Caffe' Europa
Attualita'



I lettori scrivono

 

Da: Alessandro PizzornoDa: Gian Claudio Spattini <spattini.g@netvalley.it
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Sabato, 16 settembre 2000 11:05
Oggetto: Intervista di Reset a Giuliano Amato e risposta ad Alessandro Pizzorno

Gentile Direttore,

dopo anni di letture di Reset (da quando era mensile: meglio ora però) e pochi mesi di (sporadica) consultazione di Cafeeuropa ho deciso di vincere la mia ritrosia epistolare, prendendo spunto dalla sua bellissima intervista a Giuliano Amato, e, per altro verso ma collegato al primo, dal saggio articoletto on line di Alessandro Pizzorno sulla premiership, approfittando del (presumibile) buonumore della Rivista per il felice raggiungimento dei 100 numeri.

cL'intervista (a cui non rende giustizia il sunto di Repubblica) non é in realtà tale, bensì appare come un primo onesto tentativo di spiegazione a due voci (le due principali) di quanto di disastroso è occorso (non per il "destino cinico e baro", ma per proprie rispettive responsabilità) alla sinistra italiana (rammenta Direttore il suo bel volumetto Sinistra punto zero? era del 1993 e forse ora ci siamo). Da essa comunque si desume la statura intellettuale (e anche umana) di Giuliano Amato: un gigante; anche come giurista e non come solo studioso di diritto pubblico (basti pensare al ruolo avuto come Presidente dell'Antitrust: a tal proposito io stesso utilizzavo per le lezioni agli studenti del corso di diritto pubblico dell'economia, condiviso con il mio maestro Giorgio Cugurra, il libro di Amato sull'antitrust del Mulino e adottavo quello più semplice edito da Laterza, ovviamente già prima che egli tornasse a capo del governo).

E però in quella storia tormentata, nel mio piccolo, ho potuto anche in qualche misura riconoscermi: dal 1974 al 1976 iscritto al PSI e di fede lombardiana ed estimatore di Giolitti (rammento ancora la venerazione di giovane laureando con una tesi sulle partecipazioni statali per Giorgio Ruffolo, conosciuto ad un convegnetto a Reggio Emilia portatovi dal mio allora giovane maestro e dal suo amico Franco Gallo), poi uscitone dopo il Midas e rientratovi nel 1978 vedendo in Bettino una sorta di Messia socialista, ma infine abbandonato definitivamente il partito subito dopo avendo riscontrato una terribile discrasia tra aspirazioni e realtà e rifugiandomi nel privato, tralasciando cioè fino ad oggi qualunque discorso pubblico.

Da qui una certa mia ipersensibilità nel leggere le parole di Amato e la decisione di rendere in qualche modo pubblica la mia sostaziale condivisione di esse (come pure di varie osservazioni dell'intervistatore) in questo momento di grande sbandamento della sinistra italiana e, purtroppo di pericolo per la democrazia costituzionale repubblicana. Un unico rilievo critico mi sia consentito: manca qualunque accenno ad un eventuale ruolo di Amato (allora solo vicesegretario peraltro) o alle sue opinioni nella vicenda delle dimissioni dei 5 ministri della sinistra DC (tra cui l'ottimo Martinazzoli) per la fiducia sulla legge Mammì.

Infine, sagge sono le parole di Pizzorno (uno dei pochi politologi italiani, insieme a Sartori, di cui amo leggere le opere), ma a volte la saggezza non basta a vincere le elezioni, e per quanto risulti evidente la stima che ho di Amato (oltre che la condivisione degli ideali socialisti), con Annibale alle porte occorre trovare il candidato con maggiori chances di catturare il consenso degli elettori, che non sono intellettuali e nemmeno tutti laureati.

D'altronde la pur condivisibile osservazione che un governo deve essere giudicato, in un sistema costituzionale e politico come il nostro a premiership debole (in carica) non sembrano insuperabili, purchè Amato faccia parte della squadra in posizione eminente e partecipi in modo determinante all'indicazione del successore (v'è perfino un precedente con il Governo Dini, certo più politicamente scolorito, ma a cui non venne mai meno il sostegno dei partiti di centrosinistra: lo stesso Dini si candidò con un proprio movimento politico e fu ministro del Governo di quel Prodi risultato il candidato vincente).

Detto questo fu certo un errore aver dato vita al Governo D'Alema anzichè tentare di far rieleggere con più largo consenso Prodi (ma Scalfaro l'avrebbe consentito? sarebbe occorsa una feroce determinazione dei partiti nel chiedere lo scioglimento), ma ancor più grave errore fu l'aver azzoppato il governo Ciampi ritirando i ministri per la mancata autorizzazione parlamentare a procedere contro Craxi, che spianò la strada alla debolezza di quell'esecutivo e poi alla vittora del Polo. Ma questa è (forse) un'altra storia, e ora si deve decidere per il futuro di questa nostra patria.

Ancora complimenti e auguri.

Gian Claudio Spattini





Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier |Reset Online |Libri |Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media |Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo