Il Presidente sulla graticola di scrittori ed accademici americani
a cura di Clementina Casula Al volgere di un'estate in cui lo scandalo del Sexgate ha toccato le vette
della sua popolarità negli Stati Uniti come in Europa, il settimanale
americano The Nation si interroga sul futuro della presidenza Clinton, la quale
pare già sulla via del tramonto a dispetto dei due anni che ancora le
restano.
A
sette scrittori ed accademici americani è stato affidato il compito di
fare un bilancio dell'operato del loro attuale Presidente: accanto
all'articolo di Robert B. Reich, gli interventi di Jonathan
Schell, Ronald Steel, Rogers M. Smith, Sean Wilentz, Roger Wilkins, Barbara
Ehrenreich, valutano da prospettive diverse eredità ed oneri lasciati da
Clinton, con toni che talvolta ricordano quelli di un necrologio prematuro.
Jonathan
Schell
L'intervento
dal quale emerge l'immagine più positiva di Clinton è
quello di
Jonathan
Schell
(Wesleyan
University)
.
Tutti
riconoscono, dice Schell, che il lungo
boom
economico statunitense sia il risultato più significativo dei due
mandati di Clinton. La domanda da farsi è quindi la seguente: il
boom
economico è un risultato della sua presidenza o ha semplicemente
coinciso con essa? Schell è per la prima soluzione, vera per almeno un
motivo decisivo: il passaggio da parte di Clinton del pacchetto legislativo
sulla riduzione del deficit pubblico nei mesi iniziali del suo primo mandato.
Quella legislazione, dice Schell, avviò la diminuzione del debito di
bilancio, bilancio che ora si avvicina quasi a produrre un surplus.
Ma
il peso di questo contributo clintoniano al successo economico tende a non
essere considerato per tre motivi principali: (1) Clinton ha violato
l'ideologia dei partiti, dato che il partito che portava avanti una
politica fiscale è stato tradizionalmente quello Repubblicano; (2) uno
dei motti nella sua campagna elettorale è stato "put people
first", mentre in realtà egli ha dato priorità non alla
gente ma al bilancio; (3) non è mai completamente declinata
l'impressione generale che egli fosse un opportunista politico. Per tutte
questi motivi Schell crede che Clinton dovrà ritenersi fortunato se nel
futuro verrà ricordato per questo suo merito effettivo.
Ronald
Steel
Anche
Ronald
Steel
,
autore del libro
Temptations
of a Superpower
(Harvard),
non esita a riconosce i meriti di Clinton: egli è il primo Presidente
dell'età dell'egemonia americana, derivante in parte dalla
fine della guerra fredda e da un
boom
economico nel mondo industrializzato. Il suo compito è stato quello di
mantenere un'economia globale ed un sistema politico nel quale la
prosperità e l'autorità americana si fondano.
Tuttavia,
dice Steel, Clinton non ha fatto nessuno sforzo per prendere una posizione
reale in problemi che richiedevano una seria spesa di capitale politico: la sua
mancata presa di posizione nei problemi di
global
warming
e degrado ambientale, la sua semplicistica assunzione che la massimizzazione
dei profitti sfuggirà ai problemi posti dall'anarchia globale del
mercato e dalla crescente diseguaglianza all'interno della nazione, il
suo rifiuto di confrontarsi con le obiezioni del Pentagono ad una campagna
mondiale contro le mine, mostrano quanto pesanti siano i compiti che egli
lascia ai suoi successori.
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