Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale




Time / Kossovo: dopo la guerra l’orrore

 

Raffaele Oriani

Time, 28 giugno 1999

Time come puo’ finalmente tornare a fare in Kossovo quello che ci si aspetterebbe da un mezzo di informazione: notizie oltre che opinioni. Anche questa guerra ha infatti messo in difficolta’ giornali e televisioni costretti a offrire al pubblico piu’ opinioni che notizie e costretti ad accennare in continuazion e ad un buco nero che si allargava al di la’ della portata dei cronisti piu’ o meno sul campo. Dopo mesi passati a discutere di strategie e di possibili scenari sul durante e il dopoguerra ecco finalmente le penne del settimanale americano davvero sul posto ad ascoltare, documentare, raccontare quello che e’ successo nella provincia serba durante i settantotto giorni dei bombardamenti della Nato. Pochi tra gli albanesi non hanno perso la casa, quasi nessuno sopravvive alla guerra con i propri possedimenti intatti anche solo in parte: ma soprattutto tutti hanno un morto da lamentare e una scena di macello da raccontare. Sembra che gli albanesi uccisi in quei due mesi di guerra siano stati almeno diecimila e secondo le stime piu’ recenti della Nato le fosse comuni gia’ scoperte sarebbero almeno cento. Cosi’ si affollano le storie piu’ allucinanti, i racconti delle donne costrette ad assistere al massacro degli uomini e poi a seppellirli senza alcuna ritualita’ in enormi fosse comuni. La guerra si lascia dietro una scia d’odio peggiore forse di quella che ci saremmo aspettati e sara’ probabilmente impossibile ricomporre la convivenza nonostante il stazionamento delle truppe Nato a garantire l’incolumita’ dei serbi che quasi sempre vengono visti come complici e delatori. Il metodo della carneficina secondo Time era semplice: prima i paramilitari per il lavoro piu’ sporco, poi la polizia militare, infine l’Armata yugoslava che doveva agire piu’ da palo per coprire le spalle che direttamente a contatto con guerriglieri e popolazione albanese; secondo un comandante dell’Armata fiero di avere ucciso almeno 500 guerriglirei il problema dei civili e’ un effetto collaterale che ogni esercito conosce: ‘Ci sono sempre delle mele marce che se la prendono con i civili ma tu non hai semplicemente il tempo di averli tutti sotto controllo’. Il lavoro pero’ e’ radicale e dove sono passati i tre gradi della distruzione non rimangono altro che rovine, come a Pec che secondo Time e’ un po’ il caso singolo che rivela la strategia generale. Realizzata sul campo secondo un piano e un metodo da far risalire direttamente al palazzo presidenziale di Belgrado.



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