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Rassegna Internazionale




Zeit/Olocausto? Parla Habermas

Raffaele Oriani

 

Erano mesi che l’elite intellettuale tedesca aspettava la presa di posizione di Juergen Habermas sulla questione del monumento alle vittime dell’olocausto. Arriva ora sull’ultimo numero della "Zeit": un lungo saggio in cui il filosofo francofortese prende il problema dal lato a lui piu’ congeniale, quello del discorso pubblico e dell’identita’ della repubblica. Per Habermas quello che si andra’ a costruire nel centro di Berlino, a poche centinaia di metri dai nuovi Palazzi del potere, non dovra’ essere un monumento alle vittime, ma una risposta della democrazia tedesca ad una domanda semplice e brutale: che ne facciamo del nostro passato? Appropriazione e ripudio della propria storia saranno quindi i poli etici su cui si giudichera’ della riuscita estetica dell’opera. Che Habermas comunque auspica quanto piu’ astratta e artisticamente "pura" possibile: "non e’ un museo storico quello che ci vuole e non e’ la pedagogia delle visite ai campi di sterminio" a poter rispondere alle domande che impegneranno gli autori del monumento. Sulla "Zeit" prende comunque posizione un Habermas pacato, rispettoso di posizioni anche molto distanti dalle sue, ferocemente polemico solo con il cancelliere Gerhard Schroeder che ridurrebbe a telegenico luogo comune un tema che invece impone l’arte sottile della differenziazione.

 

Ma anche sulla "Zeit" le prime e le seconde pagine sono ovviamente dedicate alla guerra in Serbia. Tra gli altri articoli si segnala una utile sintesi sugli oppositori all’intervento di quattro paesi: Francia, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti. Se in Italia lo schieramento e’ abbastanza limpido e prevedibile, con la sinistra in difficolta’ e l’estrema sinistra schierata decisamente contro l’imperialismo della Nato e degli Usa, in Francia e nel Regno Unito chi si schiera contro i bombardamenti lo fa spesso per un paradossale timore anti-tedesco. E’ una vecchia storia e sono vecchie tensioni che l’Europa non risce a lasciarsi definitivamente alle spalle: a detta di politici di destra e di sinistra, dietro il disintegrarsi della Yugoslavia ci sarebbero corposi interessi tedeschi che gli altri paesi dovrebbero guardarsi dall’appoggiare. Negli Stati Uniti il tradizionale consenso bipartisan alle truppe in guerra e’ invece incrinato dal marcato scetticismo di alcune frange repubblicane (Dan Quayle, Pat Buchanan) che rivendicano il diritto dell’America di occuparsi dei problemi di casa propria e accusano l’Amministrazione Clinton di incertezza e eccessivo protagonismo sulla csena planetaria.


 

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