Usa-Cina: diagnosi di una strana
crisi
Raffaele Oriani
Der Spiegel, 15 aprile 2001
Dopo i sentimenti degli animali e le preoccupazioni dei
figli e ora la volta della tenuta della famiglia: Spiegel sembra in fuga
precipitosa dai temi piu’ strettamente politici dell’agenda interna
e internazionale e dedica ormai per la terza settimana consecutiva la
copertina e i servizi principali a questioni di costume, riflessioni e
storie dal fronte del cambiamento culturale e sociale degli ultimi e dei
prossimi anni. All’interno fanno comunque capolino anche servizi su
temi di attualita’, come ad esempio sulla strana crisi nei rapporti
tra Cina e Stati Uniti. Il tema vero in proposito e’ evidentemente l’incredibile
piega che sta prendendo la presidenza del giovane Bush, il quale pare
puntare alla rapida trasformazione del mondo in un far west della
globalizzazione costellato da scontri piu’ o meno sanguinosi tra forze
del bene e del male. Spiegel sceglie invece il taglio opposto e
concentra l’attenzione sulla leadership cinese che sembrerebbe esposta
alla spinta interna dei nazionalisti dell’ultima ora e per questo non
in grado di accettare con fair play il passo falso di Washington, la
morte di un pilota e l’atterraggio su suolo cinese di un aereo
statunitense imbottito di tecnologia spionistica. Bush dal canto suo
preferirebbe occuparsi di tasse e di danni ambientali, ma e’ costretto
a questa prova di forza sullo scacchiere internazionale ben prima di
essere politicamente e amministrativamente attrezzato allo scontro. La
nuova dottrina della Casa Bianca prevede infatti per la Cina un ruolo di
competitor e non piu’ di partner politico e militare. Su queste basi
la crisi era quindi inevitabile e sarebbe probabilmente deflagrata fra
qualche mese, allorche’ il Pentagono avrebbe fornito a Taiwan armi
offensive e difensive per fronteggiare l’impero di terraferma. Su
queste basi risulta evidente la delicatezza del caso e probabilmente
fuori luogo la sufficienza con cui molti commentatori occidentali (tra
cui i giornalisti di Spiegel) liquidano le riserve di Pechino come
sintomo di isteria nazionalista.
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