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Questa risata ci seppellirà



Guido Martinotti



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Questo articolo è stato pubblicato su Il Centro di Milano del novembre 2000

E così Dario Fo sarà il (o un?) candidato della sinistra milanese per l'elezione a sindaco. Nulla di strano poichè, come ci spiegano da tempo i politologi, la politica si sta sempre più spostando dal momento del governo al momento elettorale. Siamo in campagna elettorale da più di un anno e già ci sono i manifesti con i faccioni in giro, prima ancora che gli uffici elettorali abbiano indicato gli spazi assegnati ciascuna lista, ma si sa che si è sempre trattato di una facezia. Negli Stati Uniti sono in campagna da quasi altrettanto a lungo e si vedono bene i risultati. Per di più Fo è sempre stato immerso nella politica fino ai capelli e la sua verve aggressiva promette di riscaldare il cuore del popolo di sinistra demoralizzato da una serie di fallimentari scelte dall'alto che si chiamano Diego Masi, Aldo Fumagalli e Massimo Moratti. Allora perché tante perplessità? Cerchiamo di capire e anche di far capire.

Mentre la coalizione in carica ha un candidato sindaco che gode, presso ampi strati dell'elettorato milanese, di una popolarità forse persino superiore a quella su cui può contare presso la sua giunta, il popolo sparso della sinistra (o del centro sinistra) da molto tempo non è riuscito a esprimere un candidato credibile. L'esperienza negativa di Nando dalla Chiesa, anche se sfavorita da una congiuntura particolarmente sfavorevole, ha fornito la prova che un candidato che venga percepito come troppo spostato a sinistra, non ha possibilità di superare la prova. Milano è una città ricca e in tempi recenti anche con una popolazione che invecchia: i parametri demografici non sono favorevoli alla sinistra.

Ecco quindi la ricerca di un candidato di centro capace di attrarre una parte dell'elettorato mediano. Ma l'operazione non è facile, perché oggi non è più il tempo in cui le organizzazioni di sinistra riuscivano a far votare alla propria base candidati di coalizione, anche se impopolari. Fumagalli ha perso in larga misura perché non è riuscito a convincere larga parte del suo potenziale elettorato che la privatizzazione dell'AEM fosse una operazione utile per il bene pubblico. E poi, come ha spiegato cent'anni fa il sociologo Roberto Michels, chi è ricco di suo sta in politica finchè la politica gli garantisce un qualche vantaggio, non necessarianmente monetario.

Così Fumagalli, appena perso, invece di stare a organizzare l'opposizione, ha preso la porta, come si dice, all'inglese, ma veramente con uno stile ben poco britannico e senza neppure ringraziare i propri elettori. La ventilata candidatura di Moratti ha suscitato timori, rivelatisi poi non del tutto infondati, che la cosa si ripetesse. E comunque è apparso subito chiaro che gli eventuali voti a destra non avrebbero compensato la frana a sinistra. La sequenza di candidati mercenari, non perché pagati (anche se Fumagalli ha avuto non pochi contributi, ma ovviamente non è questo il punto) ma perché in un certo senso ingaggiati presso l'elettorato di centro-destra, ha avuto un effetto deleterio sulle motivazioni dell'elettorato di sinistra.

Interprete della diffusa frustrazione, un giovane avvocato milanese, Mario Fezzi, utilizzando intelligentemente le nuove tecnologie digitali ha dato vita a una affollata assemblea alle Stelline, il 2 Ottobre. Da questa assemblea è uscito un comitato coordinatore formato di sette persone tra cui il sottoscritto. En passant vale la pena di dire che, nessuno dei membri di questo comitato era disponibile a una candidatura, nonostante qualcuno dei nomi sia stato menzionato nell'usuale gioco di società della caccia al candidato. Con grande fatica e grazie al notevole impegno dei suoi membri e in particolare di Mario Fezzi, il Comitato riesce finalmente a convocare una assemblea generale di tutte le forze che fanno riferimento al centro sinistra, per il 24 Novembre alla Camera del Lavoro.

Poche ore prima, per l'iniziativa di Enrico Deaglio e del suo giornale, in accordo con il Corriere della sera, viene lanciata la candidatura di Dario Fo e due gruppi che avevano aderito all'Assemblea si dichiarano favorevoli. In una riunione d'emergenza il Comitato decide di sospendere l'Assemblea. In odio a Fo? Neanche per sogno Fo è persona stimabilissima, ma lo scopo del lavoro del Comitato non era quello di scegliere un candidato, ma quello di ricucire i pezzi di un elettorato di sinistra, trovare un accordo su alcune linee di programma e di qui tramite un procedimento pubblco e allargato arrivare alla indicazione di un nome. Qualcuno ha pensato che fosse meglio una operazione all'americana, con un candidato, ancora una volta, imposto dall'alto sulla base di una notorietà che non garantisce affatto, né la sua credibilità come governante né la sua capacità di raccogliere un ampio consenso.

Non voglio dire che Fo non avrà il sostegno della sinistra. Non sarà quel sostegno entusiasta che gli sarebbe derivato a lui o a qualsisi altro candidato da una investitura ottenuta tramite i modi tradizionali della politica, consultazioni e assemblee pubbliche, ma molti elettori di sinistra sono buoni soldatini e lo voteranno. Penso tuttavia che Fo e i suoi sostenitori non si siano resi conto di quanto devastante sia stata questa iniziativa per la possibilità di riprendere un discorso in comune. Il programma di Fo lo si può leggere sul Corriere del 26 Novembre e ognuno può giudicare da sé, qui dico solo che per un programma della sinistra, ma al fondo anche per la sua figura pubblica, sarebbe stato molto meglio se Fo avesse messo la sua grande popolarità e creatività politica al servizio di un progetto comune, come lui stesso ci ha insegnato moltissime volte criticando i colpi di mano dei poteri di ogni sorta. Certo Fo è un grande personaggio e durante la campagna (ahimè non dopo) qualche risata ce la farà fare. Temo, tuttavia che questa risata ci seppellirà. Noi e lui.

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