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Ma senza pentiti Cosa nostra non si batte

Luca Rossi

 


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Quello che ricordo è Giuseppe Ayala, sostituto procuratore al tribunale di Palermo, semisdraiato su una poltroncina di vimini nella sua casa di Mondello. Era estate, aveva i piedi nudi. "Per un pentito" diceva, "la condizione fondamentale è la fiducia. Data la tradizionale diffidenza, il pentito deve poter credere a un rappresentante dello Stato: deve potersi fidare. Allora sa di poter consumare la sua vendetta, parla. Sarà anche il meno nobile dei motivi, ma funziona così. Nel momento in cui apre il giornale e si accorge di una campagna che tende a screditarlo, o a screditare i giudici che lui conosce, è finita. Non ci crede più, si ritira. Lo Stato avrebbe dovuto incoraggiare il pentitismo in ogni modo, offrire tutte le condizioni più favorevoli: o almeno avrebbe dovuto dare la sensazione che chi lavorava con i pentiti fosse pienamente appoggiato dalle istituzioni. Ma non è successo. Anzi".

Era dieci anni fa: potrebbe essere adesso. Con le rivelazioni di Buscetta e Contorno, Giovanni Falcone aveva dato il via all’uso chirurgico della figura del collaboratore di giustizia, che i media, con tipica approssimazione, avevano già iniziato a chiamare "pentito". In realtà, non c’è mai stato alcun pentimento, se non in casi assolutamente eccezionali. Le uniche motivazioni sono sempre state paura e vendetta. Il pentito usa lo Stato per proteggersi e colpire i suoi nemici, e lo Stato usa lui per distruggere le organizzazioni criminali.

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Non è una gran scoperta. I pentiti sono sempre esistiti, si chiamavano spie, infami o traditori, e sono sempre stati utilizzati. E’ giustamente famoso il programma dell’FBI per la protezione dei "testimoni", in vigore molto tempo prima che Falcone e Borsellino ne richiedessero l’uso in Italia. Il generale dalla Chiesa ha distrutto le Brigate rosse lavorando soprattutto con i pentiti, da Patrizio Peci in giù. Nessuno ha mai avuto niente da ridire.

I problemi sono iniziati dopo, con i pentiti di mafia. Non perché fossero diversi dagli altri, ma perché era diverso il contesto. Nei confronti della mafia non erano mai stati utilizzati perché mancava la volontà politica di farlo: un pentito è un’arma formidabile, usarlo avrebbe significato combattere davvero Cosa nostra, e questo era precisamente quello che non si voleva fare. Falcone e Borsellino hanno pagato il prezzo di quella piccola rivoluzione, e dopo la loro morte, per un breve periodo, c’è stato un cambiamento, una diversa pressione dell’opinione pubblica e dello Stato, che hanno portato a una moltiplicazione straordinaria dei collaboratori di giustizia, e di conseguenza a buoni successi di polizia e magistratura. Poi l’aria è cambiata.

Un partito politico, Forza Italia, per ragioni legate alla sua stessa nascita, ha iniziato un fuoco di copertura contro i magistrati, e i pentiti sono diventati uno dei primi bersagli. Gestire un pentito è estremamente difficile: bisogna verificare ogni sua dichiarazione, e valutare persino, qualora risulti confermata dai fatti, se è opportuno sostenerla in dibattimento. "In certi casi" diceva Falcone, "occorre avere tre ferri dietro la porta". Intendeva dire: bisogna avere le spalle coperte e procedere con cautela.

Un esempio: un pentito dichiarò personalmente a Falcone che Salvo Lima, il politico democristiano capo degli andreottiani siciliani, era "uomo d’onore". Tutti sanno la fine che fece Lima, e che genere di rapporti potesse avere con la mafia, ma Falcone lo sapeva meglio di chiunque altro: bene, quella volta denunciò il pentito per calunnia. Lo fece condannare a tre mesi. Non aveva fornito prove sufficienti per sostenere le sue affermazioni, e Falcone aveva naso per le trappole.

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Era un magistrato eccellente, ma non si può pretendere che tutti lo siano; qualche volta anche i bravi possono umanamente sbagliare, e quelli meno bravi lo fanno più spesso: può succedere di usare male un pentito. Ma questo vale per qualsiasi strumento giudiziario. Se un poliziotto spara a un posto di blocco e uccide per errore un passante, si punisce il poliziotto: non si disarma la polizia. Ammesso, e non concesso, che in qualche caso i pentiti siano stati usati con leggerezza, si valuta quel singolo caso. Fine.

Invece, ogni volta che un processo costruito con la collaborazione di un pentito finisce con un’assoluzione, si grida allo scandalo, si mette in discussione l’intera struttura dei collaboratori. Come con Andreotti. Non credo fossero in molti a scommettere sulla sua condanna nel caso Pecorelli, comunque. Andreotti rimane Andreotti, perché le repubbliche delle banane rimangono repubbliche delle banane.

Una giuria ha ritenuto insufficienti le dichiarazioni di alcuni pentiti. Bene: è il verdetto di quella giuria, e bisognerà leggere la sentenza per conoscerlo nei dettagli. C’erano alcune accuse, in Italia esiste l’obbligo dell’azione penale, Andreotti è stato inquisito, è risultato innocente. Dov’è lo scandalo? I pentiti sono uno strumento, non l’unico strumento. Occorrono riscontri alle loro affermazioni: la giuria ha ritenuto che non ce ne fossero abbastanza. Possiamo prendercela con i magistrati che l’hanno rinviato a giudizio, ma solo perché non si erano messi i loro tre bravi ferri dietro la porta.

Un errore non da poco, naturalmente, perché crea il boomerang che ci vola sulla testa in questi giorni. Ma che può riguardare quei magistrati, quei pentiti. Non i magistrati, i pentiti. Che è invece quello che succede. Il volano dei media è terrificante: il TG4 ha presentato un sondaggio basato sulla domanda: "E’ vero che Berlusconi è il mandante dell’omicidio Borsellino?". Il novantre per cento degli ascoltatori ha detto: no. Che altro avrebbero potuto rispondere?

Al di là del delirio, trasformare l’esempio in regola, la manipolazione tipica dei media, inquina a breve e a lungo termine. A breve: la sentenza del processo Andreotti di Palermo, che sarà identica a questa. A lungo: la struttura dei collaboratori di giustizia, che verrà smantellata, e i "pentiti", non sostenuti dallo Stato, scompariranno. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino saranno definitivamente morti. Ma fatemi un piacere: quel giorno, ricordatevi di guardare dritto negli occhi i garantisti pelosi di oggi.

 

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