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I violinisti che hanno cambiato la musica classica

Salvatore Accardo con Paola Damiani

 


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Quali sono i musicisti che hanno lasciato un segno nel secolo che sta per terminare? Con Salvatore Accardo proviamo a mettere una sonda all'interno del Novecento, l'età che spezza e rivoluziona i linguaggi musicali e che in pochi decenni fornisce molte grammatiche nuove interrompendo bruscamente quello che sembrava uno sviluppo lineare.

Accardo preferisce cominciare dagli esecutori e seleziona un ristretto numero di interpreti che hanno cambiato il modo di fare musica. Tra i violinisti, Jascha Heifetz e David Ojstrakh. Quest'ultimo occupa un posto speciale nel cuore di Accardo per le doti umane che ne facevano un artista completo. "Suoniamo come siamo", aveva l'abitudine di dire Ojstrakh, e, aggiunge Accardo, "più grande è l'uomo, migliore è il musicista".

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Il direttore più innovativo, dopo Arturo Toscanini, secondo Accardo è il rumeno Sergiu Celibidache, famoso per il suo perfezionismo, la sua memoria e per l'ostilità che nutriva nei confronti delle incisioni discografiche, colpevoli, a suo dire, di alterare artificialmente i delicati equilibri sonori di una partitura.

Il musicista che più di tutti ha lasciato una profonda impressione su Accardo è invece Arturo Benedetti Michelangeli, conosciuto negli anni Sessanta quando il pianista teneva dei corsi a Moncalieri finanziati dalla Fiat. Ad introdurre il giovane violinista presso il Maestro era stato Ludovico Lessona, che era uno dei suoi pochi allievi. Di quegli incontri Accardo ricorda "il pianoforte, che a dispetto dell'intonazione fissa, suonava come uno strumento ad arco, dotato di una cantabilità mai udita prima". Ma la lezione più importante di Benedetti Michelangeli consisteva "nella lettura del testo, dal quale era capace di sviscerare ogni sfumatura interpretativa, rispettandone al tempo stesso tutte le indicazioni", ricorda Accardo. "La fedeltà a ciò che si sceglie di suonare è un insegnamento che da quel momento non mi ha più lasciato".

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I compositori del Novecento storico più vicini alla sensibilità del violinista ("molto legata a quella romantica") sono tutti di area slava: Igor Stravinskij, Sergej Prokof'ev, Béla Bartok e Dmitrij Shostakovic, tutti autori che hanno nutrito di capolavori la letteratura violinistica. Della scuola di Vienna Accardo predilige le composizioni che esprimono una forte tensione emotiva come il "Concerto per violino" o la "Suite lirica" di Alban Berg o i "Quartetti per archi" di Arnold Schoenberg.

E il teatro musicale? Accardo riesce a far risaltare il ruolo del violino scegliendo "L'histoire du soldat" di Stravinskij, di cui ricorda un'edizione napoletana con la regia di Roberto De Simone. Poi rende omaggio al talento teatrale italiano citando l'allestimento del "Barbiere di Siviglia" curato da Dario Fo ad Amsterdam: "Quelle trovate incalzanti lasciavano senza fiato".

I compositori italiani più significativi, secondo il violinista, sono Luigi Nono e Luciano Berio, autore di una "Sequenza" per violino che Accardo definisce "un pezzo diabolico: lo faccio sempre studiare ai miei allievi perché spinge alla ricerca dell'equilibrio fra le mani". Tra quelli della generazione successiva, Accardo indica Salvatore Sciarrino, del quale ha eseguito per la prima volta gli straordinari "Capricci" per violino, e Marco Stroppa che pure "è destinato a lasciare un segno".

Dopo aver passato in rassegna il meglio di questo secolo chiediamo ad Accardo di segnalare alcuni vizi del nostro tempo. E qui è l'insegnante che parla e che stigmatizza il comportamento senza scrupoli di alcune case discografiche le quali, pur di alimentare il mercato, sfruttano esecutori sempre più giovani per poi abbandonarli dopo pochi anni, quando non hanno più l'età dei bambini prodigio, bruciandone per sempre le possibilità di miglioramento e di progresso. "Aveva paradossalmente ragione Celibidache che pure poteva solo intuire quali potenzialità, anche negative, avesse il mercato discografico".

Per Accardo si incide troppo, senza badare alla fedeltà e alla qualità dell'esecuzione, abituando gli ascoltatori a degli standard irreali, mentre al contrario ha uno straordinario interesse e valore divulgativo la registrazione dal vivo, che permette di fissare le varie tappe evolutive di un artista e di apprezzarne tutte le possibilità.

 

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