Usa 2000: il grande tabu’ della
morte
Raffaele Oriani
Time, 18 settembre 2000
E’
possibile morire meglio?‘: a questa domanda cerca di rispondere un
lungo articolo di Time, che dedica copertina e servizi principali del
numero attualmente in edicola al tema del ‚morire‘. Come al solito a
corredare testimonianze dirette (dalle corsie ospedaliere) e opinioni
qualificate (di medici, psicologi e teologi), sono un mare di
statistiche (sull’attitudine degli americani rispetto alla morte). Ma
la prima cosa da segnalare e‘ l’attitudine di Time, che non imposta
il discorso dal punto di vista filosofico o esistenziale, ma sceglie un
approccio decisamente pragmatico: perche‘ - si chiede il settimanale
newyorchese - sette americani su dieci dichiarano di augurarsi una morte
in casa e i tre quarti di questi stessi americani sono destinati a
spirare in un’istituzione medica? Perche‘ ci viene naturale
pianificare nei dettagli ogni piu’ stupido week end ma non riusciamo
ad organizzare come vorremmo il nostro ultimo vaggio? Perche‘ -
soprattutto - la terapia del dolore e‘ tanto finemente sviluppata
quanto raramente applicata? A rendere difficile la vita del morituro e‘
- secondo Time - l’intrecciarsi di due tabu‘ fondamentali della
nostra societa‘: da una parte quello appunto sul morire, che vede
nella morte una sconfitta da evitare ad ogni costo, impedendo alla
classe medica di impegnarsi nell’alleviare le pene degli ultimi
istanti; dall’altra il tabu‘ sulle droghe che impedisce di
somministrare tutti i preparati chimici in grado di alleviare le pene
dei malati terminali. Sullo sfondo persistono atteggiamenti sociali
molto diffusi che fanno della morte un tema di cui e‘ semplicemente
impossibile parlare: il 55 per cento degli americani over 65, ad
esempio, dichiara di aver messo nero su bianco il modo in cui vorrebbe
morire e il limite oltre cui non dovrebbe spingersi l’impegno
terapeutico sul loro corpo; di questi pero’ solo un misero 6 per cento
ne ha parlato col proprio medico curante. O ancora: un enorme
percentuale di americani ha designato per iscritto a chi vorrebbe
affidare le decisioni sulla propria salute in caso di sopravvenuta
incoscienza; di questi pero’ solo il 30 per cento lo ha comunicato
alla persona prescelta. Time di questa settimana prova a incrinare il
tabu‘.
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