Elezioni americane: e’ il momento
di Al Gore
Raffaele Oriani
Der Spiegel, 30 settembre 2000
Dopo essere stata a lungo trascurata dai media
europei, torna questa settimana in primo piano la campagna presidenziale
americana. Mancano poco piu‘ di sei settimane alle elezioni e i due
candidati, secondo il lungo reportage che ‘Spiegel’ pubblica nel
numero ora in edicola, sono partiti per lo sprint finale alla ricerca
del voto della classe media e delle donne. Prima Gore, poi Bush sono
passati allora dal salotto di Oprah Winphrey, la maga dei talk show cui
da qualche anno gli americani hanno affidato il compito di decidere osa
e‘ in e cosa e‘ out: quali libri leggere, quali film andare a
vedere. Anche quale candidato scegliere? No, a tanto Oprah non arriva e
decide prudentemente di porre le stesse innocue domande ad entrambi i
candidati senza sbilanciarsi troppo. Pare pero‘ che a differenza della
star televisiva gli americani abbiano gia‘ deciso, e dopo mesi di
incertezza siano ormai pronti per affidare i destini della nazione al
grigio, ma saggio vicepresidente democratico, piuttosto che al
brillante, m inconcludente governatore del Texas. Quali le ragioni di
questo cambio di rotta dell’elettorato statunitense? Innanzitutto l’onda
lunga della prosperita‘ economica che taglia per definizione le gambe
dell’opposizione e favorisce l’establishment in carica di cui Al
Gore e‘ il massimo rappresentante; ma non solo: il Vp ha infatti
finalmente trovato il proprio ruolo mediatico, smettendo i panni del
perfetto pupillo e osando apparire per quello che probabilmente e‘:
una persona preparatissima, concentrata su temi di politica reale,
refrattario ad ogni eccessiva spettacolarizzazione, deciso a imporre una
presidenza dalla parte dell’americano medio contro le grandi
corportions che da sempre trovano invece rappresentanza all’ombra del
partito repubblicano. George W. Bush appare ora in estrema difficolta‘,
tanto che dal suo stesso campo elettorale qualcuno comincia a
rimproverargli la scelta del vicepresidente (‚tanto incolore - si
sostiene - che in confronto Al Gore sembra Robin Williams‘) o la linea
di ragionamento vaga e sempre incline alla sparata demagogica. Per
fortuna sua e di noi tutti l’America sembra comunque essersi ricordata
in extremis che il 7 novembre si vota per la presidenza e non per l’emmy
award televisivo.
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