Ma a che gioco giocano gli analisti
di Borsa?
Raffaele Oriani
Der Spiegel, 16 dicembre 2000
‘E’ molto semplice trasformare un grande patrimonio
in un piccolo gruzzoletto: basta seguire i consigli dei cosiddetti
analisti che analizzano i titoli azionari per conto delle banche’:
inizia cosi’ un lungo, documentato e interessante articolo pubblicato
sul numero in questi giorni in edicola di Spiegel. In effetti il
fenomeno e’ eclatante: la Borsa continua a scendere e i guru di Borsa
continuano a consigliare l’acquisto della maggior parte delle azioni
in listino. Perche’? Come mai quasi nessuno è stato capace di
prevedere in anticipo il crack internettiano che ha recentemente
ridimensionato il patrimonio di molti risparmiatori? Perche’ quando si
tratta di prevedere cali e crolli gli analisti sono estremamente
prudenti, mentre non si tirano certo indietro quando si tratta di
incitare all’acquisto i neofiti della Borsa? La risposta, secondo il
settimanale di Amburgo, e’ estremamente semplice: perche’ gli
analisti non sono osservatori, ma giocatori; non guadagnano per l’esattezza
delle loro previsioni ma per l’efficacia con cui accompagnano e
provocano la crescita di un dato titolo. Gli analisti in sostanza
avrebbero un punto di vista parzialissimo ed estremamente interessato
sulle vicende di Borsa. E da cosa deriva questo interesse in chi
dovrebbe essere semplice cronista della contesa? Presto detto: di solito
infatti gli analisti di Borsa lavorano per le stesse banche che hanno
corposi interessi creditizi e finanziari nei titoli in questione. Da
parte loro le banche respingono sdegnate il sospetto di annacquare le
previsioni negative per non compromettere i propri investimenti
richiamandosi alla cosiddetta ‘muraglia cinese’ che terrebbe
rigorosamente separati i reparti d’analisi e di investimento di ogni
singolo istituto. Difficile crederci, sottolinea Spiegel: difficile
soprattutto alla luce dei recenti sviluppi di Borsa che hanno portato ad
esempio titoli come EM-TV (assurta agli onori delle cronache per l’acquisto
plurimiliardario dei diritti della Formula 1) a perdere il 90 per cento
del proprio valore, mentre la stragrande maggioranza degli istituti
creditizi con un qualche interesse nell’azienda continuava a
consigliare ai propri clienti: comprare, comprare, comprare. L’esperienza
di questi ultimi mesi rivela quindi due cose: che le previsioni degli
analisti si avverano solo in momenti di boom borsistico, dal momento che
il loro mestiere e’ invogliare il pubblico all’acquisto; che a
restare in brache di tela sono i piccoli risparmiatori. I grandi
investitori infatti sanno benissimo di non potersi fidare dei nuovi
imbonitori del mercato.
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