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Non si scelgono così i presidenti



Alessandro Pizzorno



Bisogna avere molti figli, e non adottarne di razza diversa. Guai se il Presidente della Repubblica vota una legge non approvata dall'opposizione. Cosi’ alcune tracotanze di questi giorni. Non ci sono dubbi, la campagna elettorale è incominciata in anticipo e già degenera. Sarà feroce. Quanto meno c'è ideologia dichiarata e riconosciuta, tanto più crescono l'acrimonia, la villania, i colpi bassi alla persona dei candidati. E magari a quella delle loro mogli, dei loro figli. Berlusconi, con la solita tempestività e spregiudicatezza, e anche, bisogna dirlo, con inventività pubblicitaria, attacca, manovra i suoi alleati, esce allo scoperto.

Il centro-sinistra rimane al coperto. Deve ancora scegliere il suo candidato. Almeno ufficialmente. Copertamente invece sembra che l'abbia già scelto. Poi, il 14 ottobre riunirà i suoi eletti. Li farà votare per scegliere? No, li farà acclamare quello che le segreterie dei partiti hanno già scelto. Anche il non eletto dovrà acclamare, se lo fanno partecipare. La scena di una tale platea acclamante impressiona un po'. C’e’ chi rimarra’ commosso, chi allibito. Si fa così anche in America, dirà il segretario dei DS (di come si faceva in Unione Sovietica si ricorda soltanto Berlusconi). Veltroni aveva pur scelto un motto americano, "I care", che vuol dire, tra altre cose (ma era rimasto vago), "me ne occupo io". Ora lo fa, forse un po' troppo. Ma naturalmente in America ci sono anche le primarie, dove i candidati escono assai presto allo scoperto e allo scoperto si combattono.

E, come in America, si darà ascolto ai sondaggi. Ma in America sono abituati a leggerli. Sanno per esempio che un largo vantaggio di un candidato all'inizio della campagna elettorale (e da noi la campagna non è ancora iniziata), può venir rovesciato dopo qualche mese, come è successo quest'anno nel caso di Bush e Gore: per i primi mesi il primo era in grande vantaggio, ora lo è il secondo, che si avvia verso la vittoria. Sembra che sia stato Arturo Parisi a rompere l'unanimità che si andava formando tra i segretari della coalizione del centro-sinistra in favore della candidatura di Giuliano Amato. Guardate i sondaggi, aveva detto. Eppure Parisi fa (o faceva) di mestiere il sociologo, queste cose le conosce.

E Parisi certamente conosce anche un'altra ben nota acquisizione di decenni di studi elettorali (americani, ma anche europei), quella che si riferisce al così chiamato "ciclo politico-economico". Stranamente non se ne parla negli ambienti politici, probabilmente perchè pochi frequentano quella letteratura. I risultati di quegli studi mostrano che, con pochissime eccezioni, un governo che sia andato alle elezioni dopo otto-dieci mesi di sviluppo economico e di aumento del reddito personale degli elettori, le ha vinte con sicurezza. Tra le eccezioni c'è stata quella di John Major in Gran Bretagna, che perse le elezioni durante una fase di crescita economica. Fu un caso clamoroso, ma anche l'unico importante. Naturalmente bisogna che sia il governo che ha presieduto allo sviluppo economico a presentarsi alle elezioni. E che gli elettori votino sapendo che col loro voto premiano (o puniscono, quando crescita non ci sia stata) quel governo.

Il fatto è che non sembra sia questo il caso, oggi, in Italia. Gli elettori hanno visto a capo del governo prima Prodi, poi D'Alema, poi Amato, ma sembra che ora i segretari dei partiti della coalizione di governo chiederanno agli elettori di premiare o punire Rutelli. La devozione a un americanismo stereotipato porta ormai i nostri politici a essere convinti che quello che deve piacere agli elettori, sia l'immagine (alcuni sottovoce dicono "la bella presenza"), non la competenza a guidare il paese.

Naturalmente si deve anche assumere che il governo sia capace di informare su quello che ha fatto. Per strano che possa sembrare, questo non è stato finora il caso con i governi di centro-sinistra che si sono succeduti in questi ultimi anni. In tema di trovate pubblicitarie Berlusconi una ne pensa e due ne fa. I leader del centro sinistra non ne pensano e non ne fanno. Si dice che ora si propongano di fare gli spot sull'attività del governo. Beh, ci vuol altro!

Questi governi di centro-sinistra hanno fatto molto e bene, forse più di qualsiasi altro governo degli ultimi decenni in Italia. Anche quell'ampia parte del paese che ne ha tratto benefici non ci ha riflettuto su. E' come se desse per scontato che tutti i miglioramenti che si vedono in giro si dovessero in ogni caso fare. Così, venute le elezioni, il popolo italiano che dovrà dare il suo giudizio sul governo non saprà bene che cosa il governo abbia veramente fatto. Del resto, sembra che non sarà il governo a presentarsi al voto.

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