| Una candidatura che divide 
 
 
 Michele Salvati
 
 
 
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 Questa risata ci
          seppellirà
 Cos'è Il
          Centro di Milano
 Questo articolo è stato pubblicato su Il
          Centro di Milano del novembre 2000
 
 Il mese scorso, commentando la rinuncia di Moratti alla candidatura a
          sindaco nelle prossime elezioni comunali, osservavo che forse non
          tutto il male veniva per nuocere: forse era la volta buona, per il
          centro-sinistra, per designare un candidato che provenisse dalle
          proprie fila, che esprimesse l’anima dell’intera coalizione di
          forze che l’avrebbe sostenuto, un politico deciso a restare in
          politica quale che fosse il risultato elettorale. Ci eravamo scordati
          dell’aurea regola che, se qualcosa può andar storta, di fatto
          andrà storta: out of the blue, come direbbero gli inglesi, si
          è imposta all’attenzione pubblica la candidatura di Dario Fo.
 
 Lasciamo perdere la dietrologia (se effettivamente questa candidatura
          cada dal cielo o sia stata pensata e costruita, e da chi). E lasciamo
          da parte ogni giudizio sulla persona. Ma una cosa è certa: Dario Fo,
          per la sua personalità prorompente, per le idee che non si è mai
          curato di nascondere, e soprattutto per la sua storia, è una
          candidatura che divide e non unisce lo spettro di forze che dovrebbe
          sostenerlo. E pensare che le cose si stavano mettendo bene: dal
          convegno delle Stelline (Fezzi, Pisapia e compagni) stava nascendo un’iniziativa
          unitaria, la ricerca di un candidato dell’intero schieramento, dai
          Popolari a Rifondazione. Questa ricerca è stata brutalmente
          interrotta dall’avallo nazionale di Rifondazione alla candidatura di
          Dario Fo, che ha spiazzato gli stessi aderenti a quel partito che, in
          sede milanese, stavano pazientemente tessendo la tela di una
          candidatura unica.
 
 A questo punto, purtroppo, non si vedono vie d’uscita positive.
          Sarebbe positivo se Dario Fo si ritirasse, e il processo di ricerca
          unitario potesse ripartire. Si tratta però di una via d’uscita
          improbabile. Da un lato la candidatura di Fo fa ormai parte di giochi
          politici nazionali e dà a Rifondazione un’arma troppo preziosa
          perché essa possa rinunciarvi: Bertinotti sa benissimo che Dario è
          immensamente popolare nella sinistra ex-comunista, ed è suo primario
          interesse politico far scoppiare le contraddizioni che ancora
          persistono nella base dei DS: se Fo rimane in campo, opporsi a questa
          candidatura sarebbe costosissimo per il partito di Veltroni. Dall’altro,
          si tratta di una candidatura spettacolare e drammatica, un vero brodo
          di cultura per i media, nazionali e internazionali: il paragone,
          efficace anche se del tutto improprio, con l’autocandidatura di Ken
          Livingstone a sindaco di Londra, è lì a dimostrare che cosa può
          diventare la campagna elettorale di Dario Fo, l’eroe buono contro i
          partiti malvagi e arroganti.
 
 E allora? Se la candidatura di Fo rimane in campo, la scelta è tra
          due mali e deve orientarsi alla ricerca del male minore. Per i partiti
          del centro-sinistra, e per i DS in particolare, accettare obtorto
          collo Dario Fo come candidato significa rovesciare la linea
          politica che essi hanno sostenuto in tutti questi anni e riaffermato
          recentemente colla candidatura di Rutelli (ma Amato sarebbe stato lo
          stesso) come sfidante di Berlusconi. Le campagne elettorali nazionali
          e comunali si svolgeranno insieme: ve lo immaginate un povero
          militante che deve persuadere il suo interlocutore a votare Rutelli
          premier, Amato capolista …e Dario Fo sindaco? D’altra parte se i
          DS favoriscono la ricerca di un candidato in opposizione a Dario Fo, e
          inevitabilmente si tratterebbe di una figura meno affascinante e
          popolare, rischiano di spaccare la loro base, ottenere un risultato
          inferiore a quello di Fo, e finire con un’opposizione debole e
          divisa in consiglio comunale.
 
 Nonostante tutto, io credo sia quest’ultimo il male minore. Dopo
          aver fatto ogni sforzo per indurre Dario a ritirarsi (è una persona
          cui sta a cuore il bene della sinistra, e non può non rendersi conto
          delle conseguenze politiche e di lungo periodo della sua candidatura),
          i DS, su cui gravano le maggiori responsabilità, devono far prevalere
          ragioni di coerenza politica e considerazioni di lungo periodo e
          ricercare, con gli altri partiti di centro-sinistra, un candidato che
          meglio impersoni il messaggio politico che hanno dato in questi anni e
          vogliono dare in quelli futuri. La campagna della destra contro Dario
          Fo sarà velenosa e andrà a scavare in ogni angolo della vita di
          questo grande e ingombrante personaggio: come sarà possibile reagire
          all’accusa di comunismo ed estremismo che viene dalle destre se si
          presenta Fo come candidato? E si pensi poi agli spazi di visibilità
          che si offrono ai partiti di centro: la presentazione di una lista
          anti-berlusconiana ma centrista, in contrapposizione a quella della
          sinistra, è praticamente scontata e, se fosse una lista decente, io
          stesso sarei fortemente imbarazzato nella scelta.
 
 La notte della sinistra è ancora fonda a Milano. L’alba verrà, ma
          è lontana.
 
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