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Caso Parini/E' giusto il 2 in pagella?

Paola Casella

 

 

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"Rispetto a tutte le scemenze di cui siamo inondati, la scuola e' una delle poche cose serie, di cui si parla anche nelle famiglie", dice Massimo Nava, inviato speciale del Corriere della Sera, nonche' ex alunno di quel liceo classico Parini di Milano che ha innescato le recenti polemiche relative al mondo della scuola. La prima, scoppiata a gennaio, riguardava l'eccessiva severita' accademica del liceo -- i 2 e i 3 distribuiti a piene mani, i 9 e i 10 lesinati, se non addirittura scomparsi dal registro dei professori -- responsabile, secondo un articolo del Corriere, del drastico calo di iscrizioni per il prossimo anno scolastico.
La seconda polemica, di appena qualche giorno fa, riguarda invece la severita' gestionale, ovvero il contrasto fra il nuovo preside, Daniele Straniero, e il corpo studentesco in occasione dell'annuale occupazione del liceo, avvenuta nel novembre scorso, a pochi mesi dall'insediamento in Via Goito di Straniero (un nome, una profezia) nel ruolo di manager del liceo, secondo la nuova definizione coniata dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Come sempre, le vicende del Parini hanno suscitato l'interesse della stampa nazionale: sulla polemica dei voti e' intervenuto Montanelli con un editoriale in prima pagina del Corriere, al quale ha risposto, stessa testata e stessa collocazione editoriale, Riccardo Chiaberge; lo stesso Straniero ha raccontato a Panorama il diario dell'occupazione del liceo, in versione ridotta sul settimanale di carta, nella sua interezza sul sito Internet del newsmagazine (http://www.mondadori.com/panorama), suscitando un'intensa corrispondenza via posta elettronica e un vivace dibattito in rete fra preside e navigatori assortiti.
La visibilita' delle vicende del Parini sugli organi di informazione non e' solo una questione logistica, anche se il Corriere ha sede in Via Solferino, a cento metri dal Parini, e conta fra i suoi giornalisti un buon numero di ex pariniani, i cui figli e nipoti spesso
frequentano il liceo. "Che il teatro di questa partita sia il Parini non mi sorprende", ha scritto Montanelli a proposito della polemica sui voti, proseguendo in prosa dannunziana: "E' il liceo milanese di piu' antica e fulgida tradizione".


 

Fin dalla nascita, il Parini gode effettivamente di fama illustre, della quale gli stessi ex pariniani si fanno portavoce: "Gia' in epoca fascista, quando la sede di Via Goito era quasi nuova, il Parini era considerato il primo liceo d'Italia", ricorda Franca Valeri, che l'ha frequentato "negli anni prima della guerra. Il mio personaggio della signorina snob attingeva anche alla mia esperienza in quella scuola". "Chi andava al Parini si sentiva un berretto verde dell'istruzione superiore italiana", rincara Vittorio Zucconi, maturita' nel '63. "Gli insegnanti ci dicevano, papale papale: voi siete la classe dirigente di domani". Lo spirito di corpo della scuola era tale che Salvatore Veca, arrivato al Parini solo al secondo anno di liceo (per conseguire la maturita' nel '62), ricorda; "La prima volta che entrai in aula il professore di latino e greco mi disse: "Sei un barbaro, nel senso greco della parola, e quindi dovrai darti da fare, perche' sara' molto difficile che noi ti accettiamo".

Il Parini ha spesso funzionato da "punta avanzata" all'interno del panorama scolastico italiano, come ricorda l'Onorevole Diego Masi (maturita' '66), che arriva addirittura a definirlo "l'epicentro culturale e politico del paese". "Quando entrai al Parini sapevo che non era solo una scuola, ma un luogo dove accadevano cose che avevano una risonanza nazionale", rincara Ivan Fedele, (maturita' nel '72 , storica occupazione nel '68), oggi compositore di fama internazionale.

Molti ex alunni hanno raggiunto la notorieta': i nomi di quelli ormai scomparsi che ricorrono piu' di frequente sono Dino Buzzati, e soprattutto, fra quelli che l'hanno conosciuto di persona, Walter Tobagi. Molti anche i professori entrati nella leggenda della scuola, principalmente quelli di greco e latino -- Pelosi, Cantele, D'Arbela, e Canesi, "che non aveva l'uso delle gambe e arrivava a scuola in carrozzella, arrancava fino all'aula e si buttava sulla sua seggiola", come ricorda Zucconi. "Noi lo guardavamo con enorme rispetto, non solo perche' era uno degli insegnanti piu' bravi, ma anche perche' era una grande lezione vedere il suo sforzo quotidiano per venire ad insegnare". E poi i presidi: l'ottocentesco Garavoglia negli anni Cinquanta, l'imprevedibile Mattalia nei caldissimi Sessanta.

 

Al di la' della dimensione mitologica, il Parini e' stato, nel concreto, il teatro di una serie di avvenimenti culturali e politici che hanno fatto epoca: dall'episodio della Zanzara, "il primo giornalino studentesco in Italia", come lo ricorda Guido Vergani (frequentatore del liceo nei primi anni '50), che gia' all'inizio degli anni Sessanta lanciava inchieste "sovversive" come quella intitolata "Se voi foste i professori", che costo' a Vittorio Zucconi, allora direttore del giornalino, la sospensione "per ragioni giornalistiche, non scolastiche -- che peraltro avrei pienamente meritato".

Nel '66, la Zanzara pubblico' una "scandalosa" inchiesta sui pariniani e il sesso, dalla quale risultava che gli studenti avessero rapporti molto liberi, "addirittura che alcune ragazze usassero la pillola, cosa peraltro non vera: lo so per certo, perche' conoscevo quella che fece questa dichiarazione in prima persona", ricorda Guido Zucconi, fratello di Vittorio (maturita' nel '69), redattore della Zanzara ai tempi dell'inchiesta. "Gli studenti occuparono il liceo e il preside Mattalia, lo stesso che aveva a suo tempo sospeso Vittorio, ci sorprese rifiutandosi di chiamare la polizia contro il parere del consiglio docenti". "In quell'occasione, la scuola si dimostro' piu' illuminata della magistratura", ricorda Vergani. "Un magistrato addirittura sottopose i ragazzi a visita corporale, e tratto' una delle redattrici come un'autentica puttana".
.Il caso fu discusso in Parlamento, il preside Mattalia venne licenziato dal Provveditorato, divenne un simbolo e fini' per essere eletto al Parlamento nelle liste degli indipendenti del PCI, "lui che in realta' era stato un liberale di stampo gobettiano", precisa Fedele, "un uomo all'antica, che amava fare comunicazioni in interfono in versi", ricorda Guido Zucconi. "Da quell'episodio si apri' un dibattito, si innesco' una piccola rivoluzione di valori e di idee che portarono a fare del liceo Parini un punto di riferimento nel '68", ricorda Nava.

"Dopo la fine degli anni Sessanta, il Parini e' scomparso dalle pagine della cronaca, per ricomparire nel '75-'77", continua Umberto Gay, che ha frequentato il liceo proprio in quegli anni, e adesso e' consigliere comunale di Milano per Rifondazione Comunista. "Allora il Parini ha ripreso il suo ruolo di guida dei momenti di lotta nelle scuole della citta'. Eravamo l'unico liceo milanese che, alle sue assemblee -- cui partecipavano 700 studenti su 1000 -- vedeva rappresentati tutti i partiti politici in Parlamento: liberali, socialdemocratici, ciellini, tutta la sinistra possibile, e anche qualche fascista, seppur nascosto". "Erano anni di grande intensita'", concorda la regista Roberta Torre, maturita' nell'81. "Forse il discorso politico cominciava a spegnersi, ma rimaneva un'atmosfera forte. Un giorno spero di riuscire a farne un film".

 

A questo gruppo di ex pariniani che hanno raggiunto la notorieta' abbiamo chiesto una valutazione delle attuali polemiche che hanno visto protagonista la loro alma mater, raffrontandole a quelle che ricordano in prima persona, e inquadrandole nel piu' vasto ambito della situazione scolastica italiana in generale. Ne e' derivato un quadro di insieme che ha toccato i temi piu' svariati, dalla preparazione degli insegnanti al calo di popolarita' degli studi classici, dalle dinamiche del sistema di selezione accademica all'opportunita' o meno di un processo selettivo all'interno del liceo, in vista del recente innalzamento dell'obbligo della scuola ai 15 anni, dall'inadeguatezza degli strumenti di protesta politica allo scollamento della scuola dalla realta' lavorativa, fino al tramonto delle ideologie e allo spettro della disoccupazione. Ancora una volta, si direbbe, il Parini funziona da cartina di tornasole di un'Italia che cambia, o dovrebbe cominciare a cambiare, anche -- forse soprattutto -- a cominciare dall'istituzione scolastica.


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