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Danza/In principio era il corpo (russo)

 

Ada d’Adamo

 

 

"Sembra che il mondo si sia stufato di sedere al suo posto. La nostra epoca è il tempo del movimento. Nel ritmo tempestoso della vita cittadina, della cultura delle macchine, di tutte le svolte spirituali e cambiamenti sociali [...] c’è un continuo richiamo a danzare, fare dello sport, andare al cinema [...] La danza nella sua essenza è l’organizzazione artistica della cultura fisica".

Mosca, 1923. Con queste parole lo storico dell’arte Aleksej Sidorov — amico di Kandinskij, cultore del simbolismo, amante della fotografia e del cinema — sintetizzava il senso del nuovo interesse, nella Russia post-rivoluzionaria, per le possibilità espressive del corpo in movimento.

E proprio all’"arte del movimento a Mosca negli anni Venti" è intitolata la mostra "In principio era il corpo...", aperta a Roma, nella sede dell’Acquario Romano, fino al 2 maggio. 485 opere — fotografie e disegni per lo più inediti, provenienti da musei e collezioni private russe — ricostruiscono, attraverso l’efficace percorso ideato dalla curatrice Nicoletta Misler, le sperimentazioni e le ricerche degli artisti d’avanguardia che si dedicarono al linguaggio del corpo in tutte le sue forme: dalla danza plastica alla ginnastica, dai movimenti di massa a quelli del lavoro in fabbrica, dall’acrobatica alle parate sportive. Un fenomeno ampio e quasi sconosciuto, poiché sino ad oggi la maggior parte dei documenti relativi a quel periodo — in particolare le fotografie, ritenute pornografiche — erano rimasti sepolti in privatissimi archivi. Inoltre l’attività dell’Istituzione che intorno a sé aveva catalizzato le esperienze di ricerca più innovative del tempo — il "Laboratorio Coreologico dell’Accademia Russia di Scienze Artistiche" (RAChN) di Mosca — era stata, alla fine degli anni Venti, letteralmente cancellata dalla storia.

Ma oltre all’indubbio valore storico, l’esposizione offre l’opportunità di compiere una sorta di viaggio della memoria alle radici della danza moderna e di ripensare il ruolo che quei fenomeni di avanguardia hanno avuto nell’arco del secolo e continuano ad avere ancora oggi.

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Una delle tendenze principali, ampiamente documentata dalla mostra, è quella "plastica", che nasceva dall’amore dei russi nei confronti della danzatrice "libera" per eccellenza: l’americana Isadora Duncan, che nel 1921 si esibiva sulle scene del Teatro Bolscioi alla presenza di Lenin e celebrava così il 4° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, danzando sulle note dell’Internazionale. A piedi nudi, avvolta in una leggera tunica (naturalmente rossa, per l’occasione) che le lasciava scoperte le braccia e le gambe, Isadora incarnava l’ideale di un corpo nuovo, libero dalle costrizioni del tradizionale tutù e delle scarpette da punta, normalmente indossati dalle ballerine classiche. All’appassionata anti-capitalista che credeva fermamente in una "danza per il popolo", l’Unione Sovietica affidò l’educazione dei suoi figli e in breve la scuola di danza della Duncan formò uno stuolo di "duncanine", come vennero chiamate le sue piccole allieve che le foto dell’epoca hanno immortalato in libere danze all’aperto, mentre fanno volteggiare nell’aria veli e sciarpe impalpabili.

Ma quella della plastica era solo una delle possibili direzioni di una ricerca a tutto campo, che aveva al suo centro il corpo, materia prima da manipolare e analizzare, da smontare e studiare con piglio scientifico, per scoprirne i segreti e capirne il funzionamento. Ecco allora spiegato l’amore per il nudo, un imperativo inevitabile sia per i fotografi del tempo, che ne fecero un oggetto di indagine privilegiato, sia per disegnatori e grafici, che con tratto sinuoso o con stilizzati geometrismi, ne misero in evidenza i valori plastici e le linee dinamiche con straordinaria efficacia. Tanto da essere perseguiti, all’inizio della politica stalinista, con l’accusa di pornografia: di molti di loro si perderanno le tracce tra le nebbie dei lager, qualcuno sarà sottoposto a programmi di rieducazione mentale... Ma intanto, prima che il regime sradicasse dal repertorio sovietico le forme di svago e di intrattenimento provenienti dal "corrotto occidente", negli anni Venti a Mosca furoreggiava il tango, gli artisti dei music-hall si esibivano nelle parodie dei balli e degli sport americani più in voga, come il charleston e il football, e i café-chantant producevano numeri di varietà con file di ballerine perfettamente sincronizzate, che nulla avevano da invidiare alle future girls del re del musical americano Busby Berkeley.

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Quello che più colpisce nel fermento di quegli anni, è la fluttuazione delle idee, che non restano mai confinate in un unico ambito di ricerca, ma viaggiano e si trasformano creando un tessuto di continui rimandi: il ballo folklorico russo assimila il ritmo pulsante dello step americano, le jazz-band fanno da sfondo musicale alle esibizioni circensi, il balletto classico fornisce la base per le evoluzioni delle coppie acrobatiche, i princìpi della ginnastica ritmica vengono usati per ottimizzare i movimenti degli operai. Clown, coreografi, fotografi, danzatori, musicisti, scultori, filosofi, pittori: tutti contribuiscono in ugual misura alla nascita della Nuova danza.

Inevitabile chiedersi che cosa resta, oggi, di quelle idee rivoluzionarie che all’epoca fecero scandalo, rompendo con la tradizione del balletto tardo-romantico. Proprio da questa domanda è nata l’idea di affiancare alla mostra "In principio era il corpo..." una serie di performance serali, che offrono l’occasione di verificare quali siano le suggestioni e i suggerimenti che la coreografia contemporanea italiana ha tratto dalle sperimentazioni russe. Uno sguardo al programma permette subito di ritrovare anche negli artisti di oggi quella pluralità di indirizzi che contraddistingueva i primi anni del secolo, dal filone meccanico a quello emozionale, passando attraverso il circo e la plastica. Dice Elisa Vaccarino, curatrice della sezione performance: "I pionieri degli anni Venti volevano rompere gli schemi del balletto accademico e, per far questo, conducevano le loro ricerche su più fronti: plastico, espressivo, meccanico, grottesco. Oggi, dopo che si è passati non solo attraverso il codice del balletto classico, ma anche neo-classico, moderno, post-moderno, che rappresentano modalità di movimento altrettanto stabilizzate e consolidate, si è tornati a ragionare solo sul corpo, prima ancora che sul corpo danzante".

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Il corpo torna dunque in primo piano — "in principio" appunto — ma con una veste, una struttura, una sensibilità e una funzionalità completamente diversi. Se il coreografo Nikolaj Foregger aveva ricercato nel danzatore degli anni Venti la perfetta efficienza ed efficacia di un pistone o di un ingranaggio e per lui creava le sue "danze delle macchine", oggi non ha più senso un’"imitazione" esteriore della macchina: il corpo ha acquisito e interiorizzato una consapevolezza robotica. Frutto della consuetudine con le nuove tecnologie digitali, i ballerini del gruppo di Michele Pogliani — giovane coreografo romano presente all’Acquario con lo spettacolo Cyber Queer Lounge (San Pietroburgo Night Café version) — esibiscono corpi mutanti dalla fisicità ambigua, a metà fra gli eroi dei manga giapponesi e le figurine di un unico, immenso videogame. Anche l’interesse per la trascrizione del movimento è oggi quanto mai vivo. Cambiano però i sistemi e le modalità, ancora una volta grazie alla tecnologia: se negli anni Venti si studiavano sistemi grafici per annotare una danza, o si ricorreva alle prime conquiste del cinema e alla fotografia (magari "costruendo" letteralmente le immagini per dare almeno un’impressione del movimento), oggi esistono programmi informatici che consentono di creare una coreografia e vederla realizzata in tempo reale, "costruendola" addosso a danzatori virtuali tridimensionali.

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Su un versante diametralmente opposto, resistono ancora il fascino e il mito di Isadora Duncan, sia attraverso la ricostruzione filologica delle sue danze, tenute in vita da artiste americane che tuttoggi si professano sue seguaci, sia nelle libere rivisitazioni poetiche di coreografi come Michele Abbondanza/Antonella Bertoni o Raffaella Giordano, che alla "divina" dedicheranno un duplice omaggio, sempre nella rassegna dell’Acquario.

Grande fabbrica di idee, gli anni Venti continuano dunque a rappresentare una potente sintesi dei linguaggi del corpo la cui ricchezza continua ancora a produrre frutti.

 

 

"IN PRINCIPIO ERA IL CORPO...
L’arte del movimento a Mosca negli anni ‘20"
17 marzo - 2 maggio 1999
Roma, Acquario Romano, P.zza Manfredo Fanti, 47
Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00 (lunedì chiuso)
per informazioni sulla mostra e sugli spettacoli: 06-4467407

Catalogo Electa

 

 



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