Kafka per dodici interpreti
Josè Luis Sànchez-Martìn
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Graal:
una sorprendente visione
Fatta eccezione per un incompleto racconto breve teatrale “Il
guardiano della tomba”, lo scrittore praghese Franz Kafka
probabilmente non scrisse nulla per il teatro o distrusse quanto aveva
scritto. E questo, malgrado amasse terribilmente il teatro, in
particolare quello yiddish conosciuto nelle osterie di Praga da
studente e che significò la riscoperta di un’identità culturale
alla quale sentiva di appartenere nel suo profondo. Era comunque un
sostrato sepolto dalla condizione di assimilato comune a molti ebrei
praghesi divenuti borghesi (proprio grazie a un attore yiddish, Itzak
Lowy, conobbe gli aspetti più profondi e misteriosi dell'ebraismo
come la Kabalah, le leggende chassidiche e il Talmud). Dopo la sua
morte altri invece hanno tentato di portare sulla scena quella forte
teatralità insita nella sua scrittura.
Tra gli adattamenti teatrali della "Metamorfosi" vanno
ricordati quello diretto da Marie-Ley Piscator del 1968 andato in
scena a Parigi, quello di Stephen Berkoff, con Roman Polanski nel
ruolo di Gregor Samsa, dello stesso anno, quello in versione
sperimentale proposto nel 1979 dalla regista Ewa Lewinson intitolato
"Dell'educazione degli insetti", quello diretto dalla
regista praghese Marcela Salivarola Bideau, nel 1994. Per quanto
riguarda il "Processo", invece oltre la celebre messinscena
di Jean-Louis Barrault, nel 1947, (e nel 1965 de "Il Castello) e
quello rappresentato dal lungometraggio di Orson Wells, l’adattamento
e la messa in scena più recenti sono del regista italiano Giorgio
Barberi Corsetti.
Comun denominatore di molti tentativi di restituire teatralmente
romanzi, racconti, lettere o diari del genio mitteleuropeo è una
certa inafferrabilità della sua scrittura che coniuga in modo
sofisticato e contemporaneamente semplice piani differenti di lettura
del reale. E’ una scrittura che intreccia con logica perfetta,
dimensioni distinte, ambientazioni, situazioni, personaggi, atmosfere,
psicologie che sono talvolta inconciliabili e che trovano invece nel
suo mondo poetico e nella scrittura una assoluta e irrefutabile
logica, una consequenzialità naturale, una precisione matematica dei
nessi, un amalgama perfetto sebbene sull'orlo del paradosso. Tutte
caratteristiche che rendono Kafka una delle massime figure di tutto il
'900, un inquietante vate dei nodi fondamentali del secolo e a tutt’oggi
una delle fonti inesaurite di ispirazione e di riferimento in tutte le
discipline culturali, dalla sociologia al teatro.

All'interno della ricca rassegna di Romaeuropa Festival, ormai al
termine, è stato presentato un raro esempio riuscito di restituzione
poetica del mondo kafkiano. Si tratta dello spettacolo di teatro-danza
"Les Veilleurs", ideato e diretto dal regista coreografo
Josef Nadj "per dodici interpreti sull'opera di Franz Kafka",
una coproduzione franco-tedesca che vede impegnate le massime
istituzioni della cultura in Francia, in collaborazione con
l'Ambasciata di Francia in Italia per la Prima Italiana.
Nato nella ex-Jugoslavia, ungherese di etnia, Josef Nadj ha cominciato
il suo percorso artistico frequentando l’Accademia di Belle Arti e
l'Università di Budapest dove viveva cominciando a seguire a
"tempo perso" corsi di teatro, dedicando invece alle arti
marziali gran parte delle sue energie sotto la guida di un maestro il
quale, date le evidenti peculiarità umane e creative di Nadj, lo
persuase a lasciare Budapest per cercare nuove opportunità in
Francia, a Parigi, dove si trasferì nel 1980. Durante la sua
permanenza parigina, Nadj si avvicina allo studio della danza
diventando in pochissimo tempo un coreografo stimato al punto di
collaborare con Mark Tompkins, Catherine Diverres e Francois Verret.
Nel 1986 fonda la sua compagnia di danza, producendo l'anno successivo
il suo proprio spettacolo "Canard Pèkinois" ispirato al
ricordo del suo paese natale e già intessuto di quella cifra poetica
che lo distinguerà poi a livello internazionale come una presenza
importante nell'ambito della danza contemporanea: la commistione
sempre più fitta tra danza e teatro. Nel 1995 viene chiamato a
dirigere il Cèntre Chorègraphique National d'Orleans con il quale
produrrà nel 1999 "Les Veilleurs", dopo aver già
realizzato numerosi spettacoli di successo come "Mort de l'Empereur"
del 1990 e "Woyzeck" del 1994. Particolare attenzione in
ambito internazionale gli vale lo spettacolo "Petit psaume du
matin" con coreografie concepite su misura per lo straordinario
Dominique Mercy, primo ballerino della compagnia di Pina Bausch, di
fama mondiale da almeno due decenni, presentato al Vif du Sejet al
Festival D'Avignon nel 1999.
In Italia la Compagnia Josef Nadj ha gia partecipato ad alcune
rassegne importanti di danza contemporanea ponendosi immediatamente
all'attenzione del pubblico e della critica per le sue particolari
caratteristiche. Ha vinto nel 1997 a Bolzano Danza il premio come
migliore compagnia straniera passata in Italia durante l'intera
stagione. Si è riconfermato come uno dei più apprezzati coreografi,
capace di riempire le sale al pari di Bejart con un genere più che
mai ignorato e disertato dal pubblico in generale, nel 1998, durante
la rassegna TorinoDanza con lo spettacolo "Comedia Tempio"
ispirato alla figura dello scrittore ungherese Geza Csath, in cui si
potevano ravvisare in nuce gli elementi costitutivi che esploderanno
in un massimo di dinamismo nello spettacolo "Les Veilleurs"
di cui stiamo scrivendo.
Lo spettacolo ha un divertente preambolo che prepara al tipo di
atmosfere che seguiranno nel corso dello spettacolo e che già esprime
lo humor kakfiano cifra dell'intero lavoro. Tre danzatori ben vestiti
muniti di arnesi metallici per lavori di precisione, o del genere
usato dai medici, spoglia e poi riveste meticolosamente un quarto
danzatore, senza mai toccarlo con le mani, con il solo ausilio di
queste inquietanti protesi, nel silenzio assoluto, come svolgessero un
rituale consolidato nella quotidianità al quale il danzatore passivo
non oppone alcuna resistenza né esprime una qualche superiorità nei
confronti degli altri tre. La scena accade a sipario chiuso sulla
ribalta: il pubblico entra alla spicciolata e si ritrova calamitato da
questa assurda operazione che richiede un riguardo spontaneo. La scena
vera e propria invece vede sullo sfondo una specie di schermo nel
quale in un primo tempo si vedono le sagome dei danzatori proiettate
come ombre, una volta che questo viene rimosso.
Si scopre una baracca con le fattezze di un teatrino di piazza che si
trasforma molto spesso in una stanza d’interno. I danzatori
caratterizzati da movimenti stilizzati, a scatti, imprevedibili nella
successione delle evoluzioni fisiche che non per questo si discostano
dalla coerenza e dalla tenuta del proprio personaggio, animano la
scena relazionandosi tra di loro in modo sempre ambiguo o misterioso
creando continuamente nel pubblico l'aspettativa e la curiosità dei
possibili sviluppi. Vi sono inoltre sulla scena altre strutture su cui
i danzatori si arrampicano in modo spettacolare ed inusuale, portando
dentro e fuori dalla scena con velocità frenetica oggetti su oggetti
lillipuziani. Gli oggetti hanno un ruolo fondamentale, ora diventano
protagonisti ora ritornano ad essere solo cose manipolate e viceversa
gli attori-danzatori si trasformano in oggetti o si incrociano con
questi per formare una strana creatura a sé stante, come l'uomo che
vive incastrato nella sedia in una perfetta simbiosi.
Tutto questo turbinio di azioni, oggetti, danze e manipolazioni è
sempre tenuto, come nell'opera e nel mondo interiore dello scrittore
praghese, sul filo tra la tragedia e la comicità. Così pure gli
interpreti si muovono su questa ambiguità, alcuni sono infatti più
prettamente attori, altri invece danzatori di ottima tecnica.
Le situazioni si susseguono a rotta di collo senza soluzione di
continuità, procedendo per accumulo e associazione. Come accade nei
sogni infatti non solo "Les Veilleurs" è ispirato alle
dinamiche letterarie di Kafka ma in particolare al mondo interiore
dell'uomo al punto di farlo risultare, più che la rappresentazione di
una sua opera, un suo sogno.
Questo incontro in cui si alternano momenti di puro teatro a momenti
di pura danza è molto originale (cosa molto rara oggigiorno nella
danza) secondo un tipo d'approccio che è stato giustamente avvicinato
a vari nomi del teatro e della danza e ne valgano due per tutti:
Tadeusz Kantor e Pina Bausch.
"Les Veilleurs" è uno degli spettacoli più ricchi di idee
e di immagini visti negli ultimi tempi. Si potrebbe casomai obbiettare
che lo sia troppo e che finisca per sprecare alcune possibilità o
sorvolare su elementi che avrebbero potuto avere uno sviluppo più
approfondito. La musica è suggestiva e interessante ma eccessivamente
presente col risultato che, nelle situazioni prettamente teatrali,
qualche volta, anziché aggiungere finisce per sottrarre distraendo da
ciò che si svolge sulla scena. Di tanti spettacoli realizzati su
Franz Kafka questo comunque ci sembra uno dei pochi che lui avrebbe
apprezzato, in cui si sarebbe divertito e che avrebbe certamente
applaudito.
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