Nuova Serbia, occasione per l’Europa
Raffaele Oriani
Die Zeit,
22 ottobre 2000
La Zeit riflette sulla svolta di Belgrado e traccia un quadro tutto
sommato positivo delle prospettive della nuova Serbia di Voijslav
Kostunica. Non che manchino i problemi: nella regione infatti non tutti
hanno salutato con lo stesso entusiasmo la vittoria nelle urne e nelle
piazze dell’opposizione democratica al regime di Milosevic. A guardare
con sospetto a Kostunica sono anzi soprattutto i nemici del deposto
dittatore: gli estremisti albanesi dell’Uck che rischiano di veder
svanire il sogno di un Kossovo indipendente, la leadership bosniaca che
teme di veder dirottata verso Belgrado una cospicua porzione di aiuti
economici; il presidente montenegrino Djukanovic che smettera‘ presto
di brillare sulla scena internazionale perche‘ nessuno ha intenzione
di favorire il formarsi di un microstato di 650.000 abitanti. A dispetto
del malumore dei vicini in Serbia comunque si rinizia a vivere e a
sperare che il paese possa tornare ad avere un futuro. Nel clima
convulso di questi giorni non c’e’ per fortuna molta voglia di
avviare pesanti regolamenti di conti, ma non si fa largo nemmeno l’esigenza
di assicurare alla giustizia interna o internazionale i quadri di un
regime che fomentando ben quattro guerre in poco meno di dieci anni ha
provocato qualcosa come duecentomila morti. Il fatto e’ che piu’
della giustizia, sostiene il corrispondente della Zeit, ora conta la
calma e il sollievo per la liberta’ riconquistata. Tranquillizza
comunque osservare che gli sgherri di Milosevic, pur mantenendo in molti
casi le loro posizioni politiche e amministrative, non riescano piu’ a
fare sistema: anche perche’ la maggior parte e’ alla disperata
ricerca di un’occasione di riciclaggio. Quanto agli europei si trovano
di fronte ad un’occasione storica che potranno cogliere solo se
abbandoneranno quel fatalismo etnico che vede nei Balcani una zona in
cui i conflitti da sempre e per sempre si sono risolti e si risolveranno
con il coltello. Si tratta insomma di intervenire per tempo, sapendo che
il miglior antidoto all’odio etnico e’ lo sviluppo sociale,
culturale, economico della regione.
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