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Da: Giordano Fildani <g.fildani@tiscalinet.it
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Lunedì, 30 ottobre 2000 8:19
Oggetto: Opinioni sull'articolo di Walzer



Buonasera,

ho letto proprio oggi la versione integrale dell'intervista di Bosetti a Michael Walzer, che avevo iniziato a leggere negli estratti sulla Repubblica di qualche giorno fa. Ho trovato l'intervista molto interessante e foriera di spunti e riflessioni da approfondire.

Siamo tutti d'accordo sul minimo comune denominatore liberaldemocratico della condanna delle manifestazioni più rozzamente razziste che abbiamo visto nelle settimane scorse; le manifestazioni antimoschea sono delle pure e semplci, e strumentali, manifestazioni di intolleranza cui non è plausibile dare credibilità politica. Ma sono anche la manifestazione di come, sulla delicata questione del confonto fra individui e culture diverse, non si possano proporre logiche refendarie di alcun tipo. E con questa osservazione vengo ad uno dei temi dell'intervista: la possibilità per una comunità nazionale di determinare il suo livello di accettabilità degli stranieri.

Pur comprendendo l'esigenza di evitare impatti traumatici, e pur rispettando l'importanza di ogni espressione della volontà collettiva, non ritengo che si possa ragionevolmente ipotizzare un pronunciamento di una comunità, locale o nazionale che sia, sul numero degli stranieri da accogliere, senza che questo possa dar modo a forze politiche palesemente razziste di sfruttare a proprio vantaggio paure spesso ingiustificate. La decisione di stabilire un tetto all'immigrazione non può essere presa in tal modo illudendosi che possa essere una consultazione serena e scevra da considerazioni razziste o comunque da motivazioni di pura discriminazione.

Sono pienamente d'accordo con Walzer nella convinzione che gli individui non possano essere astratti dalla comunità in cui vivono, e che quindi non siano da sottovalutare i legami culturali e religiosi; ma credo fermamente che questi non siano neanche da sopravvalutare, e che non vadano anteposti ai diritti individuali, che sono diritti alla libertà, alla dignità, all'equo trattamento di fronte alla legge e nei confronti della società. Walzer dice giustamente che non si può, in una comunità democratica, tollerare l'esistenza di "meteci", perchè ne andrebbe anche della stabilità e della pace sociale. Su questo sono pienamente d'accordo, e aggiungo però che i diritti vanno riconosciuti anche per rispetto della libertà degli individui.

Inoltre, nella considerazione dell'immigrazione, non si possono ignorare le motivazioni che stanno alla base della decisione di grandi masse di emigrare, e forse si potrebbe anche riconoscere l'esistenza di una libertà di movimento, di un diritto a cercare migliori condizioni di vita.

Tornando al tema del confronto tra le culture chiamato in causa dalla questione moschea e anche dalle osservazioni di Sartori, mi sembrano decisamente sacrosante le parole di Walzer sulla impossibilità di parlare di "Islam in quanto tale", come se le religioni e le culture fossero del tutto impermeabili al contatto col mondo esterno. Oltretutto, e Walzer saggiamente lo ricorda, non esiste una "naturale" democraticità del cattolicesimo che anzi, storicamente, è stato spesso avversario della cultura liberale e democratica, nonchè avverso a ogni forma di diversità. Il cattolicesimo aperto e tollerante ( sempre e comunque ?) che in parte abbiamo adesso di fronte è frutto di almeno un paio di secoli di confronti e di conflitti, spesso di enorme violenza, con il mondo laico. E non starò qui a sottolineare l'esistenza di una tradizione culturale islamica di grande livello civile e di grande tolleranza, proprio in epoche in cui il cristianesimo dimostrava tutt'altro stile.

Ovviamente oggi è in questione "questo Islam" nel suo rapporto con "questa civiltà occidentale", una civiltà che ha sì radici cristiane, ma che, prima di tutto, è una società laica e democratica.

Come giustamente sostiene Walzer, i pericoli di non accettazione della democrazia non vengono necessariamente dall'esterno: non solo gruppi neonazisti, minoritari ma comunque rumorosi, ma anche fenomeni di intolleranza "preilluministica" promossi da forze politiche presenti in Parlamento, dimostrano che la "conversazione liberale in corso" è tutt'altro che universalmente condivisa da persone che in questa società son cresciute, anche se forse non educate ai valori della democrazia che, a quanto pare, non sono sempre parte integrante della formazione di un individuo medio.

Io credo piuttosto che la presenza di immigrati stranieri ponga innanzitutto delle domande di democrazia. Solo studiando meccanismi di inclusione, estendendo i diritti civili, politici e sociali si può impedire che i conflitti tra gli individui assumano le caratteristiche di scontri tra civiltà.

Ciò che è realmente intollerabile, e mi sembra che Walzer affermi qualcosa di simile, è l'esistenza di un doppio binario nei diritti di cittadinanza, con la limitazione dei diritti di persone che vivono e lavorano regolarmente in un paese di accoglienza.

Cordiali saluti

Giordano Fildani, Roma.


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