spadaccino (come Bobbio indubbiamente è, dietro quell’aria da vecchio, ultra-vecchio lamentoso), quando viene la stagione delle lodi generalizzate è istintiva una certa diffidente preoccupazione. Un rovente articolo polemico sai come affrontarlo, ma da una esaltazione scriteriata delle tue doti, chi mai ti salvera’? Se appartieni alla categoria dei "grandi vecchi" gli imbarazzi piu’ seri te li provoca la dabbenaggine dei tuoi fan (qualcuno li chiama "bobbiani", qualcun altro spregiativamente "bobbisti"), specialmente se hai un carattere difficile e una mentalita’ molto esigente, come appunto il nostro festeggiato.

Vogliamo vedere, per esempio, quanti scriveranno, come è stato gia’ fatto, che Bobbio è "il Papa laico" degli italiani? In questi casi il danno è insidioso, l’iperbole provoca arrabbiature tra i cattolici, fastidio tra gli avversari, imbarazzo tra i propri cari. Insomma un disastro. Ma non c’è solo questa perturbazione psicologica, c’è anche il fatto che la celebrazione dei novant’anni rende quasi irresistibile l’idea di un bilancio dell’opera del filosofo, e magari, ahinoi!, di un bilancio politico e morale di una vita. Roba da far tremare.

L’uscita di un meritorio volume riassuntivo del suo pensiero politico, a cura di Michelangelo Bovero per Einaudi, apparentemente facilita l’impresa, prima o poi inevitabile, ma in realta’ la rende ancora piu’ ardua. Come ricavare una sintesi sistematica da una produzione cosi’ gigantesca? Proprio necessario?

Ecco perche’, nella circostanza, mi è balenata davanti l’idea di trascurare il tema dei "meriti" di Bobbio e di cogliere l’occasione dei novant’anni per parlare dei suoi difetti. Lasciamo dunque stare per il momento il suo contributo alla teoria democratica, le sue celebri critiche al Pci di Togliatti, le analisi dei vizi strutturali del marxismo. Trascuriamo assiduita’ scientifica ed accademica, rigore e continuita’ dell’impegno civile, chiarezza del linguaggio, limpidezza concettuale e tutta la valanga di libri e articoli che hanno fatto di Bobbio il "grande vecchio" che è e occupiamoci solo dei difetti.

Tento di farne un elenco e mi accorgo che non è poi cosi’ difficile, anzi ce n’è uno che si impone li riassume tutti: Bobbio è una persona contraddittoria. Che cosa vuol dire? Che dice e fa cose contrastanti tra loro nella vita di tutti i giorni come nella teoria e nella politica.

Per esempio: Bobbio è una star dei media, anche se dice peste e corna (come Giovanni Sartori) delle aberrazioni mediatiche e scandalistiche della politica e dei giornali. Lo riconoscono per strada anche se esce ormai raramente, il tassista gli chiede l’autografo, se dice una cosa viene riferita, rimbalza in tv, sui giornali. Lo cercano tutti i giorni per un appello, per un dichiarazione, per salvare i tali o talaltri archivi, per la guerra la pace, per il Museo egizio a Venaria, contro il Museo egizio a Venaria.

Lui si lamenta in continuazione ma intanto coltiva il rapporto con i media in modo piu’ professionale di una diva. Proprio cosi’. Sincero nel lamentarsi, sincero nel concedersi, anche se con un dosaggio meditato. Sa come si confeziona una sound-byte, una battuta che diventa slogan sui giornali, quasi come sapeva fare Pertini, molto meglio di Casini, Veltroni, D’Alema, che sui media ci sono tutti i giorni, e persino di Cossiga, altro professionista della scena. E sa fare anche i titoli: vedi la celebre "utopia capovolta" dell’89. Quando Bobbio disse poi, Berlusconi in trionfo nel 1994, che la televisione è "naturaliter di destra", sapeva benissimo di esagerare, eppure ha funzionato. È la sound-byte .

 

Esce il "Libro nero sul comunismo". Tutti si aspettano che lui dica "no, è una operazione propagandistica, la cavalca Berlusconi, vade retro". E invece il contrario. Il volumone di Courtois ha fatto centro, ecco la dimostrazione: dovunque il comunismo ha avuto il potere, sono state violenze, tragedie, massacri. Riecco Bobbio che occupa la scena per qualche settimana.

Il "Corriere della Sera" di Mieli lo accusa di "tersitismo", ovvero di fare il menagramo antiitaliano? E lui replica: siete plebei. Di nuovo titoli. La differenza con Cossiga è che quello occupa la scena con gioia, Bobbio invece lo fa lamentandosi. Ed è sincero in tutti e due i casi, dunque contraddittorio.

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Ma vogliamo sondare il suo "dualismo" (scusate se vi sembra un eufemismo) anche ai piani alti della teoria e della politica? Ecco qua: Bobbio è socialista, non c’è dubbio, anche se col punto di domanda "Quale socialismo?". Eppure andatevi a vedere la sua voce "élites, teoria delle" nel Dizionario di politica e troverete squadernata la sua simpatia per gli elitisti italiani, Mosca e Pareto. Sono vere tutte e due le facce del suo pensiero.

Come la mettiamo? Dice bene Gustavo Zagrebelsky: Bobbio pensa e insegna a pensare per dicotomie: pubblico-privato, Stato-societa’, liberta’-giustizia, individuale-collettivo. Ma, aggiungo io, fa molto di piu’ entra in tutte e due i ruoli della dicotomia, la mantiene aperta, la lascia lavorare, ne prolunga l’esistenza all’infinito. Fa due parti in commedia. E insegna, non a scegliere l’uno o l’altro degli estremi, ma piuttosto a guardare gli errori di un lato stando da quell’altro e viceversa.

Guarda la catastrofe del comunismo e del socialismo di Stato dal punto di vista del liberalismo e dell’individualismo di Hayek e Von Mises. Implacabile. Ma poi guarda anche le miserie inegualitarie delle societa’ liberali dal punto di vista di Marx. E non rinuncia mai al punto di vista opposto.

È un appassionato socialista ma anche un rigoroso liberale e non rinuncia a nessuna delle due visioni. Se le porta dietro. È come un genitore severo nell’educazione dei figli, che imponga regole di ferro e punisca la disobbedienza, ma poi si lamenti se i ragazzi non sono dei ribelli, degli audaci capaci di sfidare l’ira del padre (è un esempio puramente teorico, non so proprio se, come padre, si sia comportato in questo modo. Questo lo dicano Luigi, Andrea e Marco. E la loro madre Valeria).

Me lo immagino agli esami (non l’ho mai visto in azione come insegnante) chiedere allo studente di illustrargli i benefici della democrazia rispetto agli altri regimi e poi, ascoltate le risposte alla domanda tranello, scaraventargli addosso la lista lunghissima dei vizi della democrazia: poteri occulti, corruzione, le promesse non mantenute di liberta’, eguaglianza e via recriminando. Mi immagino anche il tranello opposto: mi parli delle promesse non mantenute della democrazia…

L’ho visto invece mettere in difficolta’ gli organizzatori di un convegno dedicato al liberal-socialismo – che è dopotutto, e giustamente, uno dei modi per definire il suo pensiero politico – e quindi ispirato fondamentalmente alle sue idee. Prese la parola, nell’intervento ovviamente piu’ atteso di tutto l’incontro, per sostenere serenamente che, dopo decenni di sofferta riflessione, era giunto alla conclusione che il liberal-socialismo "non esiste". Vani i tentativi di farlo recedere.

Vogliamo andare ancora piu’ su ai piani alti dei suoi massimi referenti filosofici? Benissimo, ci troviamo il moralismo trascendentale di Kant, ma se scaviamo, neanche poi tanto, vediamo che il padre del "dover essere" convive nella testa di Bobbio con il padre di tutti i "realisti" che è Thomas Hobbes, autore che gli è non meno caro. E, di conseguenza sulla scena delle vicende politiche, lo vedrete alternativamente tenere le parti dei rapporti di forza reali contro le ingenue pretese del "dover essere", ma subito dopo dare addosso a chi non ha alcuna passione morale e si adagia nella contemplazione dei rapporti di forza.

 

Hobbes contro Kant anche a proposito della guerra del Kosovo: non possiamo non essere d’accordo con gli americani per i bombardamenti Nato sulla Serbia (Hobbes). Ma provate a dirgli, come ho fatto, che questo significa allora accettare la fine di una prospettiva istituzionale universalistica (Kant) per cui il compito di intervenire tocca in linea di principio all’Onu. E lo sentirete arrabbiarsi perche’ se non si difende l’Onu (Kant) siamo nelle mani della pura forza, dell’Impero, del Leviatano (Hobbes). Ma provate a dirgli che allora non doveva approvare la guerra della Nato… Ecco perche’ quando Perry Anderson ha definito il suo pensiero "un composto chimico instabile", tutto sommato l’idea gli è piaciuta.

Finisco qui con le contraddizioni, anche se la lista dei difetti non vi sembra abbastanza esauriente e cattiva. Mi fermo anche per un’altra ragione. Non voglio che al nostro prossimo colloquio Bobbio diventi troppo diplomatico e mi guardi in cagnesco: "Non mi devo dimenticare che sei anche un giornalista" (dove "anche" sta, credo, per un apprezzamento). E poi, dopo tutto, oggi è la sua festa di compleanno. Se poi, invece, parlare dei difetti di Bobbio vi è sembrato un modo subdolo per illustrare meglio i suoi meriti, questo è un tema che affronteremo un’altra volta. Auguri.

(Copywright L'Unità)

 

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