Beethoven al bordello e altri miti infranti
Raffaele Oriani
Mentre il Senato americano sanciva la definitiva archiviazione del caso
Lewinsky, Eugene Foster, un oscuro anatomo-patologo dellUniversita' di Tuft,
stabiliva una volta per tutte la verita' su un caso scabroso di paternita' presunta,
negata, mai prima dora accertata. Un altro presidente, la stessa relazione
pericolosa, tuttaltra pregnanza dei fattori in gioco: le ricerche di Foster hanno
infatti dimostrato che Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, ispiratore
della dichiarazione di indipendenza ma fiero oppositore di ogni contaminazione razziale,
ebbe davvero un figlio con la sua schiava mulatta Sally Hemings. Lo si sospettava da
sempre, lo si mormorava gia' allora, ma lo si sa con certezza solo ora che si e' potuto
mettere a confronto il dna dei discendenti di Jefferson e di Hemings. E si' che il
presidente non lascio' tracce presidenziali sul vestito della donna.

Clinton ha dimostrato di saper campare a dispetto del proprio mito
infranto, la memoria di Jefferson probabilmente non risentira' a lungo di questa
intrusione della cronaca nella storia a stelle e strisce. Certo e' che la volonta' di
sapere sta prendendo nuove forme: meno mediate, piu' brutali, puntate come un missile
intelligente sui bassi istinti delle alte sfere. Lincoln aveva la sifilide? Cosi'
attestano le ricerche piu' recenti di Alfredo Guevara, urologo dellArizona. Schubert
era omosessuale? Secondo la musicologa Susan McClary la struttura stessa
dell"Incompiuta" starebbe li' a dimostrarlo. Di cosa mori' Beethoven? Di
sifilide, avvelenamento o intossicazione alimentare? Ad una ciocca di capelli lardua
sentenza.
Proprio al caso Beethoven e alle nuove tecniche di indagine biografica
e' dedicato un lungo articolo di Philip Weiss apparso sul "New York Times
Magazine" e in Germania su "Die Zeit". E al centro della ricerca di Weiss
non sono timbro, tonalita', tema e variazioni. Sono i 160 capelli da cui i Stranamore
dellAmerican Beethoven Society di San Jose' (California) si aspettano fondamentali
rivelazioni sullultimo anno di vita del titano di Bonn. I capelli infatti dicono
tanto, quasi tutto: mantengono traccia delle sostanze ingerite e conservano cellule di
cuoio capelluto da cui ricostruire il dna del fu proprietario. In questo caso un genio
morto centosettanta anni fa.

La biografia chiede quindi sempre piu' spesso soccorso alla biologia,
mentre i grandi affreschi storici lasciano il campo alle piccole curiosita' umane e troppo
umane. Se scendono in campo gli urologi e' pero' comprensibile che entrino in allarme i
musicologi e che Leon Botstein, decano della categoria, parli esplicitamente di decadenza
dei costumi: "Oggi come oggi non sono solo gli adolescenti ad aver bisogno di idoli,
ma anche gli adulti che vogliono poter adorare e subito dopo scalzare il mito dal
piedistallo". Non bastano ad esempio nove sinfonie per distrarre lattenzione da
una ciocca di capelli che il sito internet del Center for Beethoven Studies
(http://www.music.sjsu. edu/Beethoven) descrive cosi': "Il ciuffo contiene capelli di
tre differenti colori: bianco, castano chiaro e castano scuro. La lunghezza e' compresa
tra i 3 e i 6 pollici. Dato che i capelli crescono ad una media di mezzo pollice al mese,
la ciocca tagliata a Beethoven sul letto di morte rappresenta la crescita degli ultimi
suoi 6-12 mesi di vita".
I capelli possono molto: in una ciocca di Heinrich Heine, poeta
ebreo-tedesco di brillante vis polemica, si e' ritrovato il piombo con cui fu
probabilmente avvelenato. Nella ciocca di Beethoven non e' stata invece trovata traccia di
morfina, con cui un secolo fa si era soliti trattare i moribondi. Segno che non fu la
malattia a stroncare il musicista? Forse, ma per saperlo dovremo attendere le analisi di
William Walsh del Pfeiffer Research Center a Napperville (Illinois) che intende rilevare
la quantita' di arsenico presente nei capelli. Lo stesso Walsh dovra' poi rispondere alla
domanda clou di ogni biografia "non autorizzata" di ambiente ottocentesco:
Beethoven aveva la sifilide? Il sospetto e' forte, linteresse meno, ma solo il tasso
di mercurio presente in quei 160 capelli potra' dare una risposta definitiva.

Ma cosa muove gli studiosi verso la nuova frontiera della ricerca
biografica? Cosa porta illustri accademici a sondare allinfrarosso le lettere di
Emily Dickinson per scovarne i passi che ne dimostrerebbe lomosessualita'? E
solo curiosita' meschina? Gioia maligna nel riportare a terra e ridonare carne a chi si
era spinto troppo in alto nei cieli dello spirito? O sono forse e semplicemente degli
esempi di dedizione morbosa? Secondo lurologo Guevara "conoscere i dettagli non
sminuisce i grandi, ma li rende semplicemente piu' reali". Il che non toglie che
linteresse per Monica Lewinsky sia inversamente proporzionale a quello per la
politica, che piu' si parla di sifilide meno si ascoltano sinfonie e quartetti, che
insomma la volonta' di sapere finisca spesso per crescere a spese della capacita' di
capire.
|