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Die Zeit / Dieci anni dopo ancora lui: il ritorno di Helmut Kohl

 

Raffaele Oriani

Die Zeit, 10 novembre 1999

In queste settimane la stampa tedesca sta ovviamente dedicando decine e centinaia di pagine alla ricorrenza della caduta del Muro di Berlino. Ognuno a suo modo: Spiegel tornando a parlare dello spettro-Germania che a dieci anni dalla riunificazione e‘ tornato a togliere il sonno alle cancellerie di mezza Europa; Zeit riflettendo su cultura e societa‘ nelle due Germanie che ancora non hanno deciso di riconoscersi come parte di un unico corpo. La Zeit dedica poi a Helmut Kohl un lungo articolo dell’editorialista principe di politica interna Gunther Hofmann. Non e‘ un articolo commemorativo, paradossalmente mai come oggi infatti si puo‘ parlare di Kohl come di una figura politica presente, quasi ingombrante, sulla scena tedesca. Kohl e‘ tornato, quindi: gode di straordinari indici di popolarita’ interna, mentre ogni suo viaggio all’estero assume i contorni di una visita di stato con tanto di colloqui con le dirigenze dei singoli paesi, misure di sicurezza straordinarie, lauree honoris causa, delirio mediatico, proposte di conferenze e richieste di interviste che se accettate obbligherebbero l’ex cacelliere a parlare per oltre un decennio. In Cina i leaders di governo e di partito sono tornati precipitosamente dalle ferie per incontrare il cancelliere dell’unificazione, Bill Clinton lo ospita abitualmente nella dependance privata della Casa Bianca, in Israele ne viene omaggiata l’opera di statista e di leader. E intanto il successore cola a picco nei sondaggi. Kohl si gode la sua rivincita e ricorda con malizia che ‚Schroeder sconta le sue bugie in campagna elettorale e tutte le promesse che sapeva bene di non potere mantenere‘. Sottinteso: in una corsa leale non avrebbe mai potuto battermi. Ma Kohl ha soprattutto un’altra preoccupazione: che il suo paese smarrisca la sua storia, che sia assalito dall’ansia di nuovo e dalla voglia di ripartire da zero e che quindi dimentichi da dove viene e verso dove e‘ chiamato ad andare. A Kohl insomma non piace questa Germania senz’anima che sembra aver sottratto all’intero continente il suo baricentro emotivo e la sua coscienza storica.

 


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