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Rassegna Internazionale




Time 3 maggio 1999/ Scuole in Usa: tra paura e paranoia

Raffaele Oriani

 

Solo un altro massacro poteva distrarre i media americani dalla guerra in Kossovo e dalla missione dell’esercito americano a difesa del nuovo umanitarismo militare. Il massacro e’ quello i Littleton, cittadina di provincia in cui due bravi ragazzi di provincia hanno massacrato quindici compagni di classe per festeggiare degnamente il compleanno di Adolf Hitler. Sembrava un video game ma era la realta’ e proprio su questa realta’ si interroga un editoriale di Time: in realta’ appunto le statistiche dicono che la violenza nelle scuole non e’ aumentata degli ultimi anni, ad aumentare sono invece gli omicidi multipli, le stragi in cui il protagonista spazza via vite umane come fossero figurine di pixels bidimensionali. Che fare quindi? Time non ha risposte certe, ma mette in guardia dall’isteria e dal pericolo che la paura produca paranoia. E a dimostrare che il pericolo e’ reale ci sono esempi dai quattro cantoni della superpotenza americana: dalle strumentalizzazioni clericali di chi vuole reintrodurre l’obbligo di preghiera nelle scuole, alla proposta del senatore Bingaman del Nuovo Messico che vorrebbe stanziare dieci milioni di dollari per dotare le scuole del suo stato di sistemi di sicurezza degni di una centrale nucleare; dall’appello isterico a far arrestare ogni studente sospetto agli affari d’oro di una ditta di Bethesda che per 500 dollari mette a disposizione i suoi labrador e il loro fiuto per la polvere da sparo. Insomma, secondo Time negli Usa va diffondendosi un clima per cui la tolleranza zero e’ gia’ una pericolosa concessione: dalla repressione si sta infatti passando a una prevenzione asfissiante che rischia di trasformare il sistema educativo in un sistema semi-carcerario.

Per Bill Clinton i primi venti giorni di guerra sono stati giorni di dubbi dolorosi sulla missione delle forze Nato. E’ stata una conferenza di Elie Wiesel ha convincerlo definitivamente che l’unica cosa da fare e’ andare avanti nel conflitto costi quello che costi. Parlando dei Òpericoli dell’indifferenzaÓ lo scrittore sopravvissuto ai lager si e’ detto infatti Òfiero che questa volta il mondo non sia rimasto in silenzio e si sia schierato a fianco delle vittimeÓ. Ma come nel caso delle scuole anche qui la domanda sul che fare non ha risposte univoche: il conflitto reclama infatti l’escalation e il prossimo passo rischierebbe di mettere a dura prova la tenuta dell’Alleanza. Se da una parte Tony Blair spinge infatti per l’intervento di terra, gli altri leader europei e buona parte dei consiglieri del presidente americano paventano i rischi di un intervento a 360 gradi. Al vertice di Washington si e’ per questo deciso per una misura interlocutoria: una commissione aggiornera’ i piani di un intervento terrestre e riferira’ poi ai comandi Nato. Il che vuol dire settimane per capire di cosa ci sarebbe bisogno, settimane per acquisire il consenso degli alleati, mesi per dispiegare sul terreno le forze necessarie. Il tutto condito dallo scetticismo del Pentagono che per bocca del ministro della difesa William Cohen fa sapere che Òal momento non c’e’ accordo fra i 19 alleati sull’invio di truppe di terraÓ.



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