Fischer-Trittin: il sessantotto sotto
accusa
Raffaele Oriani
Die Zeit,
1 febbraio 2001
Nel numero in edicola questa settimana la Zeit dedica grande attenzione
al caso dei due ministri ex sessantottini del governo Schroeder che,
dopo vent’anni di militanza politica ‘istituzionale’ e due di
responsabilita’ di governo, sono ora costretti a fare i conti
piuttosto duramente con il proprio mai rinnegato passato di esponenti
della sinistra extraparlamentare. Cio’ che fino a qualche settimana fa
sembrava solo una vivace pennellata biografica si presenta ora nelle
vesti meno appetibili di un ingombrante problema politico. Giornali e
avversari politici si chiedono allora con insistenza: Fischer e’ il
posato ministro degli Esteri che tutti ormai hanno imparato a conoscere
o il manesco agitprop delle fotografie recentemente pubblicate da Stern?
Secondo la Zeit e’ pero’ la domanda stessa a essere fondamentalmente
sbagliata. Il problema semmai e’ da un lato capire perche’ la
politica vada sempre piu’ scivolando su temi di personalismo estremo,
dall’altro spiegare perche’ non sembrino bastare i fatti a
testimoniare il cambiamento di un uomo ma continuino ad essere richieste
confessioni, parole, segni espliciti di sottomissione alla morale e alla
visione del mondo vigente. Davvero ad esempio non basta aver ordinato l’impiego
dell’esercito tedesco in Bosnia per dimostrare la propria fedelta’
incondizionata ai valori di democrazia occidentale? Davvero abbiamo
bisogno che Joschka Fischer si presenti in televisione a reti unificate
per riconoscere i propri errori di gioventu’? Ancora piu’ grave
comunque e’ il fatto che i politici sembrino trovarsi molto piu’ a
proprio ago con tematiche biografiche piuttosto che per l'appunto
politiche. A deta di Zeit insomma l’opposizione democristiana non
avrebbe nulla di alternativo da proporre su tematiche relative alla
gestione della cosa pubblica: per questo preferirebbe riconquistare il
diritto a governare facendo leva sui peccati di gioventu’ dei propri
avversari.
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