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          lettori scrivono     
        
           
          Da: Giordano Fildani <g.fildani@tiscalinet.it>  
          A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>  
          Data: Mercoledì, 1 novembre 2000 2:13 
          Oggetto: Sull'intervento
          di Sen 
           
           
          Sono d'accordo con l'intervento di Amartya Sen sulla necessità del
          conferimento del diritto di voto agli immigrati in tutti i paesi di
          accoglienza, Italia compresa quindi. 
           
          Penso infatti che, oltre alle considerazioni svolte dall'illustre
          economista filosofo indiano, il diritto di voto sia soprattutto un
          modo per uscire dalla concezione prettamente strumentale che dei
          cittadini stranieri (non comunitari, perchè sui comunitari e sugli
          americani c'è diversa considerazione) si ha in Italia anche da parte
          di alcuni che difendono l'importanza dell'accoglienza. 
           
          Verissimo che gli immigrati servono (e che le conseguenze negative
          legate alla criminalità sono inferiori rispetti ai benefici
          demografici ed economici), ma in queste considerazioni
          utilitaristiche, pur importanti perchè le società si reggono su cose
          molto concrete, c'è sempre la tendenza a considerare gli immigrati
          come braccia da lavoro e non come individui completi, dotati cioè
          delle nostre stesse esigenze non solo materiali ma anche culturali e
          politiche. Vi è nel diritto di voto anche un forte elemento
          simbolico, importante nel costruire un senso di appartenenza degli
          stranieri alla società di accoglienza. 
           
          Tanti discorsi sull'invasione islamica, sul conflitto apocalittico di
          culture e religioni (peraltro molto simili in realtà, perchè
          cristianesimo e islamismo hanno radici comuni e impostazioni
          teologiche altrettanto comuni), dovrebbero lasciare il posto all'idea
          di poter costruire una comunità democratica i cui valori siano
          condivisi da tutti, a prescindere dalla nazionalità e dalla
          religione. Un po' semplicistico forse, ma non è questo il pensiero
          liberaldemocratico? 
           
          Perchè tanti che si definiscono liberali fanno a gara nel porre
          barriere contro le libertà di alcuni individui, mentre la stessa
          libertà la riconoscono solo alle merci? 
           
          Grazie dell'attenzione. 
           
          Giordano Fildani, Roma. 
           
          
           
           
           
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