Der Spiegel / Un monumento a Berlino, le bombe in
Kossovo
Raffaele Oriani
Der Spiegel , 10 maggio 1999
Con unintervista al ministro della cultura Michael Naumann
Spiegel fa il punto su due questioni cruciali per il governo tedesco rosso-verde. Da una
parte il monumento alle vittime dellOlocausto su cui si pronuncera nelle
prossime settimane il Parlamento federale, dallaltra la partecipazione della
Germania alla guerra in Kossovo. Naumann si mostra sicuro che il Parlamento decidera
di costruire proprio nel centro di Berlino a poche centinaia di metri dalla porta di
Brandeburgo il monumento su cui da dieci anni si discute in Germania. Accanto al monumento
una casa del ricordo che dovra diventare anche un centro studi contro il
genocidio. Per significare che non ci puo essere ultima parola estetica su una
vicenda come lOlocausto e per ricordare che nel dopoguerra sono stati tentati o
compiuti piu di sessanta genocidi in ogni parte delmondo. Anche in Kossovo, certo,
che se non e paragonabile ad Auschwitz e comunque un luogo in cui un popolo
e alla merce dei suoi aguzzini. Giusto quindi secondo Naumann
lintervento della Nato e confortante che la Germania sia coinvolta in una guerra
senza che nel paese si avverta alcuna stonatura bellicista.
Spiegel si chiede se Gerhard Schroeder non abbia gia perso
loccasione di riniziare da capo la sua avventura di governo. A 31 settimane
dallelezione e a otto dalle dimissioni delleterno rivale Lafontaine il
cancelliere appare infatti ancora privo di una linea politica precisa e sempre piu
ostaggio delle nostalgie da stato sociale del suo partito. Se Schroeder era stato capace
di conquistare i voti del nuovo centro e diventare cosi cancelliere, non
si puo dire sia stato altrettanto abile a forgiare un partito che a quel nuovo
centro possa rispondere con programmi, azioni, riforme. Lo stato sociale resta un
tabu intoccabile, le aliquote fiscali tendono al rialzo, invece che al ribasso come
auspicherebbe il settimanale di Rudolf Augstein, approfittando del conflitto nei Balcani
viene eroso lo spazio franco in cui proliferavano i piccoli lavoratori autonomi. Fino
adesso insomma di riformatore resta solo il piglio del cancellere e qualche stanco slogan:
il lavoro sul campo appare invece improntato al classico e stile vetero-socialdemocratico.