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I lettori scrivono

 

Da: Writer <omqma@tin.it
Data: Sat, 02 Dec 2000 10:52:04 +0000
A: caffeeuropa@caffeeuropa.it
Oggetto: A Proposito di "Cuba, vite parallele"



Ho letto l'articolo della Caiazza e di Paolo Martini, che cerca di tracciare un ritratto della Cuba di oggi a partire da un viaggio in jeep verso Trinidad. Ho apprezzato il taglio e lo stile dell'articolo, intermedio tra un taccuino di viaggio e un diario "on the road".

Sono invece rimasto perplesso (ed un po' infastidito) dall' intento divulgativo e dal metodo scelto per far conoscere ai lettori alcuni aspetti della situazione attuale di Cuba. Ritengo che l'approccio scelto dagli autori sia tipico di quei turisti occidentali che, nel rifuggire gli stereotipi abituali (Cuba come patria del socialismo latinoamericano, del sesso facile e di spiaggie bianche), finiscono comunque per proporre un immagine frammentaria e parziale di una realtà complessa e multiforme.

Sembra di leggere la trascrizione giornalistica di un episodio di "Turisti per caso". Magari gli autori sono frequentatori abituali di Cuba e ne conoscono, dall'interno, le dinamiche. Ma tutto ciò non emerge dall'articolo che appare come una collezione di luoghi comuni "rovesciati" e superficiali.

Perchè non dare voce ad un cubano o ad una persona che conosce la realtà del suo paese in modo approfondito? Perchè non far parlare chi, anche da una posizione non istituzionale, è in grado di fornire una visione originale dell'isola? Non è un po' deprimente (e scontato) il riferimento continuo agli "opulenti occidentali" e ai prezzi stracciati con cui si comprono i generi alimentari in pesos?

Non appare forse troppo facile l'espediente di far parlare i cubani dando loro dei passaggi su una jeep affittata? Perchè gli autori non sono saliti su uno di quei infernali "camiones" per sentire i commenti ed osservare le facce di chi va al lavoro? Chatwin ci ha insegnato che i diari di viaggio sono credibili quando avviene un'integrazione reale tra il viaggiatore ed il contesto che percorre.

Non mi sembra che questa operazione sia riuscita nell' articolo su Cuba.

Codiali saluti.

Claudio Martini



Rispondono Mariletta Caiazza e Paolo Martini:

Gentile lettore,

e chi ha detto di essere Bruce Chatwin? Lui era uno che viaggiava per professione (beato lui), oltre che per passione. Ben diversa la situazione di chi, come noi, nella vita fa altri lavori e nelle due settimane di ferie di cui dispone sceglie di fare un viaggio a Cuba. In questo caso ci sembrerebbe davvero stupido e insensato passare meta' del tempo ai margini della strada ad aspettare i camiones; non le pare?

Certo, non saremmo mai andati in un villaggio turistico, o in nessuna delle isole dorate che i "divertimentifici" per turisti offrono a piene mani; abbiamo evitato, tutte le volte che era possibile, anche gli alberghi, preferendo alloggiare nelle case dei cubani, dividendo il loro cibo e volentieri passando ore a chiacchierare con loro; comprando banane al mercato e panini dagli ambulanti, gli stessi che mangia un normale cubano. Ma senza pretendere di essere degli etnologi, ne' dei sociologi, ne' dei viaggiatori di professione; ne', tantomeno, di voler insegnare a tutti i costi qualcosa al mondo (a questo ci pensano gia' in troppi!).

Cordialmente,

Mariletta Caiazza e Paolo Martini



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