Quattro fasi: prima i sani poi i malati
C. G.
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Se cè una cosa che non manca, sono i volontari sani: i primi ad offrirsi per la sperimentazione siamo proprio noi ricercatori. Lho fatto anchio. La dottoressa Sonia Del Mastro mi riceve nellavveniristica sede del Diti, Dipartimento di ricerca biologica e tecnologica dellOspedale S.Raffalele di Milano. E lei che coordina la sperimentazione clinica del San Raffaele, che è un Ircss, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Dal Mastro è il capo dei medici che qua si occupano di cavie umane.
I volontari sani schedati nellarchivio della Dal Mastro sono un centinaio. Abbastanza per il nostro lavoro, ma non molti -confessa la dottoressa-. Abbiamo poche industrie farmaceutiche nazionali; e le nuove molecole vengono sperimentate in Paesi con una legislazione più elsatica.
La sperimentazione clinica consta di quattro fasi: nella prima sono coinvolti volontari sani; nelle tre successive la sostanza è somministrata a volontari malati, per provarne lefficacia.

Quanti siano gli istituti che fanno sperimentazione in Italia non lo sa nessuno. Infatti, ripetono al Ministero della Sanità, ogni istituto, pubblico o privato, è abilitato per legge. Di certo fanno sperimentazione clinica i 31 Ircss italiani; e tra questi il S.Raffaele dove, il 60 per cento della ricerca, è farmacologica.
Per la sperimentazione su volontari sani abbiamo un apposito mini-reparto con sei letti -spiega Sonia Dal Mastro.
Gli studi sui volontari sani sono in gran parte di farmacocinetica: si somministra la medicina e si fanno una serie di prelievi successivi, per vedere come la sostanza venga assorbita dal sangue. Oppure si somministra un medicinale noto con una nuova posologia: fino ad ora si prendeva per via venosa? Vediamo che effetto fa per bocca. Facciamo spesso studi comparativi per capire meglio una patologia -spiega Del Mastro-: controllando le reazioni sia nella persona sana che nel malato.
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