Aids: la rovina del nuovo Sud Africa
Raffaele Oriani
Der Spiegel, 2 luglio 2000
Il numero di Spiegel in edicola questa settimana
dedica un servizio documentatissimo alla terribile situazione del Sud
Africa in cui un’intera generazione rischia di sparire falciata dal
morbo dell’Aids. In realta’ quello dell’Aids e’ un problema
comune a tutta l’Africa subsahariana, dove vive un decimo della
popolazione mondiale ma si trovano i due terzi di tutti gli ammalati di
Aids della terra. Da qui prese il via la malattia circa diciotto anni fa
e qui fa ancora strage soprattutto di giovani, mentre in Europa e negli
Stati Uniti sembra essere in qualche modo sotto controllo. Due le cause
principali: la poca informazione e la poverta’. La giornalista di
Spiegel denuncia molto duramente l’ignoranza e la leggerezza dei nuovi
leader sudafricani che al problema Aids in tutti gli anni novanta hanno
dedicato i ritagli del proprio tempo: Mandela – scrive Spiegel – ha
passato piu’ tempo a farsi vedere in giro con le Spice Girls o con
Naomi Cmpbell che a pensare e mettere in pratica ragionevoli soluzioni
per la peste che sta distruggendo il suo paese. Che in realta’ peste
non e’, perche’ a differenza del morbo che sconvolse l’Europa
medievale, l’Aids colpisce i piu’ sani, i giovani, le forze fresche
di una societa’ che quindi vede pregiudicato anche il suo futuro
economico e sociale. Il secondo problema della versione africana
dell’epidemia e’ la poverta’: nessuno ha infatti i mezzi per
acquistare le medicine che permetterebbero di allungare e migliorare la
vita dei sieropositivi e cosi’ per i malati non restano che pillole di
vitamine e preghiere. Una situazione disperata, in cui si calcola che si
infettino 70 nuovi giovani all’ora e per cui una donna su quattro
sotto i trent’anni morira’ a breve delle conseguenze del morbo.
Oramai in Africa muoiono piu’ persone di Aids che di malaria, di
guerre civili o di fame. Bisognerebbe agire in fretta e invece i governi
procedono a passi felpati, senza mai chiamare le cose con il loro nome,
rifiutandosi i fare pubblicita’ all’uso del preservativo, rimandando
tutto a improbabili conferenze mondiali in cui si fara’ l’ennesimo
punto della situazione su problemi che sono gia’ sin troppo chiari da
tempo.
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