Caffe' Europa
Rassegna Internazionale




Ariel Sharon: strategia da terrorista




Raffaele Oriani

Die Zeit, 15 ottobre 2000


La Zeit dedica l’apertura del numero in edicola questa settimana agli scontri in corso in Israele e nei Territori occupati, e punta il dito contro il leader dei conservatori israeliani Arik Sharon che, per bassi calcoli di cucina elettorale, avrebbe acceso la miccia che rischia ora di far esplodere la polveriera medioorientale. Il piano di Sharon era semplice quanto quello dei sempreverdi terroristi di Hamas: guadagnare la vittoria uccidendo la pace. In parole povere, il leader del Likud puntava a provocare un bagno di sangue e una situazione di caos completo per proporsi poi come il salvatore della patria, l’unica guida sicura cui affidare le redini del governo in un momento di emergenza. La risposta durissima di Barak alle proteste palestinesi sembra ora averlo spiazzato, perche‘ al momento non si vede davvero come un leader di destra potrebbe rendere la risposta militare israeliana piu‘ feroce di quanto gia‘ non sia. Sharon ha insomma seminato odio, ha raccolto violenza ma non sembra in grado di trarne i benefici politici su cui contava. E tuttavia, sostiene la Zeit, proprio il fallimento della strategia di Sharon sembra indicare che non e‘ ancora esaurito lo spazio della speranza negoziale: i palestinesi dovrebbero infatti essersi resi conto che la strategia del tanto peggio tanto meglio non fa che favorire le ali piu‘ estreme dello schieramento poitico israeliano, mentre gli israeliani dovrebbero essere in grado di reiterare a breve le offerte fatte alle ultime trattative di Camp David, che comportavano un ritiro parziale da Gerusalemme e un’amministrazione congiunta dei luoghi santi alle tre religioni monoteiste. Persiste insomma la remota possibilita‘ che le violenze di questi giorni permettano di fare un passo in avanti alle posizioni delle due parti: sempre che gli israeliani si rendano conto in tempo che non potranno mai cementare come un fatto compiuto il dominio su un popolo ostile, e sempre che i palestinesi finiscano di pensare a Nablus come ad una tappa intermedia da cui puntare a Haifa.



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