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Le ragioni del sì all'asilo politico

Arturo Salerni


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L'avvocato Arturo Salerni è membro del collegio difensivo italiano di Abdullah Ocalan

Con sentenza depositata il 4 ottobre 1999 il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto l'esistenza delle condizioni per il diritto di asilo in favore del leader curdo Abdullah Ocalan, accogliendo la domanda presentata dal Presidente del Pkk al termine del giudizio instaurato contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e contro il Ministero dell'Interno.

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Il giudizio è stato promosso da Ocalan in dicembre, durante il suo soggiorno in Italia. Sono noti gli avvenimenti che ne sono seguiti: il leader del Pkk è andato via dal nostro paese e, dopo diversi giri per l'Europa, è stato catturato in Kenia dai servizi segreti turchi con la complicità di chissà quali paesi. Sono seguite l'esibizione in pubblico del prigioniero bendato, la vittoria alle elezioni politiche turche dei nazionalisti appartenenti al partito dei Lupi Grigi (quello di Alì Agca, l'attentatore del Papa), la condanna a morte. In questi giorni è prevista la celebrazione del giudizio di appello in Turchia.

La richiesta di Ocalan all'autorità giudiziaria si basava su una norma contenuta nell'articolo 10 della Costituzione italiana: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica". Il giudice De Fiore, al termine di una lunga istruttoria, dopo aver preso in esame centinaia di documenti provenienti dai più svariati organismi internazionali e da diverse associazioni impegnate sul tema della tutela dei diritti e dopo aver ascoltato diversi testimoni, ha ritenuto sussistere questa condizione.

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La sentenza richiama il mancato rispetto dell'integrità della persona (si riportano gli episodi di omicidi politici, stragi e sparizioni di esponenti curdi in Turchia, ed il rinvenimento di fosse comuni), la pratica della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei prigionieri, gli arresti e le detenzioni arbitrari, l'uso eccessivo della forza e la violazione delle leggi umanitarie da rispettare nei conflitti interni (si riferisce del rapporto del Dipartimento di Stato Usa, che parla di circa 3000 paesi e villaggi totalmente spopolati attraverso crudeli deportazioni), la mancanza di processi pubblici e giusti, il mancato rispetto della libertà di parola e di stampa, di associazione e di formazione di partiti politici, la discriminazione in base alla razza.

Con riferimento ai delitti - anche gravi - contestati ad Ocalan, la sentenza afferma che essi non possono che essere qualificati come politici, in quanto la spinta ideale dell'attività "è stata costantemente il riconoscimento dei diritti del popolo curdo, diritti fino ad ora contestati e conculcati". La sentenza ha accolto le prospettazioni della difesa di Ocalan in ordine all'ammissibilità della procedura, pur in assenza della persona interessata dal nostro Paese, non essendo dalla Costituzione richiesta la permanenza in Italia del richiedente asilo quale condizione per l'accoglimento della domanda.

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Ciò che è importante sottolineare è il fatto che (oltre alla portata indubbia della sentenza sul piano della descrizione della realtà turca) la concessione dell'asilo può essere fatta valere dal nostro paese e da organismi internazionali - anche in relazione ai trattati ed alle convenzioni internazionali sottoscritti da Italia e Turchia - per tutelare la posizione di Ocalan, le cui condizioni attuali sono a tutti note e nei confronti del quale ci troviamo oggi in una situazione di palese violazione dei diritti fondamentali. Peraltro va rimarcata la circostanza dei numerosi segnali (e dei passi concreti) promossi da Ocalan e dai guerriglieri curdi nel senso di un processo di pacificazione e dell'allargamento delle prospettive democratiche in Turchia. E' un processo che va seguito e sostenuto con attenzione, ponendo come base il rispetto assoluto dei diritti dell'uomo.

 

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