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Lo stop del mercato, i dubbi del governo

Tommaso Debenedetti

 


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Il crollo di tutti i titoli coinvolti nel riassetto Telecom-Tim-Tecnost non lascia dubbi sull'insuccesso dell’operazione varata il 28 settembre da Roberto Colaninno. Gli azionisti Telecom, secondo quanto deciso dall’ultima riunione del consiglio d’amministrazione, verrebbero privati di Tim e Seat e riceverebbero in cambio azioni della società Tecnost (fortemente indebitata).

Il "Financial Times" ha parlato di "rapina in pieno giorno". I fondi d’investimento stranieri hanno abbandonato immediatamente la partita. E il governo, che detiene una partecipazione del 3% del Tesoro in Telecom, si trova in difficoltà, anche per l’imminenza dell’entrata in Borsa di un altro gigante dell’economia italiana, l'Enel: un avvenimento assai importante che dovrebbe poter avere luogo in un clima meno surriscaldato.

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Colaninno, da parte sua, si difende: "Quella da noi compiuta era la miglior mossa possibile. Semmai, possiamo rimproverarci un’insufficienza di spiegazioni date agli azionisti e all’opinione pubblica. Ma su questo punto intendiamo correggerci, e far conoscere al più presto il grande respiro strategico, industriale e finanziario dell’intera operazione".

Il Presidente del Consiglio D’Alema non vuole sbilanciarsi. "Non è il governo ma il mercato a dover giudicare tali operazioni", afferma il premier. "Abbiamo chiesto, attraverso il Tesoro, il piano industriale e garanzie per gli azionisti di minoranza. Non potevamo certo, con il 3% di azioni in nostro possesso, bloccare il riassetto societario. Sarebbe stato un grave atto d’imperio".

Il ministro del Tesoro Giuliano Amato, che venerdì in Senato ha risposto alle interpellanze di vari gruppi parlamentari sulla vicenda, ci spiega: "La Telecom è un’azienda vitale per l’economia del nostro Paese, e la sua solidità è davvero fondamentale per le telecomunicazioni in Italia. Quanto deliberato dal consiglio d’amministrazione nella sua ultima riunione è di certo assai diverso da quanto si stabiliva nell’Opa. Il piano di riassetto è stato mutato rispetto a quello originario. Non c’è più, ad esempio, quella garanzia di fusione fra telefonia fissa e telefonia mobile che in Europa è sempre più una realtà. E questo ha suscitato critiche.

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"Sono stati paventati rischi per l’occupazione e per i piccoli azionisti, affermando che Tecnost non fornisce loro garanzie sufficienti", prosegue Amato. "Ci sono preoccupazioni sull’adeguatezza del concambio, che in effetti presenta punti problematici, che potremo analizzare più compiutamente in seguito. Mi preme ribadire che nell’Opa non si prospettò la situazione odierna né si previdero minimamente riassetti societari di tale portata".

Il ministro, dunque, boccia l’operazione di Colaninno? "Non si tratta di bocciare o di promuovere nessuno", spiega Amato, "piuttosto di tenere sotto stretta osservazione la vicenda, anche al di là dei nostri poteri speciali di golden-share. Occorre capire a fondo cosa porterà questo riassetto. Ovviamente tutelando anche una grande azienda come Telecom".

Dalla maggioranza, l’atteggiamento del ministro del Tesoro è visto con soddisfazione. "Sono ben contento", spiega Antonello Falomi, senatore Ds, "che le preoccupazioni per i piccoli risparmiatori e per i danni che potrebbero subire da questa vicenda siano ampiamente condivise dal governo. Ed è stata anche opportuna la scelta di non escludere l’utilizzo dei poteri di veto da parte del Tesoro nel caso si venissero a determinare situazioni tali da mettere in gioco gli interessi del Paese".

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L’opposizione è sul piede di guerra. "Io mi chiedo perchè il governo aspetti tanto a decidere se utilizzare la sua golden-share", dice Francesco D’Onofrio, capogruppo del Ccd al Senato. "La verità è che l’esecutivo rimane prigioniero delle oscillazioni di D’Alema fra una vecchia cultura che voleva l’economia subordinata alla politica e una nuova cultura che vuole la politica subordinata all’economia. Tali oscillazioni, in questa vicenda, hanno determinato un’indecisione pericolosissima. Amato è contrario a questo riassetto, ma il governo, nel suo complesso, pare bloccato. Vorremmo che tale scellerata operazione s’interrompesse. E proprio per dar segno concreto delle preoccupazioni per i piccoli risparmiatori, noi del Ccd abbiamo comprato da qualche giorno azioni Telecom".

Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione Comunista a Palazzo Madama, non usa mezzi termini: "Il comportamento del governo in questa vicenda è gravissimo. Migliaia di lavoratori Telecom rischiano il posto, e l’esecutivo non chiede neppure garanzie! Colaninno, come già ha detto Bertinotti, è un uomo d’affari socialmente pericoloso. Smantella interi assetti societari senza mettere in chiaro le proprie strategie."

Il leader di An Gianfranco Fini afferma: "Era compito preciso del governo fare in modo che i dirigenti della Telecom fossero più attenti agli aspetti industriali prima di annunciare al mercato ulteriori operazioni finanziarie che, da sole, non potevano che provocare una tempesta sui titoli in Borsa e danneggiare i piccoli risparmiatori coinvolti in un’operazione resa prevedibile dal forte indebitamento della Tecnost. Insomma, ancora una volta, in questa vicenda, non si capisce se il governo sia neutrale o incapace".

 

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