| Oltre Monica: il futuro del passato di Clinton Robert B. Reich    Al volgere di un'estate in cui lo scandalo del Sexgate ha toccato le vette
della sua popolarità negli Stati Uniti come in Europa, il settimanale
americano The Nation si interroga sul futuro della presidenza Clinton, la quale
pare già sulla via del tramonto a dispetto dei due anni che ancora le
restano.
 
 
A
sette scrittori ed accademici americani è stato affidato il compito di
fare un bilancio dell'operato del loro attuale Presidente: accanto
all'articolo di Robert B. Reich, gli interventi di Jonathan
Schell, Ronald Steel, Rogers M. Smith, Sean Wilentz, Roger Wilkins, Barbara
Ehrenreich, valutano da prospettive diverse eredità ed oneri lasciati da
Clinton, con toni che talvolta ricordano quelli di un necrologio prematuro.
 
 Io  c'ero nei primi quattro anni, c'ero già prima che iniziasse  tutto. Potrei fornire un catalogo delle cose egregie che sono state fatte, e di  altre assai meno egregie. Temo tuttavia che nessuna di esse sarà  ricordata quanto i piccoli crimini di questi anni: le brusche inversioni di  rotta, i consigli di guerra, le battaglie all'ultimo sangue sulla  sanità pubblica, le serrate del governo e i sospetti e le insinuazioni  sull'ufficio viaggi della Casa Bianca, il suicidio di Vincent Foster, il  caso Whitewater, la raccolta illegale di fondi, e poi Gennifer, Paula, Kathy e  Monica.
 
 E'  stato un periodo in cui, in America, la politica è diventato lo sport  più violento cui si poteva assistere, e pochissimi americani si sono  presi il disturbo di votare. Perché? La prima presidenza del dopo guerra  fredda non è riuscita a trovare il proprio obiettivo, il proprio tratto  distintivo. Con la scomparsa dell' "impero del male" la  situazione di fondo che aveva automaticamente legittimato il potere  presidenziale per oltre mezzo secolo è venuta meno, e nessuna  autorità morale è stata in grado di prenderne il posto. Senza una  superpotenza che sfidasse il credo americano, il paese non è più  riuscito a capire in che cosa consistesse tale fede. Bill Clinton ha tentato,  di tanto in tanto, di dircelo, ma non si è dimostrato abbastanza  coraggioso o costante; è sembrato troppo intento a trovare un  compromesso e un espediente, e l'America non è riuscita a fidarsi  abbastanza di lui.
 
 La  sanità pubblica ha avuto per due anni un'importanza centrale e  poi, quando finalmente la riforma è giunta in porto, quasi nessuno ne ha  più sentito parlare. Gli investimenti massicci nell'educazione e  nella formazione professionale (in quest'ultima ero coinvolto  direttamente) sono saliti a dismisura e poi scomparsi tra questioni di  sorveglianza e di uniformi scolastiche, per poi risalire leggermente ancora una  volta. La riforma dei finanziamenti per le campagne elettorali è  sembrata essere di vitale importanza per un certo periodo, poi non interessava  più. Nulla reggeva il confronto con la necessità di proteggere i  bambini americani dalle sigarette, ma quando, alcuni mesi fa, la legge fece un  flop, anche quell'obiettivo sembrò dissolversi. Un giorno il  dialogo nazionale sui problemi razziali era una questione cruciale, il giorno  dopo sembrava svanito, per mancanza di chiarezza e di coraggio. Nei primi tempi  erano stati elevati i crediti d'imposta sul reddito, ed erano aumentati i  salari minimi, ma poco o nulla fu detto in merito alla protratta stagnazione  dei redditi medi. Per un certo periodo l'obiettivo più importante  sembrò essere la riduzione del deficit di bilancio, poi addirittura la  sua completa eliminazione. Infine, e in modo altrettanto repentino, il problema  centrale divenne la salvezza della Sicurezza Sociale.
 
 
 A  che punto siamo ora? Come descrivere il nocciolo della nostra situazione? Come  potremmo definire noi stessi, oggi che il capitalismo globale annulla i confini  nazionali? C'è qualche cosa che meriti il nostro impegno  appassionato, instancabile, indefettibile? In mancanza di una risposta  adeguata, l'arena politica è divenuta uno spazio vuoto, aperto a  ogni sorta di inetti che se ne sono abusivamente impadroniti: Newt Gingric,  Rush Limbaugh, pedanti professori della destra provenienti dal Cato Institute e  vari personaggi sbucati da altre roccaforti della destra, come Ken Starr, Dick  Morris, Phyllis Schlafly, Linda Tripp, Matt Drudge, scrittori ed editorialisti  del   Wall  Street Journal  ,  del   Weekly  Standard  ,  del   Washington  Times  ;  fanatici religiosi, maniaci dei complotti, razzisti, estremisti  anti-Hillariani. E su tutto ciò, un presidente della generazione dei  baby-boomer che avrebbe potuto incantare i serpenti, ha cercato di incantare  l'America riuscendo solo a far infuriare i serpenti.
 
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