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Jörg e i suoi fratelli



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La Fpö di Jörg Haider non è un caso isolato, ma solo l'esempio più vistoso e pubblicizzato dai media di una nuova corrente politica presente in quasi tutta l'Europa occidentale. Movimenti arroccati in difesa di valori tradizionali e identità etniche, ostili allo Stato sociale burocratizzato e all'immigrazione extracomunitaria, impegnati ad aizzare la protesta del "cittadino laborioso" contro la classe politica parassitaria e i "poteri forti" della grande finanza internazionale.

Alcuni politologi li considerano una nuova forma di estrema destra, altri hanno coniato il termine di "neopopulismo". Marco Tarchi, studioso dell'Università di Firenze che a questo fenomeno ha dedicato gli ultimi due numeri della rivista "Trasgressioni", da lui diretta, chiarisce innanzitutto che, a suo parere, la Fpö di Haider e i suoi omologhi non hanno nulla a che vedere con i partiti fascisti in auge nella prima metà del XX secolo. "Programmi politici, stili di comportamento, caratteristiche di fondo della leadership e dell'elettorato - puntualizza - sono completamente diversi".


Cominciamo dai programmi di questi partiti.

Solitamente sono incentrati su una mistura di due elementi principali: aspirazione a costruire una democrazia diretta, libera dalle mediazioni della classe politica, e richiesta di sottrarre alla mano pubblica quote crescenti di reddito e attività. Il loro sottofondo ideologico, che chiamiamo per comodità populista, è una combinazione piuttosto originale di nazionalismo e liberismo economico.

Ma nei confronti della democrazia rappresentativa come si pongono?

Il loro stile di azione è molto distante da quello dei movimenti a vocazione autoritaria o totalitaria, perché in generale questi partiti non sono mai coinvolti in prima persona, e raramente anche attraverso i propri militanti, in episodi di violenza, men che meno sistematica. Nei fatti hanno deciso di combattere la loro battaglia per la conquista del consenso in forme pacifiche: a mio parere non vogliono né possono sovvertire le regole del gioco democratico. Anzi la loro pretesa è proprio quella di rimettere il popolo al centro della vita pubblica.

Per quanto siano state oggetto di campagne aggressive da parte dell'estrema sinistra, le forze neopopuliste non hanno, se non in casi molto rari, portato il confronto sul terreno dello scontro fisico, anche dove disponevano di un'organizzazione ben strutturata. Il fascismo italiano e il nazionalsocialismo hitleriano si comportavano in tutt'altro modo.

Però anche le forze neopopuliste si affidano a leader carismatici idolatrati dai militanti.

C'è una differenza fondamentale. Nei movimenti fascisti si mirava a porre una grande distanza tra il capo e la massa dei suoi seguaci: il leader era presentato come una personalità assolutamente straordinaria, cui tutti si dovevano subordinare in una linea gerarchica molto rigida. Al contrario i massimi dirigenti neopopulisti tendono a farsi considerare come gli interpreti effettivi delle esigenze e della mentalità media dei cittadini. Si dichiarano uomini comuni, per quanto dotati di particolari capacità politiche, che non intendono staccarsi in alcun modo dal loro retroterra psicologico e sociale.

Ma chi sono i loro elettori? Non appartengono in prevalenza alla piccola borghesia, come quelli fascisti?

Forze come la Fpö hanno un'area di sostegno interclassista, in cui spiccano i cosiddetti "perdenti della modernizzazione". Troviamo una larga fetta di proletariato, soprattutto classe operaia urbana periferica, molto ceto medio impiegatizio, una significativa rappresentanza di lavoratori autonomi e commercianti. E' quasi del tutto assente la borghesia alta e medio-alta, che invece nei movimenti fascisti aveva un certo peso.

Quali sono le formazioni più importanti classificabili come neopopuliste, a parte la Fpö, nei paesi dell'Unione Europea?

Questa categoria è piuttosto controversa, per cui l'inclusione di alcuni partiti nel suo ambito risulta incerta o comunque solleva dei problemi. In Germania l'unica forza sicuramente neopopulista sono i Republikaner, ma la stessa Csu bavarese si mostra sensibile a tematiche analoghe. In Danimarca ha una presenza significativa il Partito del popolo, ex Partito del progresso, di Pia Kjaersgaard, che è rappresentato anche nel Parlamento Europeo. Formazioni simili esistono in altri paesi scandinavi, Svezia, Norvegia e Finlandia, dove però ottengono risultati oscillanti, fra alti e bassi

Non esiste nessun partito neopopulista di rilievo nella penisola iberica, mentre si discute molto sul Front national francese di Jean-Marie Le Pen, che per alcuni versi può essere considerato il progenitore di questa famiglia politica, mentre per altri si presenta ancora come una formazione di matrice neofascista. Più vicino al modello ideale appare il movimento guidato dall'ex lepenista Bruno Mégret, che però non si è ancora affermato. In Svizzera troviamo l'Unione del centro di Christoph Blocher. E in Belgio c'è il Vlaams blok, forse la seconda forza politica neopopulista europea per consistenza percentuale, dopo la Fpö, che però è un partito esclusivamente fiammingo, inesistente nel resto del paese, e per questo assume posizioni etniciste e secessioniste di gran lunga più accentuate rispetto al leghismo italiano.

Dunque il leader neopopulista del nostro paese è Umberto Bossi.

L'ascesa della Lega Nord dimostra indubbiamente la capacità di penetrazione delle tematiche neopopuliste in Italia. Ma tra gli studiosi si è discusso su altre manifestazioni del medesimo fenomeno in ambiti diversi, sia per quanto riguarda alcuni aspetti di Forza Italia, sia in riferimento all'emersione di personaggi come Leoluca Orlando e Antonio Di Pietro.

Torniamo alla Fpö e approfondiamone la storia.

E' una vicenda complessa. Originariamente nasce in alternativa ai due grandi partiti dominanti nell'Austria del dopoguerra, i socialdemocratici della Spö e i popolari (democristiani) della Övp. Si tratta di una forza di indipendenti che vuole traghettare sulla nuova scena politica la corrente tedesco-nazionale, cioè favorevole all'assorbimento di Vienna in un grande Stato tedesco, che era stata coinvolta pesantemente, dopo l'Anschluss con la Germania, nel disastro del Terzo Reich.

Successivamente si forma la vera e propria Fpö, sigla traducibile più correttamente come "partito della libertà" piuttosto che come "partito liberale". Il suo scopo, prima dell'avvento di Haider, è soprattutto affermarsi come ago della bilancia tra i due partiti maggiori.

Una manovra in parte riuscita, se non sbaglio.

In effetti, a partire dagli anni Sessanta, la Fpö dà più volte il suo sostegno a compagini governative. E a chiederne la collaborazione sono molto più i socialisti che i democristiani, benché tra i "liberali" austriaci siano piuttosto numerosi gli ex appartenenti alle Ss o al movimento nazionalsocialista. Peraltro l'inserimento nell'area di governo danneggia la Fpö, perché le toglie la sua arma polemica più efficace, cioè la contestazione del fitto sistema di spartizione e lottizzazione tra Spö e Övp che avvolge e condiziona in Austria tutta la vita pubblica. Ne conseguono quindi risultati elettorali molto deludenti.


Poi però arriva Haider...

La sua ascesa alla guida del partito risale al 1986. Da quel momento la Fpö, senza alcuna particolare revisione ideologica, riprende a cavalcare con estremo vigore la protesta contro le degenerazioni statalistiche e spartitorie del sistema di potere austriaco. Più tardi Haider dichiara superato il vecchio riferimento tedesco-nazionale e rivendica l'identità specifica dell'Austria come piccola patria da difendere. Così la Fpö passa di successo in successo, fino a superare la Övp, nell'ottobre 1999, e a insediarsi al secondo posto nel Parlamento nazionale con circa il 27% dei voti. Un risultato che porta all'entrata nel governo in una coalizione con i popolari.

Quanto ha pesato, nel successo della Fpö, la mancata denazificazione dell'Austria dopo la guerra?

Più che altro ha pesato alle origini, poiché buona parte del gruppo dirigente aveva aderito al regime del Terzo Reich. Ma di recente Haider è stato molto attento a tenere le distanze dalle tentazioni nostalgiche. Ed ha anche criticato la posizione di comodo assunta dagli austriaci, che dopo la guerra si proclamarono le prime vittime di Hitler, senza alcun esame di coscienza sul vasto consenso raccolto nel paese dai nazionalsocialisti. Pur affermando che bisogna prima di tutto guardare al futuro, il leader della Fpö ha detto che occorre rinunciare alla finzione di un'assoluta innocenza austriaca. E ha contribuito alla decisione di risarcire i lavoratori stranieri deportati in Austria durante la guerra.

Che rilievo ha il tema dell'immigrazione nei programmi dei partiti neopopulisti?

In generale si tratta di un argomento centrale nella percezione di molti cittadini europei, che le forze tradizionali, anche quelle conservatrici, hanno affrontato fino a tempi piuttosto recenti con notevole riluttanza, per timore di essere accusate di xenofobia. Si è quindi creato uno spazio politico piuttosto vasto, in cui i partiti neopopulisti hanno potuto insediarsi comodamente, senza incontrare quasi nessuna concorrenza.

Va notato però che la Fpö, tra i movimenti di quest'area, non è certo il più accanito contro gli immigrati. Dai sondaggi risulta che gli elettori di Haider solo in alcune fasi hanno indicato come i problemi più gravi l'immigrazione e la criminalità: molto più elevata e costante risulta invece la loro paura della disoccupazione per gli effetti incontrollati dell'economia globale. Del resto la legislazione austriaca sull'immigrazione era già una delle più restrittive, a livello europeo, ben prima che la Fpö giungesse al governo.


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