I
lettori scrivono
Da: Alessandro Baronti <oqyafb@tin.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Mercoledì, 18 ottobre 2000 14:09
Oggetto: Islam
e Europa
L'articolo di Marco Vitale ("Di che religione sei?" del
13/10/00) mi trova parzialmente e criticamente concorde. Condivido
infatti il giudizio di inammissibilità della domanda "which
religion are you?" come fattore discriminante in chiave religiosa
della politica immigratoria per un paese europeo e cristiano quale
l'Italia.
Aggiungo che, oltre che inconcepibile, è palesemente irrealistica ed
impraticabile una politica selezionatrice dell'ingresso in Italia
basata su questo o qualsiasi altro fattore discriminante, perchè le
nostre frontiere marine, lunghe e complesse, non ne consentono
fattivamente l'applicazione e la pressione immigratoria dal Terzo
Mondo è così forte da non poter essere ostacolata con la forza. Chi
propugna tale approccio al problema (ad es. la Lega e gran parte della
destra) è o superficiale o ipocrita poichè sa perfettamente che un
progetto simile è irrealizzabile, ma usa il suo effetto antipanico
sui cittadini, confusi e preoccupati, a fini propagandistici ed
elettorali.
Sono parzialmente d'accordo anche con un'altra osservazione di Vitale:
"I politici non democristiani sembrano porsi in una posizione
sempre più succube alla Chiesa". Tuttavia non ritengo che questa
subalternità possa trovare soluzione attraverso una radicale
posizione antagonista nei confronti della Chiesa, mediante opinioni e
atti di integralismo laicista. Voglio inoltre sottolineare che,
contrariamente a quanto sostenuto nell'articolo, non è possibile
distinguere il Cristianesimo dalla Chiesa, nè quella cattolica nè
quelle separate.
La Chiesa è il corpo di Cristo, con i limiti umani e le contingenze
storiche. Come Cristo giunto nella storia era perfettamente uomo, nato
da donna e sensibile alle stesse gioie, alle medesime paure e dolori
di tutti gli uomini, così la Chiesa soffre i limiti del mondo (gli
scismi, gli errori di molti suoi fedeli), Il punto è, a mio avviso,
che occorre riflettere più attentamente sul problema
dell'immigrazione, del rapporto interculturale e delle possibilità di
integrazione.
Un vero laico e liberale (aggiungerei di sinistra perchè tale
aggettivazione dovrebbe sottolineare la disposizione personale ad una
maggiore problematicità e dunque volontà di ricerca di soluzioni
complesse ma giuste) sarebbe tenuto a osservare ed esaminare la luna,
non il dito del cardinal Biffi, abbandonandosi poi alla relativa e per
giunta sterile polemica. E qual'è questa luna che non vediamo? La
naturale, oggettiva distanza che separa la cultura europea da quella
musulmana; distanza che andrà compresa, analizzata, mediata e
accorciata ove possibile, ma che indiscutibilmente esiste. Sono invece
assai preoccupato da un atteggiamento superficialmente irenistico di
tanta parte di laici, soprattutto di sinistra, perchè così facendo
ci nascondiamo i reali problemi, quindi ci neghiamo a priori le
possibili soluzioni, lasciando campo libero alle opinioni e agli
espedienti della destra che sono rozzi ma spesso efficaci sulla
psicologia dei cittadini.
Le differenze sono innegabili e, per quanto superabili con il dialogo
e con il tempo, creano problemi. Un esempio? L'idea di donna
nell'Islam e la sua condizione. Dal Corano (sura 4,34): "gli
uomini sono preposti alle donne, perché Dio ha prescelto alcuni
esseri sugli altri e perchè essi donano dei loro beni per mantenerle;
le donne buone sono dunque devote a Dio e sollecite della propria
castità, cosi come Dio è stato sollecito di loro; quanto a quelle di
cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei
loro letti, poi battetele; ma, se vi ubbidiscono, allora non cercate
pretesti, per maltrattarle".
Per quanto riguarda l'eredità, è detto nel Corano (s. 4,11):
"Riguardo ai vostri figli Iddio vi raccomanda di lasciare al
maschio la parte di due femmine; se i figli sono solo femmine e più
di due, loro spettano i due terzi dell'eredità; se è una femmina
sola le spetta la metà". Ancora l'Islam ammette lo scioglimento
del matrimonio per diversi motivi tra cui il ripudio (talaq) della
moglie da parte del marito e questo è diritto esclusivo del marito.
Il Corano ammette la poligamia: l'uomo può sposare fino a quattro
mogli (s. 4,3); ma lo stesso Corano la mitiga al v. 129 della stessa
sura, dicendo:"anche se lo desiderate, non potrete agire con
equità con le vostre mogli: però non seguite in tutto la vostra
inclinazione, sì da lasciarne una come sospesa". Per tale motivo
molti commentatori musulmani hanno dedotto che la poligamia è
virtualmente illecita anche per il Corano. Ma la shari'a autorizza di
fatto la poligamia e normalmente in tutti i Paesi musulmani, eccetto
la Tunisia, questa legislazione matrimoniale è ammessa.
Che dire poi del concetto che l'Islam ha del rapporto tra religione e
Stato e dell'idea di laicità? E del rapporto con le altre religioni?
Un musulmano che abbraccia un'altra religione è un apostata
dall'Islam e nella shari'a l'apostata è passibile della pena
capitale; anche quando questa non venga applicata, l'effetto giuridico
dell'apostasia è la morte civile del clpevole: matrimonio,
testamento, patria potestà tutti i diritti civili vengono persi.
nell'Islam la libertà religiosa è intesa nel senso che tutti possono
convertirsi all'islam, ma che non è pensabile che si possa
abbondonare l'Islam poichè questa è "la religione
migliore" (Corano 3,125). E poi ci scandalizziamo per la Dominus
Iesus!!
Gli europei laici (prima ancora che cristiani) non possono rinunciare
alle radici essenziali della loro cultura, non tanto perchè è
"loro", quanto perchè è patrimonio dell'umanità, idee in
Europa nate ma fatte per il progresso civile e spirituale di tutti gli
uomini. Le nostre carte Costituzionali e la Carta dei Diritti Umani
sono leggi e concetti fondamentali e dobbiamo richiedere che siano
rispettate da tutti coloro che chiedono ospitalità. Potremmo pensare
di affrontare il problema dell'immigrazione e dell'integrazione
lasciando non solo ovviamente la libertà di culto ma anche la
libertà di insegnamento (scuole musulmane, ebree, cattoliche ecc.),
chiedendo e verificando però che siano insegnati e rispettati i
fondamenti costituzionali e i diritti umani.
Può una donna musulmana divorziare? Siamo obbligati in Europa ad
avere foto di donne sulle carte d'identità con il viso coperto? La
madre può rivendicare il diritto di vedere, educare e amare i propri
figli o questi sono proprietà del padre e dei suoi parenti? Perchè
non affrontiamo anche il problema dei diritti umani nei Paesi
musulmani, da dove provengono i nostri ospiti, e richiediamo con
diplomazia paziente che si facciano progressi nel rispetto dei diritti
delle minoranze in quei Paesi? Il dialogo interculturale non deve
fondarsi sul vago sentimento di un utopica uguaglianza di fatto (che
non esiste); l'uguaglianza va creata concretamente tenendo fermi i
principi fondamentali che semmai vanno arricchiti con le altrui
esperienze.
Alessandro Baronti
Vi e' piaciuto questo articolo?
Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui
Archivio
Attualita'
|