Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale




Time / Oskar se ne va, Gerhard ce la fa?

 

Edoardo Buffoni

 


Time, 15-22 marzo 1999

 

 

Lafontaine se ne va, Schroeder puo’ sorridere. Ora Germania ed Europa non hanno piu’ scuse, e devono affrontare di petto i problemi di fondo. La copertina di questa settimana e’ dedicata alle dimissioni-shock del ministro delle Finanze e leader della Spd, l’uomo forte, fino a sette giorni fa. Di solito, le dimissioni di un ministro significano crisi in un governo. Invece questa volta i tedeschi non si sono impressionati piu’ di tanto, i politici e i finanzieri hanno quasi tirato un sospiro di sollievo, se non qualcosa di piu’. Ora tutto il potere e’ nelle mani di Schroeder, egli puo’ realizzare il suo programmae diventare cio’ che vuole essere: Bill Clinton e Tony Blair in una persona sola. Per buona parte della stampa il "rosso Oskar" era diventato il simbolo di tutto cio’ che non andava nei cinque mesi del governo Schroeder. Il problema e’ che il suo predecessore, a differenza di Reagan e Thatcher, non ha imposto riforme radicali. E se fallisce, non ci sara’ un Lafontaine che si prende tutte le colpe.

Ipocrisie e bugie dei Talebani. Gli studenti di Dio che controllano l’Afghanistan sostengono di combattere i coltivatori di oppio, l’elemento base dell’eroina. Ma un rapporto delle Nazioni Unite dice chiaramente che il paese asiatico ha superato la Birmania come leader mondiale tra i produttori di oppio, con un incremento nel ‘98 del 9 per cento rispetto all’anno prima. In Birmania il cattivo tempo ha penalizzato i raccolti, in Pakistan, controlli piu’ severi. Molti piccoli laboratori sono passati oltre il confine con l’Afghanistan, e spesso i Talebani cooperano con i coltivatori. Cambiano anche le rotte verso l’Europa: non piu’ via Karachi, o Bombay, o Iran, ma attraverso le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. I programmi internazionali per le coltivazioni alternative languono, in pochi si fidano dei Talebani. L’oppio rimane la maggiore risorsa economica del paese.

Elizabeth Dole e’ la prima vera candidata donna alla presidenza nella storia degli Stati Uniti. Repubblicana, spera di battere la concorrenza di George Bush jr. conquistando il voto delle donne indipendenti. Ma simbolismi e appartenenze di genere possono non bastare. L’ex presidente della Croce Rossa deve anche pensare un programma, cosa che finora non ha fatto. Molti grossi religiosi conservatori gia’ la stanno attaccando, non per le cose che dice, o che non dice, ma per lo staff che ha messo in piedi. Tra i suoi collaboratori c’e’ Linda DiVall, nota liberal, che ha lavorato per i diritti dei gay e per l’aborto. La destra repubblicana si fa sentire, e il partito e’ diviso in fazioni come al solito, la Dole, fervente cristiana, e’ esasperata. Suo marito, tre volte candidato, ne sa qualcosa delle lotte nel Gop. Per ora, sta alla larga dalla campagna della moglie, impegnato nella pubblicizazzione del Viagra (che lui ammette di usare), e in programmi televisivi che parlano di impotenza maschile.

 


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