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Prodi/Il mio progetto per i Balcani

Tommaso Debenedetti

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 La terza via, per l'Europa del Duemila, e' indispensabile. Lo ha affermato il presidente designato della Commissione UE, Romano Prodi, nel corso della presentazione, l'8 Giugno a Roma, del volume di Anthony Giddens ( direttore della London School of Economics e 'ispiratore' del New Labour di Tony Blair) 'La terza via' edito dal Saggiatore.
Ad interrogare Prodi, il giornalista italiano Santini, gia' firma 'storica' di Paese Sera, ed il corrispondente della Associated Press Denis Redmont. Proprio rispondendo a Redmont, che gli elencava le critiche mosse dai recensori inglesi all'opera di Giddens, Prodi ha affermato:
"Indubbiamente, questo e' il meno originale dei saggi di Giddens, ma sarebbe sbagliato prenderlo in mano cercandovi novita' rivoluzionarie. 'La terza via' e' infatti, per dichiarato intento dell'autore, un compendio, un'esposizione semplificata e sommaria , che assomma molte teorie politiche, sociali ed economiche. Si tratta, pero', di un compendio non superficiale ed utilissimo. Quanto alle accuse mosse a Giddens di voler tornare all'old Labour,- ha proseguito il presidente UE - le ritengo ingenerose e sostanzialmente infondate. Mi pare che il libro di Giddens sia una guida ottima per comprendere meglio quella terza via che costituisce oggi la grande opportunita', la grande sfida per i riformisti di tutto il continente".

"Se penso alla mia esperienza di studioso della terza via -ha spiegato Prodi - posso dire che uno degli interrogativi che sempre vengono fuori e' se vi sia una conciliabilita', un confronto possibile fra il riformismo nel continente europeo e negli Stati Uniti d'America. Mi pare che tale confronto sia non solo possibile, ma necessario. La globalizzazione, infatti, e' ormai un dato reale, oggettivo, e i singoli stati non possono farcela da soli: la guerra nei Balcani ne e' la prova lampante. Il mercato va globalizzandosi, e la politica non puo', non deve rimanere indietro. La sensibilita' a questi temi e' fortissima, in Europa come negli Stati Uniti, e cio' mi sembra possa servire ad avviare un confronto non piu' su questo o quel punto, su questa o quella realta' contingente, ma sul grande quesito del 'dove andremo a finire'.


Ecco, la terza via propone questo tipo di dialogo: un confronto fra persone che sanno intendersi . Del resto, in questi due mesi di apprendistato come presidente UE - ha raccontato Prodi- ho potuto notare come l'esigenza comune di dialogo, di confronto che sia anche dibattito sul pensiero politico, sia presente in tutti i partner dell'Unione. Ma c'e' ancora molto da lavorare: lo si capisce quando, nelle lunghe notti che seguono i vertici politici, al momento in cui si devono tirare le fila e stendere i documenti finali, nascono incomprensioni e diatribe sull'uso e sul significato anche di singoli termini, di singole parole. Per superare barriere del genere occorre un grande confronto di idee, un grande scambio di cultura politica ed economica, cui un'opera come 'La terza via' di Giddens può dare un contributo essenziale. E nella mia qualita' di presidente della Commissione Europea, vorrei realizzare molto presto un obiettivo: cioè creare gruppi di intellettuali che elaborino, come avviene negli Stati Uniti, documenti sui quali gli uomini di governo potrebbero lavorare a lungo termine".


Alla fine dell'incontro, abbiamo rivolto a Romano Prodi alcune domande Presidente Prodi.

Lei ha affermato che la guerra nei Balcani sottolinea in modo decisivo la necessita' di lavorare per la terza via "

La guerra nei Balcani fa capire che agire da soli , per gli Stati, non e' più pensabile, che bisogna sperimentare qualcosa di nuovo, all'insegna dell'integrazione, e la terza via teorizzata da Giddens è un'ottimo punto di partenza per questo esperimento. E' sotto gli occhi di tutti come adesso, una volta terminato il conflitto, si imponga la necessita' di una ricostruzione post-bellica che passi attraverso l'integrazione progressiva degli Stati balcanici nell'UE. Sara' una sfida bellissima e molto difficile, perché dovremo accogliere Paesi che hanno una situazione economica assai precaria, comunque diversa rispetto agli altri partners dell'Unione. Se non si impara a ragionare insieme, a lavorare di concerto, a sviluppare un comune pensiero politico-economico, la battaglia sara' perduta.".

A proposito di economia: si dice spesso che l'Italia fatichera' a tenere il passo con l'Europa. Condivide queste previsioni?

"No. Al di la' della minor crescita, il nostro Paese non presenta alcun segnale che faccia temere uno 'sgancio' dall'Europa. Piuttosto, io sarei ottimista, e valuterei l'importante opportunita' che sara' costituita, per l'Italia, dalla ricostruzione post-bellica. Noi esportiamo verso i Balcani più di quanto vi esportino Gran Bretagna e Francia messe insieme, e dalla nostra posizione di punto d'incrocio fra Europa e mondo balcanico trarremo grandi vantaggi. Certo, esiste una condizione per realizzare al meglio il nostro ruolo: la stabilita'. Si tratta di una condizione essenziale. Un grande esempio in tal senso e' costituito dalla Spagna: grazie alla sua stabilita' politica, ha realizzato un autentico miracolo a livello economico e di credibilita' internazionale".

Lei parla spesso di esigenza di un grande confronto sul pensiero politico.
Dovrebbe riguardare solo i riformisti?

"No. Il dibattito dovrebbe essere parallelo. Ognuno, sia i conservatori che i riformisti, dovrebbe elaborare le proprie tesi, le proprie proposte. Invece oggi si tende a fare una gran 'marmellata' tra valori riformisti e valori conservatori, senza chiare distinzioni: purtroppo e' l'attuale realta' politica che, in tutto il mondo , spinge a tale confusione. Tanto che perfino le tesi esposte da Giddens nel suo libro sono state, in qualche punto, fatte proprie dai conservatori britannici".


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