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Rassegna Internazionale




Time/Usa: arriva il cinese diverso

 

Raffaele Oriani

 

In un’America concentrata sulla guerra nei Balcani atterra in questi giorni il jet dell’Air China con a bordo il primo ministro cinese Zhu Rongji. Non e’ il solito burocrate, non e’ il solito incolore beniamino del partito: Zhu e’ l’erede di un ricchissimo clan risalente alla prima dinastia Ming del XIX secolo, un uomo straordinariamente acuto, dal leggendario quoziente intellettivo ("non meno di 200" ha affermato il segretario americano al tesoro Lawrence Summers). Nel suo paese fino a qualche anno fa era conosciuto soprattutto come un rappresentante dell’ala destra del partito, uno dei "Deng boys" che ridiedero dignita’ e peso economico e politico ad un paese uscito stremato dagli anni folli della rivoluzione culturale. Comunista dal 1949, Zhu si laurea in ingegneria elettrica a Pechino e comincia da subito a lavorare nella commissione di pianificazione del partito. Cade in disgrazia alla fine degli anni Cinquanta e si risolleva solo nel 1978, quando Deng batte in lungo e in largo il paese alla ricerca di spalle su cui poggiare i suoi ambiziosi progetti di riforma. Negli anni ottanta diventa sindaco di Shangai e apre la citta’ agli investitori stranieri, amministrandone il boom economico fino a quando nel 1991 e’ richiamato a Pechino quale vice primo ministro. Ora sbarca in America dalla plancia di comando: in agenda temi spinosi, la situazione dei diritti umani, i casi di spionaggio nei laboratori nucleari statunitensi. Time confida che l’intelligenza, lo humor e il fluente inglese di Zhu contribuiscano a migliorare un clima che per il momento ricorda gli anni bui della guerra fredda.

Ovviamente molti i servizi di Time sulla crisi del Kossovo. In primo piano il dramma dei profughi e le incertezze dell’azione Nato, gli interrogativi su un eventuale intervento di truppe di terra. Tra gli altri servizi trova spazio un breve colloquio tra l’inviato Massimo Calabresi e Zeljko Raznatovic, in arte Arkan, che Time presenta come "il pioniere della pulizia etnica", il boss delle "tigri" belgradesi che tra il ‘91 e il ‘95 terrorizzarono la popolazione civile delle Krajne serbo-croate e delle citta’ bosniache di Bijeljina, Zvornik, Srebrenica. Agi’ da solo? La sua fu un’azione coordinata dalle autorita’ serbe? Arkan non ci tiene a fare il capro espiatorio e dichiara quindi che "in Croazia agii sotto il comando dell’esercito yugoslavo, in Bosnia sotto quello del Ministero dell’Interno". Ora Arkan e’ accusato di essere a capo delle azioni di pulizia etnica nel Kossovo: da parte sua nega ogni coinvolgimento e si dichiara pronto a combattere solo nel caso in cui la Nato interverra’ militarmente con truppe di terra.

 


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